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IN EDICOLA/POLITICA
Bonafede ko: torna la prescrizione, reati decisi dalle Camere
La riforma della giustizia penale, frutto di quella che la ministra della Giustizia Marta Cartabia ama definire la “sintesi politica”, dopo aver ascoltato questa maggioranza di separati in casa, in realtà, salvo colpi di scena di sera tarda, pende tutta dal lato centrodestra con annessi renziani e pezzi del Pd. Pensando alla proposta sulla prescrizione, sull’Appello libero per imputati e molto meno per i pm, al ruolo del Parlamento nell’indicare le priorità delle indagini, salta all’occhio che si tratta di una riforma che non ha nulla a che vedere con l’efficienza della giustizia e la sua velocizzazione che ci chiede l’Europa, ma rende euforico il partito trasversale degli impuniti eccellenti che può dormire sonni tranquilli. Certo, deve però, essere votata dal Parlamento dove le incognite, questo è vero, sono all’ordine del giorno. Resta, comunque, il fatto politico che il governo vuole mandare al macero, di fatto, la legge Bonafede, che dal gennaio 2020 blocca la prescrizione dopo il primo grado senza distinguo. Una norma che nella sostanza c’è in quasi tutta Europa.
La proposta Cartabia, invece, è questa: legge Bonafede-foglia di fico per il primo grado. Sgretolamento della Bonafede blocca-prescrizione dall’Appello in poi. Il processo di secondo grado, infatti, si deve celebrare in due anni e quello in Cassazione in un anno, se non vengono rispettati questi tempi scatta la cosiddetta “improcedibilità”: cioè il processo è defunto e gli imputati colpevoli la fanno franca facilmente se sono ricchi e possono pagare parcelle salate agli abili avvocati, che hanno tutto l’interesse a sforare i tempi per rende lettera morta i processi. Alla faccia dell’obiettivo sbandierato da Draghi e da Cartabia non solo di velocizzare i processi, ma anche di garantire giustizia alle vittime. E in barba a quanto dichiarato, per esempio, dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, con la sentenza 8 settembre 2015, secondo la quale, prima della Bonafede, il nostro sistema di prescrizione era in contrasto con il diritto comunitario perché impediva l’applicazione di sanzioni “efficaci, proporzionate e dissuasive”, in quel caso in materia di Iva.
Per il M5S è evidente che è un’ipotesi politicamente altamente imbarazzante nei confronti dei suoi elettori dato che ha sempre professato l’intoccabilità della legge del suo ex ministro Alfonso Bonafede e che il massimo della mediazione era il cosiddetto lodo Conte (Federico Conte di Leu) approvato dal Cdm del governo Conte 2 e che prevedeva il doppio binario per condannati e assolti in primo grado. Ma quell’ipotesi è inaccettabile per centrodestra e renziani che dominano il governo, ed ecco spiegata la proposta della prescrizione-improcedibilità. Mentre scriviamo, il tentativo del M5S per non perdere del tutto la faccia è quello di far escludere i reati più gravi come la corruzione dalla nuova disciplina (quindi varrebbe sempre, in alcuni casi , la legge Bonafede, ma si rischierebbe l’incostituzionalità della norma) o almeno allungare i tempi processuali predeterminati di Appello e Cassazione rispettivamente a 3 anni e a un anno e mezzo. C’è poi un altro punto dolente della riforma Cartabia: le modalità delle impugnazione dell’Appello che dei 3 gradi di giudizio è quello dove si prescrivono più processi. Il M5S ha sempre sostenuto che va eliminato il divieto di reformatio in peius: oggi i giudici non possono aumentare la pena per gli imputati condannati che presentano ricorso. Sarebbe un vero deterrente per appelli pretestuosi, ma il resto della maggioranza non ci sta e quindi Appello libero per gli imputati, mentre per i pm sono previsti alcuni paletti, pare meno stringenti rispetto all’ipotesi iniziale.
E veniamo al cavallo di battaglia del presidente della commissione tecnica, Giorgio Lattanzi: le priorità delle indagini indicate annualmente dal Parlamento. Una ipotesi sulla quale, per evitare di scontrarsi frontalmente con i magistrati, Cartabia ha espresso riservatamente qualche perplessità e così, pare che il Parlamento dovrà votare delle linee guida “generali”, indicate dal Guardasigilli, ma dovrebbero essere i procuratori a modularle e a comunicarle al Csm. Per il resto, da segnalare il rinvio a giudizio solo se si prevede ragionevolmente una condanna e il giro di vite sui tempi di indagine dei pm.
Giustizia: la rivolta dei 5S contro il nuovo Salvaladri
L’ultimo fortino sta cedendo, e i Cinque Stelle rischiano di perderlo senza neppure sparare un colpo. Rischia di alzare le mani (anche) sulla Giustizia, il Movimento senza un capo e una rotta, e con un comitato dei sette che fa il misterioso per nascondere un segreto che non c’è, perché la verità è che se Giuseppe Conte e Beppe Grillo non troveranno un modo per riparlarsi, qualsiasi tavolo di mediazione sarà stato un mero prendere tempo. Nell’attesa, il presidente del Consiglio Mario Draghi prova ad approfittare del M5S paralizzato per approvare in un amen la riforma della Giustizia. Ossia anche la riforma del processo penale, e quindi la nuova prescrizione, che con la riforma dell’ex Guardasigilli del M5S Bonafede c’entra poco.
Perché è vero, lo stop al decorrere della prescrizione dopo la sentenza di primo grado resta. Ma in appello si avrebbero due anni per completare tutto e in Cassazione il termine sarebbe di un anno, pena l’azzeramento del procedimento. È la prescrizione secondo la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, che già ieri voleva calare gli emendamenti alla riforma del processo penale in una cabina di regia, con l’obiettivo di approvare tutto oggi in Consiglio dei ministri. Ma la riunione con i capidelegazione dei partiti di governo salta. E dipende innanzitutto da loro, dai 5Stelle, che protestano e invocano tempo. Anche perché sono divisi, senza una linea univoca.
Lo confermano ieri mattina in una difficile riunione, in cui discutono su come arginare un governo di cui pure fanno parte, per giunta da partito (ancora) primo per eletti. E c’è anche chi propone di minacciare l’uscita dalla maggioranza, ricordando che il mantenimento della riforma della prescrizione era stata una delle condizioni per dire sì al governo Draghi, messa al voto sul web. Però, la sottosegretaria alla Giustizia, la dimaiana Anna Macina, lavora a delle controproposte. Ovvero, per la corruzione e un altro pugno di reati simbolici lo stop alla prescrizione dovrebbe restare, senza limiti. Mentre per altre fattispecie penali il tetto temporale immaginato da Cartabia dovrebbe salire. Ma le opinioni e i sentimenti sono molto diversi, dentro il Movimento. Così il capodelegazione, il ministro dell’Agricoltura, Stefano Patuanelli, viene incaricato di chiedere a Draghi di rallentare, perché il Movimento è una polveriera. E infatti in giornata filtra che almeno un paio di ministri grillini sarebbero pronti ad astenersi nel Cdm di oggi. Nel frattempo Patuanelli chiama Draghi. Chiede il testo definitivo della riforma, e ricorda le difficoltà politiche. In un pomeriggio di afa equatoriale, in diversi spingono per un rinvio della riforma. Si apre un lungo conciliabolo, tanto che nel pre-Consiglio del tardo pomeriggio delle norme sulla giustizia non c’è traccia. Ma Draghi ha fretta. E Cartabia si sarebbe impuntata, “anche perché una trattativa con il M5S c’è da tempo”.
Vogliono la riforma ora, subito, il premier e la sua ministra. E oggi in Cdm il testo dovrebbe esserci. Come può uscirne vivo il M5S? Un veterano scuote la testa: “L’unica sarebbe dare battaglia in Parlamento, ma lì rischiamo di andare sotto nelle votazioni e di vedere cancellata tutta la riforma”. Intanto il comitato dei sette torna a riunirsi, in un clima di stallo. “Nei colloqui privati, Grillo continua a dire che di Conte non si fida” sostiene un 5Stelle di governo. E non sarebbe proprio un bel segnale. Mentre a Roma, per la manifestazione dei sindaci, appare Chiara Appendino. La sindaca di Torino incontra a colazione Patuanelli, poi vede Roberto Fico e Luigi Di Maio. E si parla ovviamente molto di M5S. Appendino annuncia che a Torino il Movimento sceglierà il proprio candidato tra i consiglieri Valentina Sganga e Andrea Russi, con una votazione sulla nuova piattaforma web. Ma sul resto bocche cucite, “perché la situazione è delicata”. E si vede.
IN EDICOLA/EDITORIALE
Peggio del dl Biondi
di Marco Travaglio | 8 LUGLIO 2021
La riforma Bonafede della prescrizione ha un pregio fondamentale: crea un automatismo che espropria gli avvocati e i magistrati del potere di allungare i processi per mandarli in fumo. Dal 1° gennaio 2020 tutti sanno che, dopo la prima sentenza, rien ne va plus: i colpevoli saranno condannati e gli innocenti assolti a prescindere dalla durata dei giudizi d’appello e di Cassazione. Sulla schedina della giustizia sparisce la X del pareggio: l’impunità ai criminali ricchi e la giustizia negata alle vittime. In nome di questo principio sacrosanto, che solo i delinquenti, i loro avvocati e le toghe colluse possono contestare, il M5S ha sacrificato i suoi governi Conte-1 e 2, che sarebbero ancora in piedi se avessero restituito ai soliti noti l’impunità perduta. Quindi non c’è un motivo al mondo per immolarlo ora sull’altare di un governo che non è più il suo e non perde occasione per umiliarlo. La controriforma Cartabia, presentata mentre l’Italia è distratta dagli Europei, è un Salvaladri molto più grave del decreto Biondi votato (e poi ritirato a furor di popolo) dal governo B. il 13 luglio ’94 mentre l’Italia era distratta dai Mondiali.
Il Salvaladri Biondi risparmiava ai delinquenti in guanti bianchi “solo” la custodia cautelare. Il Salvaladri Cartabia risparmia loro addirittura la condanna. Con una furbata che finge di mantenere la Bonafede sulla carta, ma nella sostanza la spazza via: la prescrizione resta bloccata dopo il primo grado, ma solo se il processo non dura in appello più di 2 anni e in Cassazione più di 1 anno. Così l’automatismo salta e il potere di allungare i processi fino alla prescrizione torna nelle mani di avvocati e magistrati collusi: se sanno che l’impunità per il cliente o l’amico scatta dopo 24 mesi e 1 giorno in appello e dopo 12 mesi e 1 giorno in Cassazione, quanto faranno durare il processo? Quanto basta per farlo prescrivere. Nulla – né i filtri alle impugnazioni né la reformatio in peius (la possibilità di aumentare le pene in secondo grado) – è previsto per ridurre il numero dei processi. Che, dunque, dureranno ancor di più. L’opposto di ciò che ci chiede da anni l’Europa tramite la Cedu, anzi ci chiedeva prima della Bonafede. Ed è paradossale che il sedicente governo più europeista della storia cancelli la riforma giudiziaria più europeista della storia. In ogni caso il M5S ottenne dagli iscritti il via libera a entrare nel governo Draghi anche con questo mandato: “La riforma della prescrizione ha come soddisfacente punto d’incontro politico l’accordo precedentemente raggiunto con il Pd e LeU, oltre il quale il MoVimento non è disposto ad andare”. Per andare oltre, dovrà riconsultare gli iscritti. E almeno loro non si faranno fregare una seconda volta.
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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