Conte come la Cuccarini: il più amato dagli italiani? partito nuovo al 15%; crollano 5S e Pd?
Un partito di Giuseppe Conte può arrivare al 15%. O comunque stare in una forbice tra il 10 e il 15, rubando voti ai 5 Stelle, che rischiano di scendere al di sotto del 10%, addirittura al 7 (ora sono al 16/17%). E al Pd, che scenderebbe sotto il 15 (ora al 19/20%). Questo il dato che emerge facendo qualche telefonata ai principali sondaggisti italiani. Che, come tutti, stanno assistendo al feroce scontro tra Beppe Grillo e l’ex premier all’interno del M5S.Il primo a sbilanciarsi, all’inizio della disfida tra i due leader, qualche giorno fa, è stato Antonio Noto (Noto Sondaggi). Partiamo da lui. “Premesso che all’interno dei pentastellati il 53% degli elettori sta con Conte e solo il 40% con Grillo, un partito nuovo di zecca fondato dall’avvocato del popolo può arrivare al 15%. Anche e soprattutto tenendo conto che l’ex premier gode ancora di un indice di fiducia nel Paese del 44%, terzo dopo Sergio Mattarella (62%) e Mario Draghi (53%)”, osserva Noto. Ma, secondo il sondaggista, il dato politico rilevante è un altro: un partito di Conte pescherebbe tra gli ex grillini, ma anche tra gli elettori Pd, tra i centristi e tra gli indecisi.
Attenzione, però: “Conte non deve commettere l’errore di contrapporsi a Draghi: i due non sono in antitesi ma complementari, perché questo non è il momento della politica contro ‘qualcuno’ ma per ‘qualcosa’. Gli italiani da Conte vogliono un cambiamento, ma anche essere rassicurati, come riusciva a fare, da premier, durante la pandemia”, aggiunge Noto.
Anche secondo Lorenzo Pregliasco (YouTrend) il bacino potenziale dell’ex avvocato sta tra il 10 e il 15%. “Una possibile lista Conte l’abbiamo monitorata per tutto il suo periodo da capo del governo, con oscillazioni tra l’11 e il 14%. Ora è ancora in quella forbice, con due terzi dei voti presi al M5S e un terzo al Pd”, dice il sondaggista. Secondo cui “i dem potrebbero subire un tracollo, passando dal 19% al 14%, ma se la devono prendere solo con se stessi: aver molto ‘pompato’ Conte, essersi legati a lui mani e piedi nella recente fase, non ha fatto altro che rafforzare un possibile competitor”.
Tra il 10 e il 15% è il bacino potenziale anche per Fabrizio Masia (Emg), con una fiducia personale al 40%, sotto Draghi (58), Meloni (44), Zaia (43) e Bonaccini (41). E con 5S a quel punto in crollo tra il 5 e il 7% e il Pd sotto al 15. “L’importante è che l’avvocato si muova con cautela, seguendo una strategia e un progetto politico. E delinei alleanze precise per il futuro. Progetto che, senza Conte, non si vede assolutamente in Grillo o negli altri 5 Stelle”, sottolinea Masia.
Ecco un altro punto importante: come muoversi e quali errori evitare. “Pescando voti oltre M5S, Conte deve presentarsi come leader trasversale, non ancorato al vecchio movimentismo grillino, ma andare oltre: essere radicale, ma pure moderato e rassicurante. E soprattutto evitare il partito personale, creare una forza aperta alla sinistra e al centro. E poi l’abbiamo visto con Monti e Fini: i partiti personali non funzionano. Ci è riuscito solo Berlusconi, ma era un’altra epoca”, spiega Maurizio Pessato di Swg. Che non si sente di dare percentuali, anche se il 10% è il numero a cui Conte può guardare. Ma “a giocargli contro è il tempo: votare nel 2023 per lui può essere uno svantaggio”.
Diverso, infine, il parere di Nicola Piepoli (Istituto Piepoli), secondo cui Grillo e Conte devono cercare a tutti costi di convivere. “Una divisione farebbe male a entrambi, perché rischierebbero solo di spartirsi l’attuale 16,5% dei 5 Stelle, con un 8% a testa. L’ex premier gode ancora della fiducia di molti italiani (53%), ma da qui a fare un nuovo partito ce ne corre. Meglio fare la pace e andare avanti insieme”, sostiene Piepoli. Che ricorda la fiducia stellare di cui godeva Gianfranco Fini tra il 2011 e il 2012. Nel 2013, però, Futuro e libertà prese un misero 0,5%, segnando la fine politica dell’ex leader di An. Monti, invece, anche lui ex presidente del Consiglio, fece un exploit arrivando all’8,3%, ma poi la sua Scelta civica si sbriciolò nel giro di appena un paio d’anni.
Di Maio in missione. Ma Conte gli chiede: “Tu con chi starai?”
Prossimi passi – Il comitato di garanzia indirà la votazione come ultimo atto su Sky Vote. L’ex premier illustrerà il suo statuto ai gruppi parlamentari. (di Luca De Carolis | 2 LUGLIO 2021)
Di buon mattino, l’ex capo va a casa del capo mancato a cercare lo spiraglio per inseguire l’impossibile, cioè per evitare la scissione. Ma l’avvocato in testa ha solo il suo partito, il suo progetto politico “che non resterà nel cassetto” come ha assicurato mercoledì sera. Così Giuseppe Conte, dopo aver sondato già diversi big, lo chiede di persona anche a Luigi Di Maio: “Tu con chi starai, con me o con Grillo e Casaleggio?”. Perché la storia tra l’ex premier e il M5S sta finendo. E lo conferma indirettamente la risposta del comitato di garanzia (Vito Crimi, Roberta Lombardi e Giancarlo Cancelleri) al diktat con cui Beppe Grillo aveva ordinato al reggente Crimi di indire “entro 24 ore” sulla piattaforma Rousseau, quella di Davide Casaleggio, la votazione del comitato direttivo. Cioè del nuovo organo collegiale che dovrebbe guidare il Movimento. Il comitato gli fa sapere che ha avviato la macchina per indire la votazione, prevista “non prima di 15 giorni”. Ma non su Rousseau, “bensì su SkyVote”, come confermano in serata fonti del M5S. Traduzione, Crimi e Lombardi rispetteranno il suo ordine fin dove necessario. Poi si dimetteranno.
Battaglie legali e normative, nel corpo di una guerra politica che sta tracimando nella scissione. E allora si torna a quella domanda – “tu con chi stai?” – che non fa dormire tutti i big del Movimento. L’interrogativo che ha reso afono in pubblico anche lui, Di Maio, “il miglior ministro degli Esteri della storia” per citare il Grillo di giovedì scorso davanti ai deputati. Troppo complimentoso, quindi in modalità campagna acquisti, perché il Garante fiutava già la rottura e ha provato subito a tirare dalla sua parte il pezzo più pesante, Di Maio, quello che può ancora spostare gli equilibri nel gruppo. Ma il ministro, decisamente il miglior pokerista nel M5S povero di giocatori, ora non sa proprio che carta scegliere.
Così ieri mattina prova a convincere Conte della necessità di cercare un’alternativa alla spaccatura. “Giuseppe, non possiamo dividerci, dobbiamo cercare una soluzione perché così i gruppi parlamentari esplodono” sostiene (in sostanza) il ministro. E rilancia l’ipotesi di un incontro con Grillo, la stessa via che in serata i parlamentari chiedono di battere ai capigruppo, Ettore Licheri e Davide Crippa. Ma Conte non ci crede.
Così nel colloquio, un’ora di confronto tra due uomini che non si sono mai amati ma che sanno di avere bisogno l’uno dell’altro, l’ex premier cerca soprattutto di capire dove potrebbe pendere Di Maio. Prova a farlo esporre. Ma il ministro prende tempo: “Ora sto fermo, devo evitare che i gruppi parlamentari si lacerino”.
Schiva, l’ex capo. Però una cosa la ottiene. “Incontra i parlamentari, mostragli il tuo Statuto” chiede all’avvocato. E Conte dice di sì, tanto che in serata lo conferma pubblicamente: “Se ricevo un invito lo farò volentieri”. Lo stesso invito, in giornata, lo aveva ricevuto anche Grillo, dal capogruppo alla Camera Crippa: “Beppe, ci fai vedere lo Statuto?”. E anche il Garante si è detto disponibile, ventilando anche un ritorno a Roma. Insomma, almeno su questo l’avvocato e Grillo sono concordi.
Ed è facile capire perché: accontentare gli eletti, e magari convincerli mostrando loro il proprio progetto nero su bianco, può essere la via per reclutarli. Invece Di Maio spera che riportare entrambi davanti agli eletti serva a guadagnare tempo, prezioso per far svelenire il clima e cercare un’intesa che a oggi pare un’ipotesi del terzo tipo. La certezza attuale però è il tormento di tanti, che non sanno chi e cosa scegliere. E può valere anche per l’ex presidente della Camera, Roberto Fico, anche lui alla disperata ricerca di un appiglio per non dover decidere. “Ma io non so proprio cosa fare” sibilano anche diversi deputati e senatori. Perché i calcoli politici cozzano anche con valutazioni umane, con antichi rancori e voglia di rivalsa.
Poi ci sono i ragionamenti che fanno rima con paura, perfino di qualche 5Stelle pronto a saltare sulla nave di Conte: “Giuseppe non deve costruire un partito personale, ma un progetto condiviso. Non deve fare il padrone di casa che ci accoglie”. Consigli, mentre l’avvocato fa la lista dei parlamentari che considera già convinti. Nel frattempo sta sentendo tutti i big in bilico, e tramite due o tre parlamentari di fiducia cerca di sottrarre soldati al Garante. Ha fretta di partire. E di illustrare il suo nuovo progetto, con quel tour per l’Italia che avrebbe già dovuto fare da nuovo capo dei Cinque Stelle. Prima che Grillo facesse saltare tutto.
E il terzo gode
(di Marco Travaglio | 2 LUGLIO 2021) Un classico dei B-movie scollacciati anni 80 è la scena del marito ipnotizzato dalla partita di calcio in tv mentre la moglie nell’altra stanza se la spassa con l’idraulico. Mutatis mutandis, è il caso di dirlo, la stessa scena si ripete nella politica reale da quando Grillo ebbe la visione di trasformare il M5S (partito di maggioranza relativa) nella ruota di scorta del caterpillar di Draghi, poi di consegnarlo a Conte per tamponare l’emorragia di consensi, infine di sfanculare Conte dopo quattro mesi di lavoro volontario, lasciando i 5Stelle senza testa (cioè con la sua e quella di Casaleggio).
E mentre il M5S si rimira l’ombelico e discute di temi appassionanti come lo statuto, il garante, il direttorio, i dati degli iscritti e la piattaforma, nell’altra stanza Draghi se la spassa con Confindustria & centrodestra alle loro (e nostre) spalle: ingaggia i migliori aedi del Partito degli Affari che s’è mangiato l’Italia per 30 anni; sblocca i licenziamenti e si fa beffe dei sindacati con un accordo-farsa che consegna ai padroni il diritto di vita o di morte sui lavoratori; dopo il condono fiscale, vara la sanatoria per i precari della scuola (per esservisi opposta, la Azzolina è ancora sotto scorta); si fa bello del Recovery ottenuto dal predecessore in una fiction con la Von der Leyen a Cinecittà; cancella il Cashback, ottima arma anti-evasione, primo passo per la digitalizzazione (era nel Piano Colao) e aiuto concreto ai negozianti distrutti dal Covid e poi dall’e-commerce; ingrassa il partito degli inquinatori e del fossile con l’apposito Cingolani; e raccatta l’assist delle destre con la mozione sul Ponte sullo Stretto, votata da una parte dei 5Stelle in stato confusionale, senza guida né bussola.
Di questo passo, smantellare anche le ultime conquiste targate M5S, dalla blocca-prescrizione alla Spazzacorrotti (si è già cominciato trasferendo poteri dall’Anac a Brunetta) al reddito di cittadinanza, sarà un gioco da ragazzi. Di queste quisquilie Grillo non si occupa né si accorge: l’ha detto lui che in tre anni i suoi ministri non han combinato nulla (invece vuoi mettere i veri grillini Draghi e Cingolani). Ma qualcuno dovrà pur occuparsene, il che rende comprensibile la fretta di Conte di partire. Purché non sia un partito personale da uomo solo al comando, ma un movimento collettivo con un gruppo di cofondatori che hanno dato buona prova al governo e in Parlamento e di nuovi innesti dalla società civile. Per dare una casa e una bussola a una comunità portata allo sbando da Grillo. A meno che questi non ritiri tutto quel che ha detto e fatto negli ultimi 7 giorni e si contenti di fare il garante muto. Ma è quasi un’ipotesi dell’irrealtà. E il tempo pare scaduto: basta dare una sbirciatina nell’altra stanza.
La sbroccata di Grillo, la mossa di Conte e come andrà a finire
(di Daniele Luttazzi | 2 LUGLIO 2021) E per la serie “Sono stato sposato ho avuto quattro mogli oltre la mia”, la posta della settimana.Caro Daniele, Grillo ha sbroccato di brutto. Perché? (Alberto Fait, Rovereto)
Grillo ha sbroccato di brutto perché Conte, con una mossa da politico navigato, gli aveva rivolto la “democrazia diretta” contro, proponendo che i grillini votassero sulla nuova piattaforma la bozza del nuovo Statuto. Così, adesso, anche chi non l’aveva ancora capito (Crimi) ha dovuto arrendersi all’evidenza: a Grillo la democrazia diretta va bene solo se è gestita da lui e da Casaleggio. “Il padrone sono me”.
Allora Crimi ha ricordato a Grillo che il voto non può avvenire su Rousseau: ma questo non è vero, da statuto, e Grillo ha sfanculato pure lui (“Il garante della privacy non ha mai identificato in te il titolare dei dati degli iscritti, essendosi limitato a indicarlo genericamente nel movimento, probabilmente a causa della tua controversa reggenza”).
L’intemerata di Grillo contro Conte (prima esaltato e poi definito uno che “non ha visione politica né capacità manageriali, non ha esperienza di organizzazioni, né capacità di innovazione”, per la gioia delle destre, non solo renziane) non è una novità nel suo repertorio: nel 2010 ne fece una analoga, rinfacci compresi, contro De Magistris, prima appoggiato per l’Europarlamento e pochi mesi dopo definito “il mio più grande errore” (sul blog di Grillo quel post non c’è più, ma lo trovate sul Web Archive, insieme con le mail, un migliaio, di grillini contrari che già lo mandavano affanculo: bit.ly/3dyJtjb).
Altri ripudiati eccellenti, due candidati grillini alla presidenza della Repubblica: Milena Gabanelli, dopo l’inchiesta di Report sui fondi del sito pentastellato; e Rodotà, definito da Grillo “un ottuagenario miracolato dalla Rete, sbrinato di fresco dal mausoleo dove era stato confinato dai suoi” dopo che Rodotà lo aveva bacchettato perché non ammetteva la sconfitta alle Amministrative. Ieri, con un post intitolato “Col cuore”, alla Barbara D’Urso, il comunicatore Grillo ha replicato alle migliaia di grillini nuovamente incazzati indossando il tono belante del papà buono, e la camicia bianca che è di rigore quando si ripara a gaffe sul web (vedi Hunziker/Diet Prada): “Ci sono dichiarazioni che mi fanno anche male, perché forse non le merito”.
E le sue su Conte? Erano solo “battute”: il vecchio trucco di sparare ad altezza d’uomo, e poi, combinato il patatrac voluto, dire che era uno scherzo, per dare torto a chi ha reagito. In un’altra sbroccata celebre, la stessa forma mentis lo spinse a definire “quattro coglioni col pisello di fuori” quattro ragazzi indagati a seguito della denuncia per stupro di una ragazza, insinuando pure che la vittima era poco credibile perché li aveva denunciati dopo 8 giorni, nonostante la scienza abbia stabilito che i tempi per elaborare un trauma variano, e infatti la legge italiana permette alla vittima di denunciare entro 6 mesi. Ci fu chi parlò di triste epilogo del personaggio, e di una stagione politica. Il M5S era da tempo in crisi. Per uscirne, Grillo ricorse alla tecnica di simulazione ATTIRARE, che consiste nel proporre un modello alternativo (cfr. Ncdc 11 marzo), chiedendo a Conte, forte di un consenso clamoroso, di rinnovare il MoVimento (il calo grillino nei sondaggi è dovuto, oltre ai voltafaccia su questioni fondative con cui erano stati calamitati i voti del successo, all’assenza di organizzazione territoriale, tipica di un MoVimento guidato da un blog anti-partito che usa il voto sul web dopo aver ammazzato i MeetUp, troppo democratici). Grillo il visionario ha quindi svelato il suo nuovo progetto: portare il MoVimento su Marte nel 2050. Basterà a placare Lombardi e Taverna?
Le dieci contraddizioni di Grillo verso Conte
(di Franco Monaco | 2 LUGLIO 2021) Non fa piacere dovere concludere che, nel brusco licenziamento di Conte da parte di Grillo, abbia contato più la psicologia che non la politica né tantomeno la logica. Troppe e troppo evidenti le contraddizioni. Mi limito a dieci, per fare cifra tonda, ma potrei andare oltre.
1. Da ultimo, nel ripudio, l’addebito mosso a Conte è quello di avere proposto un “partito unipersonale”. Nel mentre l’Elevato, con un atto d’imperio, decideva la sorte del M5S, l’opposto dell’uno vale uno. Come usa dire, il bue che dà del cornuto all’asino.
2. Il M5S deve il suo straordinario exploit politico-elettorale alla polemica, spesso urticante, contro la casta, contro un ceto politico imbullonato al potere, e ora il suo carismatico fondatore ne decreta il tracollo per una neppure celata ambizione di preservare i pieni poteri personali.
3. Fu lui a chiedere a Conte di assumere la guida del Movimento nel recente, lacerante passaggio della (sua) decisione di sostenere il governo Draghi, mettendo fine, d’autorità, agli estenuanti e inconcludenti “stati generali” che si stavano per concludere con l’elezione di un Comitato direttivo.
4. Ora, egli ripudia Conte e pretende di ripartire di lì, come non bastasse richiamando in servizio la opaca piattaforma Rousseau e il giovane Casaleggio dal quale aveva divorziato solo un paio di mesi fa, con tanto di contenzioso legale e finanziario.
5. Non è facile comprendere come si concilia il suo diktat al M5S perché esso sostenesse il governo Draghi con la svolta rappresentata dalla sua “retropia” ai moduli antagonisti dello stato nascente del Movimento. Al punto di guadagnasi il plauso e la disponibilità a rientrare degli espulsi perché contrari al governo Draghi.
6. Fu sempre Grillo, dopo il Papeete, a imporre ai tanti recalcitranti l’alleanza con l’odiato Pd e far digerire loro la premiership di Conte al governo giallorosso. Una collaborazione con il Pd che, nel tempo, si è consolidata, che prometteva un ulteriore sviluppo grazie al positivo rapporto personale e politico tra Letta e Conte e cui certo non giova il licenziamento dell’ex premier.
7. Nel mentre bombardava Conte, Grillo si profondeva in un enfatico elogio di Di Maio, cioè di uno degli esponenti pentastellati che di più e meglio ha interpretato la maturazione del Movimento quale forza di governo al fianco di Conte. Una figura, quella di Di Maio, di sicuro poco incline a una regressione alla stagione del Movimento allo stato nascente.
8. Stiamo a vedere che ne sarà del limite dei due mandati, un nodo sensibile per gli eletti, ma anche per militanti ed elettori, sul quale Grillo sembrava irremovibile. Non escludo che, nei giorni a venire, si possa assistere a un ammorbidimento suggerito dal proposito di fare l’occhiolino ai parlamentari con due legislature che hanno dissentito dalla rottura con Conte.
9. Grillo dovrebbe riflettere sulla esplosione di gioia della legione di quanti detestano il M5S: dalla destra a Italia Viva, ai media dell’establishment (con commentatori improvvisatisi tifosi di Grillo). Più o meno il vasto fronte di esecutori e mandanti del “conticidio”.
10. Sino all’ultima, clamorosa contraddizione: Grillo imputa a Conte il tradimento della democrazia diretta che rimette agli iscritti la decisione ultima, nel mentre lui da sé solo, da sovrano assoluto, rigetta pregiudizialmente e anzi mette sotto segreto la bozza di statuto stilata da Conte dietro sua richiesta, impedendo che su di essa si esprimano gli iscritti. Chi mai, dotato di dignità e raziocino, può prestarsi ad avallare un tale cumulo di contraddizioni?
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)