S.Maria.C.Vetere. Carcere, fra i torturati Emilio Lavoretano, condannato per uxoricidio, che denuncia tutto
Nonostante portasse il busto è stato massacrato nella sua cella e ingiuriato
con frasi: “il problema alla schiena? Uomo di merda, femminnella, alzati da terra”. Ha sporto querela tramite il suo difensore.
Sono tutti scritti a chiare lettere nell’ordinanza del Giudice Sergio Enea (2360 pagine, reati che vanno dai maltrattamenti, ai referti medici falsi, alle calunnie, al falso in atto pubblico, al depistaggio, al favoreggiamento; una ordinanza corredata da centinaia di fotografie, con volti degli agenti e dei detenuti picchiati) i nomi dei massacratori di Emilio Lavoretano il giovane gommista sammaritano condannato a 27 anni di carcere accusato di aver ucciso la moglie Katia Tondi. I reati contestati vanno dai maltrattamenti alle lesioni con le aggravanti. Ieri Luigi La Bruna, su “La Repubblica”, ha scritto “a Santa Maria è morto Cesare Beccaria”.
Gli accusati sono (capo 43 delle accuse) Pasquale Colucci, quale Comandante del Nucleo Operativo Traduzioni e Piantonamenti del Centro Penitenziario di Napoli Secondigliano e Comandante del “Gruppo di Supporto agli interventi”, in qualità di autore, determinatore, organizzatore e regista delle condotte di seguito indicate;Tiziana Perillo, quale Comandante del Nucleo Operativo Traduzioni e Piantonamenti di Avellino, facente parte del “Gruppo di Supporto agli interventi”, in qualita di autore e organizzatore delle condotte di seguito indicate; Nunzia Di Donato, Comandante del Nucleo Operativo Traduzioni e Piantonamenti di Santa Maria Capua Vetere, facente parte del “Gruppo di Supporto agli interventi”, in qualità di autore e organizzatore delle condotte di seguito indicate; Gaetano Manganelli, quale Comandante Dirigente della Polizia Penitenziaria di Santa Maria Capua Vetere, in qualità di autore, determinatore, organizzatore e co-regista delle condotte di seguito indicate; Anna Rita Costanzo, quale Commissario Capo Responsabile del Reparto Nilo, in qualita di co-organizzatrice ed esecutrice delle condotte di seguito indicate; Salvatore Mezzarano, quale Ispettore Coordinatore del Reparto Nilo, in qualità di coorganizzatore ed esecutore delle condotte di seguito indicate; Alessandro Biondi, Giuseppe Conforti, Raffaele Piccolo, Giuseppe Crocco e Angelo Iadicicco, quali Coordinatori Sorveglianza Generale presso l’istituto carcerario di Santa Maria Capua Vetere, in qualità di co-organizzatori ed esecutori delle condotte di seguito indicate; Angelo Bruno, quale agente della polizia penitenziaria, in servizio presso al casa circondariale di S.M.C.V., in qualità di co-organizzatore ed esecutore materiale delle condotte di seguito indicate; Silvio Leonardi, Paolo Buro, Biagio Brancaccio, quali agenti della polizia penitenziaria, in servizio presso al casa circondariale di S.M.C.V., in qualità di esecutori materialie/o agevolatori delle condotte di seguito indicate; unitamente a numerose altre persone, in corso di compiuta identificazione, impiegate in fase esecutiva (orientativamente pari a n.283 unita, costituite sia da personale appartenente alla Casa Circondariale di Santa Maria Capua Vetere, sia da personale facente parte del “Gruppo di Supporto agli interventi”, nei diversi ruoli e responsabilità di commissario, ispettore, sovrintendente ed agente di polizia penitenziaria, consapevoli o meno dell’illiceità della perquisizione disposta), nel corso della “perquisizione straordinaria”, di tipo personale, arbitraria ed abusiva, sotto il profilo formale e sostanziale, nei termini descritti al capo a), eseguita in maniera generalizzata nei confronti di circa n. 292 persone detenute presso la Casa Circondariale di Santa Maria Capua Vetere e allocate nelle Sezioni I, III, IV, V, VI, VII e Vili, del Reparto Nilo.
La “sforbiciata” o “il Sant’Antonio”, si svolgeva nel seguente modo: molti detenuti venivano condotti dal Reparto Nilo al Reparto Danubio; tutti i detenuti della I Sezione – con la sola esclusione di quelli ubicati nella cella n. 8 – venivano portati dalle loro celle alla sala ricreativa; con riferimento ai detenuti ubicati nelle altre Sezioni, taluni venivano convogliati nella sala della socialità, tal’altri nelle aree cc.dd. del passeggio), affidate alla loro custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura ed assistenza, e comunque in condizioni di minorata difesa per la condizione di soggetti privati della liberta personale, al fine di recuperare il controllo del carcere ed appagare le presunte aspettative del personale di Polizia Penitenziaria – generate dal mancato intervento armato, a seguito della protesta, organizzata dai detenuti del Reparto Nilo il giorno 05.04.20 e immediatamente finalizzata alla distribuzione dei dispositivi DPI, nel periodo dell’emergenze epidemiologica da Covid-19 – con una pluralità di violenze e minacce gravi, contrarie alla dignità e al pudore delle persone recluse, degradanti ed inumane, prolungatesi per circa quattro ore del giorno 6 aprile 2020 e nei giorni successivi, consistite in percosse, pestaggi, lesioni – attuate con colpi di manganello, calci, schiaffi, pugni e ginocchiate, costrizioni ad inginocchiamento e prostrazione, induzione a permanere in piedi per un tempo prolungato, faccia al muro, ovvero inginocchiati al muro – e connotate da imposizione di condotte umilianti (quali, ad esempio, l’obbligo della rasatura di barba e capelli), maltrattavano Emilio Lavoretano, (il quale, tra l’altro ha presentato querela tramite il suo difensore) cagionando lesioni personali da azione contusiva, non refertate, atteso che, il 6 aprile e nei giorni successivi, venivano negate ai detenuti visite mediche ed ogni forma di terapia farmacologica.
In particolare: a) con riferimento ai fatti verificatisi il 6 aprile 2020 nel Reparto Nilo: quattro/cinque agenti, allo stato non identificati, facevano ingresso nella cella n. 7 della V sezione, ubicata al quarto piano del Reparto Nilo, intimavano al Lavoretano di posizionarsi con la faccia rivolta al muro, di denudarsi, affinchè venisse perquisito, di eseguire le flessioni al fine di verificare l’occultamento di oggetti non consentiti e, dinanzi all’impossibilita del predetto di genuflettersi per problemi fisici alla schiena – a causa dei quali indossava un busto – lo trascinavano con forza all’esterno della cella, lo colpivano con un violento schiaffo al volto e lo costringevano a percorrere il corridoio – gremito di numerosi poliziotti della penitenziaria, tra cui il Bruno, alcuni dei quali gli sferravano numerosi colpi al volto, alla testa e al corpo – fino a raggiungere l’area denominata la “rotonda”; – nella cd. area rotonda, un agente, allo stato non identificato, lo colpiva con un forte schiaffo al volto, facendolo cadere a terra, lo ingiuriava con espressioni del tipo “il problema alla schiena? Uomo di merda, femminnella, alzati da terra”.
Appena il Lavoretano si rialzava da terra, gli sferrava violenti schiaffi al volto; – avvicinatosi al cancello di ingresso dell’ottava sezione, agenti non identificati, gli impedivano l’ingresso, lo spingevano nell’area rotonda, sferrando colpi con manganellate alle gambe e alla testa, e gli intimavano di recarsi all’area passeggio;- lungo le scale, alla presenza del Silvio Leonardi e del Paolo Buro, nonostante la ferita sanguinante alla nuca – conseguente ai violenti colpi ricevuti alla testa nel corridoio e nella rotonda – mostrata dal Lavoretano e il busto indossato dal predetto, soggetti, allo stato non identificati, lo colpivano con calci e manganelli, soprattutto alla schiena, provocandone la caduta in più occasioni e lo insultavano con parole del tipo “femminella, uomo di merda, cornuto…!”; – nel corridoio del piano terra, che congiungeva il Reparto Nilo con gli altri Reparti dell’istituto penitenziario, soggetti, allo stato non identificati, in numero elevato, ivi disposti su ambo i lati del corridoio, lo aggredivano con manganellate alla nuca e alla schiena, fino al cancello di ingresso dell’area passeggio ove, dopo una permanenza di circa quindici minuti, alla presenza di Biagio Braccio, cantando sarcasticamente le parole “finita la zizzinella..” costringevano a ripercorrere il corridoio del piano terra e le scale, per giungere nella cella di appartenenza e lungo tutto il tragitto, lo aggredivano con ripetuti colpi, soprattutto alla testa e alle mani; – giunto in cella, la stessa era stata messa a soqquadro, con il danneggiamento delle suppellettili e la dispersione sul pavimento anche dei generi alimentari.
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)