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Italia, politica e ‘vaffa’: effetto boomerang dopo il ‘Conticidio’ voluto da Beppe Grillo?

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Conticidio bis. Il vaffa di Grillo a Conte. Ora il risiko del governo

Conticidio bis. Il vaffa di Grillo a Conte. Ora il risiko del governo

Sullo sfondo ci sono il pianoforte e le pile di libri accatastate nel signorile soggiorno inondato dalla luce del tardo pomeriggio. I fogli del nuovo Statuto, marchiati dalla scritta “bozza”, Beppe Grillo li ha appoggiati addosso a sé, fino a coprirsi la bocca. Li cinge con le braccia abbronzate: “È roba mia”, dicono gli occhi del fondatore del Movimento. Ventiquattro ore prima, Giuseppe Conte gli aveva chiesto di scegliere se diventare un “genitore generoso” oppure no. Lui ha scelto di continuare a fare il padre padrone. Talmente padrone da riavvolgere il nastro a quattro mesi fa, infischiandosene di tutto quello che è accaduto nel mezzo: non solo non accetta la sfida che l’ex premier gli ha lanciato – votare lo statuto che supera la diarchia tra capo politico e garante –, ma richiama le truppe all’ovile: si voterà l’organo di 5 persone che la base aveva scelto prima che Grillo stesso decidesse di affidare i 5Stelle a Conte. E il voto si terrà nientemeno che su Rousseau, la piattaforma contro cui l’ex premier ha ingaggiato, a nome del Movimento, una battaglia legale durata settimane, conclusa con la vittoria del reggente Vito Crimi, che ha tolto a Davide Casaleggio la potestà sui dati degli iscritti.

Se il progetto di Grillo sarà realizzabile, è ancora tutto da capire (ne parliamo qui in basso, ndr). Ma, vada come vada, il post con cui ieri ha rifiutato la proposta di Conte, di fatto chiude per sempre ogni possibile punto d’incontro tra lui e l’ex premier. Non è stato, dunque, semplicemente uno sfogo quello con cui, la settimana scorsa, ha inveito contro l’aspirante capo che parla in “avvocatese”, “non ha visione” e da solo non va da nessuna parte. No. Anzi, a freddo Grillo è ancora più violento. Non è bastato che ieri sera, dopo la conferenza stampa di Conte, i suoi consiglieri gli impedissero di mettere nero su bianco reazioni avventate. Ci ha dormito su e quei consiglieri li ha descritti come “tossicodipendenti”, convinti che bastasse ingoiare la pillola di Conte per sentirsi “più potenti di quello che in realtà si è davvero”. Lui non la ingoia perché ha capito che non ha “né visione politica, né capacità manageriali. Non ha esperienza di organizzazioni, né capacità di innovazione”. Va oltre, Grillo: “Non possiamo lasciare che un movimento nato per diffondere la democrazia diretta e partecipata si trasformi in un partito unipersonale governato da uno statuto seicentesco”. Chiedeva filiere separate, Conte, con poteri esecutivi, di controllo e di garanzia. Ma per Grillo è solo un “principe azzurro” che ha illuso il Movimento di poterlo salvare.

Finisce così, malissimo, la storia d’amore tra i due Beppe. E si presta a molteplici letture. La prima, tanto basica quanto efficace, la dà un deputato di rango: “È stata una guerra tra maschi alfa: ma se ti metti a fare la gara con Beppe a chi ce l’ha più lungo, vince sempre lui”. Col senno di poi, ragionano in diversi, l’affronto di lunedì pomeriggio era intollerabile per Grillo. Sfidarlo di fronte agli attivisti, credere di avere in mano le redini del suo giocattolo: decisamente troppo, per uno come lui che ha concesso un ruolo da comprimario soltanto a Gianroberto Casaleggio.

Ma di mezzo c’è anche il ruolo che il Movimento avrà nella maggioranza che sostiene il governo Draghi. Il filo diretto tra il presidente del Consiglio e il fondatore M5S – principale sponsor del sì dei 5 Stelle al suo governo – non si è mai interrotto. E anche le critiche che, durante l’assemblea con i parlamentari, sono state rivolte all’indirizzo del ministro Cingolani (“Se va avanti così finisce in un bagno di sangue”) non hanno in realtà compromesso il loro dialogo sui temi della transizione energetica. Non è un mistero, tra l’altro, che nelle intenzioni di Giuseppe Conte ci fosse quella di cominciare a farsi sentire in maniera un po’ più incisiva nella larghissima coalizione di governo dove il Movimento – per usare un eufemismo – non tocca palla e nemmeno se ne lamenta, basti pensare alla recentissima abolizione del cashback. Eppure, la lettura – che pure trova spazio in alcuni settori “contiani” dei gruppi parlamentari – di uno stop a Conte per timore delle conseguenze sul governo, contrasta (e non poco) con gli effetti perversi della manovra di Grillo: ovvero, che a occupare i 5 posti del comitato direttivo di prossima elezione finiscano i più fieri oppositori di questo governo, tra cui alcuni – come il senatore Nicola Morra – che sono stati fatti fuori dal Movimento (senza esserne ancora formalmente espulsi) per aver detto no alla fiducia all’ex governatore della Bce. Ci sarà ampio materiale, un domani, per un altro post di benservito.

di Paola Zanca

 

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Lasciatelo solo

Se Grillo voleva distruggere Conte, è riuscito nell’impresa di rafforzarlo ancor di più. Se invece voleva distruggere i 5Stelle, è riuscito nella missione di annientare se stesso, o quel poco che ne resta. Basta leggere i commenti al suo ultimo post su Facebook, che lui crede visionario e invece è soltanto delirante: era da quando l’Innominabile annunciò trionfante il ritiro delle sue ministre dal governo Conte che non si riscontrava una tale unanimità di vaffanculo. Che, per un esperto del ramo, dovrebbe essere motivo di riflessione. Ma purtroppo Beppe non riflette più. Fino a qualche tempo fa, ci inviava delle lettere firmate “Beppe Grillo e il suo neurologo”. Poi, tragicamente, il suo neurologo morì. E se ne sente la mancanza. Barricato nel suo bunker, in piena sindrome di Ceausescu, l’Elevato si rimira allo specchio e si dice quanto è bravo. È come l’automobilista che imbocca l’autostrada in contromano e pensa che a sbagliare siano tutti gli altri. Scambia Draghi e Cingolani per grillini, cioè le allucinazioni per visioni. E ora, mentre il grillino Draghi straccia altre due bandiere dei 5Stelle e di Conte – il blocco dei licenziamenti e il cashback utilissimo per la transizione digitale, il sostegno al commercio e la lotta all’evasione – facendo felice la destra (soprattutto la Meloni, che però sta all’opposizione), lui tenta di abbattere l’unico leader che aiuterebbe il M5S a restare al governo con la schiena dritta. E spiana la strada allo smantellamento delle ultime conquiste superstiti: quelle sulla giustizia.
Del resto, come ha detto l’altro giorno alla Camera, i suoi ministri si sono girati i pollici per tre anni (infatti Bonafede e la Azzolina vivono sotto scorta). Sono Draghi&C. che hanno “visione”: non certo Conte, che un anno fa si inventò il primo lockdown d’Europa e un’altra cosetta come il Recovery Fund finanziato con Eurobond, costruendo il consenso per farlo approvare all’unanimità dal Consiglio dopo quattro giorni e quattro notti di battaglia. Quisquilie: tant’è che, per rendere meno “seicentesco” lo Statuto di Conte, Grillo pretendeva di guidare la politica estera del M5S, col decisivo argomento che conosce l’ambasciatore cinese. Il suo neurologo gli avrebbe spiegato la ridicola assurdità della pretesa. E anche il paradosso di essersi inimicato tutti gli amici e trasformato nell’idolo di tutti i nemici, ansiosi di liberarsi – tramite lui – di un movimento che con Conte minaccia di rinascere (leggere i giornaloni e la stampa di destra per credere). Ma purtroppo il neurologo non c’è più e non è stato sostituito. In compenso, nel bunker, torna Casaleggio jr., richiamato in servizio per apparecchiare l’elezione di un Comitato direttivo di cinque membri.

Cinque vittime sacrificali votate al sadomasochismo che si stenta a immaginare chi possano essere. Potrebbero pure candidarsi i fuorusciti in attesa di espulsione, tipo Lezzi, Morra, Laricchia &C. Che però avevano lasciato i gruppi parlamentari in polemica contro l’ingresso del M5S nel governo Draghi imposto proprio da Grillo e osteggiato proprio da Casaleggio (che, fra l’altro, si oppone a qualunque deroga al limite dei due mandati). Un altro paradosso da neurologo: per sbarrare la strada a Conte, che ancora l’altroieri ha ribadito il sostegno a Draghi (ma da posizioni critiche e mature), il Visionario Elevato farebbe eleggere un Direttorio di nemici assatanati del governo col potere di sfiduciarlo. Ma è improbabile che l’elezione su Rousseau possa mai avvenire. Carente di neurologi, Grillo lo è anche di avvocati. Altrimenti qualcuno gli avrebbe spiegato che quella non è più la piattaforma del M5S (che ne ha un’altra) e soprattutto che Casaleggio – salvo commettere reati – non può violare l’ordine del Garante della Privacy di non trattare i dati degl’iscritti, dopo averli consegnati al legittimo titolare: il reggente Vito Crimi.

Ora, siccome il partito di maggioranza relativa in Parlamento non può restare senza guida alla vigilia di un autunno caldo a suon di licenziamenti e del rush finale per l’elezione del capo dello Stato, l’unica votazione che ha un senso è quella per il nuovo capo politico: da una parte Conte, sulla base del suo Statuto e della sua Carta dei Valori, che vanno subito resi pubblici; dall’altra Grillo o chi per lui (se mai troverà un essere senziente disposto a fargli da prestanome), sulla base del suo post di ieri. Così finalmente saranno gli iscritti, davanti a un’alternativa chiara e netta senza più quesiti suggestivi, a decidere se i 5Stelle devono vivere con Conte o morire con Grillo. Del quale resta da capire se sia ancora lucido o irrimediabilmente bollito, e soprattutto quale delle due alternative sia la peggiore. Se è lucido, sta lavorando scientemente per il re di Prussia e dunque va messo in condizione di non nuocere. Se invece è bollito, sta lavorando inconsapevolmente per il re di Prussia e dunque va messo in condizione di non nuocere. Come? Lasciandolo solo, cioè nella condizione che ormai predilige, convinto – come Cesare secondo Plutarco – che sia “meglio essere primo in un villaggio che secondo a Roma”. Ma qui il villaggio ha le dimensioni di una delle sue ville. E i padri padroni sono tali finché i figli diventano adulti, escono di casa e iniziano a camminare con le proprie gambe. Nel governo, in Parlamento, nelle Regioni, nei Comuni e fra gli iscritti ci sono decine di migliaia di figli di Grillo ormai maggiorenni che sanno cosa devono fare.

PADRINI FONDATORI

di Marco Lillo e Marco Travaglio15€

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“Padre padrone”. L’avvocato adesso prepara le truppe

“Padre padrone”. L’avvocato adesso prepara le truppe
Non se l’aspettava. Per lo meno non così. E alla fine decide di non parlare, non subito, non dopo tutto questo. Però ormai sa che l’altro, il Garante che gli voleva affidare tutto, il Beppe Grillo che il 28 febbraio su una terrazza romana gli disse “il M5S è casa tua” con il casco da simil-astronauta e il sorriso bonario, non è un interlocutore. Grillo è un nemico. Anche se proprio così dritto, Giuseppe Conte non riesce a scandirlo, almeno non pubblicamente. E dire che fino al primo pomeriggio si era mostrato fiducioso. Il passare delle ore senza che arrivasse una risposta del Garante alla sua proposta, quella di votare sul web il nuovo Statuto, era parso un buon segnale, a lui e a tanti 5Stelle. E invece no, Grillo stava solo limando quella scomunica che aveva in testa già da lunedì sera, appena Conte aveva terminato la sua conferenza stampa a Roma.
Un calcio in faccia all’ex premier, che la sua rabbia non vuole mostrarla. Ma l’amarezza trapela, comunque. “Grillo ha scelto di fare il padre-padrone della sua creatura” dice ai suoi, riprendendo un’immagine già adoperata nella conferenza stampa di due giorni fa, in cui aveva posto al fondatore diversi bivi, compreso quello tra l’essere un genitore generoso o padrone. E Grillo ha scelto, non come sperava l’ex premier. Amareggiato, anzi molto di più. Però nei colloqui privati lo rivendica: “Tutto questo è la riprova che l’attuale Statuto necessitava di un deciso salto di qualità in termini di democrazia diretta. Ed è per questa ragione che ho lavorato per quattro mesi a un progetto politico serio e credibile”. Invano, perché poi è arrivato il Garante, il distruttore. E adesso c’è solo il disappunto del giro ristretto dell’ex premier. Quello del portavoce Rocco Casalino, che aveva disertato la conferenza stampa per sminare possibili, nuove polemiche sul suo ruolo. E quello dei tanti parlamentari che ora si chiedono cosa fare, e soprattutto cosa farà lui, Conte. Fonti trasversali nel M5S sostengono: “Ora l’obiettivo di Giuseppe è far uscire a breve alcune decine di parlamentari dal Movimento”. Secondo un contiano, “potremmo arrivare a 120- anche 150 eletti”. Troppi, secondo alcuni. Ma nel giro dell’avvocato c’è fiducia. “In Parlamento c’è fermento, molti eletti i si stanno facendo sentire”. E d’altronde ieri “Conte ha passato tutto il giorno al telefono”. Tradotto, i soldati i per provare a costruire qualcosa di suo o almeno nell’attesa per mettere paura a Grillo potrebbero esserci, o trovarsi. Anche se alcuni contiani suggeriscono di andare piano. E di aspettare, i passi falsi del Garante. Perché il Grillo che invoca nuove urne sulla piattaforma Rousseau, quella di Davide Casaleggio, dovrà superare le riserve dei big, anche quelli non di rito contiano, e soprattutto mille problemi tecnici. Dall’ostilità del comitato di garanzia, cioè di Vito Crimi e Roberta Lombardi, nei confronti di Rousseau, a tanti nodi burocratici e legali.

L’avvocato allora potrebbe attenderlo lì, al varco. “Giuseppe potrebbe mettersi nella posizione di chi aspetta che lo vengano a implorare, non è mica così impossibile” ragiona un grillino dei piani alti. Ma come uscirne? Una primissima ipotesi nei conversari di ieri è quella di una sorta di segreteria di garanzia, un organo collegiale che farebbe da corona e contrappeso di Conte. Ma servirebbe molto di più, per rimettere a posto le cose. Ammesso che l’avvocato voglia ancora riprendersi il Movimento.

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Cupio dissolvi: quanti stanno con il comico?

Nessun dubbio che se oggi Beppe Grillo potesse tornare indietro si guarderebbe bene dal chiedere a Giuseppe Conte di occuparsi dei 5Stelle. Eppure, nella foto del marzo scorso che li ritrae sulla spiaggia di Marina di Bibbona, seduti l’uno accanto all’altro, non si vede affatto l’ex premier che punta una pistola contro il Fondatore minacciandolo se non gli cede la guida del M5S. Infatti, come si tende a dimenticare, è stato il Fondatore a chiedere all’ex premier il favore di prendersi in carico la gatta da pelare di un Movimento piuttosto spaccato e allo sbando. E di grazia, cosa spinse l’Elevato a interpellare calorosamente il professore avvocato (in questa storia i titoli abbondano), non esattamente un suo discepolo o un suo sodale? Oppure qualcuno, nella moltitudine dei beneficiati, che gli doveva sempiterna gratitudine per averlo portato in Parlamento con soltanto i voti dei parenti stretti? Risposta semplice, semplice: Grillo puntava, giustamente, alla popolarità di Conte. Che non è una postilla in uno statuto, e che poco ha a che fare con le suscettibilità personali (’a mmmia, dicono in Sicilia, a Genova non sappiamo).
Infatti, il consenso non è un’opinione, meno che mai uno scatto umorale, bensì un dato numerico. Nel caso di Conte, una cifra stabile che tuttora lo mantiene ai primissimi posti nei sondaggi sulla popolarità dei leader politici, pur non essendo egli (ancora) il capo di un partito. E pur avendo abbandonato ormai da quattro mesi Palazzo Chigi (circostanza che secondo gli esperti del ramo lo avrebbe destinato all’inevitabile oblio). Comprensibile, dunque, che Grillo abbia pensato a Conte non solo come personaggio di indiscussa esperienza e autorevolezza, ma come collettore di consensi in grado di rivitalizzare e rilanciare un simbolo che malgrado i tanti problemi conserva la fiducia del 15-16% degli elettori. Senza contare che la visione moderata (ma non molle) dell’ex presidente del Consiglio sembra in sintonia più con gli orientamenti di centrosinistra maturati in questi anni nel M5S di governo che con le pulsioni radicali e populiste delle origini. Per questi motivi, Conte ha perfettamente ragione quando dice che, con tutta la buona volontà, non intende fare il prestanome di Grillo. E neppure, riteniamo, il prestavoti a Grillo. Ieri, Grillo se n’è reso conto e ha emesso il suo verdetto: facciamo a meno di Conte e della sua popolarità, facciamo da noi. Quanti nel Movimento, nei gruppi parlamentari, tra gli elettori saranno disposti a seguirlo in questo cupio dissolvi?

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Grillo affonda Conte

«La storia tra Giuseppe Conte e il Movimento 5 stelle, adesso, è davvero finita. Beppe Grillo, lo stesso uomo che quattro mesi fa gli aveva consegnato le chiavi del partito, lo scarica senza troppe cerimonie con un post sul suo blog» [Capurso, Sta].

«L’aria che tira si capisce subito non dalle parole di Grillo ma dai numeri che le precedono: 17,29. Il padre padrone dei 5Stelle (come lo ha definito Giuseppe Conte) diffonde il suo micidiale comunicato esattamente alle 17,29. E scrive l’orario all’inizio del comunicato per sottolineare che risponde a 24 ore di distanza da quelle parole durissime pronunciate da Giuseppe Conte. È l’unica concessione che Grillo fa all’estro del suo essere un grande artista. Per il resto il Comunicato è una sintetica e iperbolica asfaltatura dell’Avvocato del Popolo trattato a pesci in faccia. Un vaffa articolato» [Pirone, Mess].

Il post si intitola Una bozza e via, un riferimento alla bozza del nuovo Statuto del Movimento 5 Stelle che l’ex premier aveva scritto, su mandato proprio di Grillo. «Mi sento così: come se fossi circondato da tossicodipendenti che mi chiedono di poter avere la pasticca che farà credere a tutti che i problemi sono spariti e che dia l’illusione (almeno per qualche mese, forse non di più) che si è più potenti di quello che in realtà si è davvero, pensando che Conte sia la persona giusta per questo. Ma Conte può creare l’illusione collettiva (e momentanea) di aver risolto il problema elettorale, ma non è il consenso elettorale il nostro vero problema. Il consenso è solo l’effetto delle vere cause, l’immagine che si proietta sullo specchio. E invece vanno affrontate le cause per risolvere l’effetto ossia i problemi politici (idee, progetti, visione) e i problemi organizzativi (merito, competenza, valori e rimanere movimento decentralizzato, ma efficiente). E Conte, mi dispiace, non potrà risolverli perché non ha né visione politica, né capacità manageriali. Non ha esperienza di organizzazioni, né capacità di innovazione. Io questo l’ho capito, e spero che possiate capirlo anche voi. Non possiamo lasciare che un movimento nato per diffondere la democrazia diretta e partecipata si trasformi in un partito unipersonale governato da uno statuto seicentesco» (leggilo tutto qui).

Nella seconda parte del post Grillo chiede agli iscritti al Movimento 5 Stelle di votare un nuovo Comitato direttivo composto da cinque persone per guidare il partito: «Ho chiesto a Davide Casaleggio di consentire lo svolgimento di detta votazione sulla Piattaforma Rousseau e lui ha accettato. Chiederò, poi, al neo eletto Comitato direttivo di elaborare un piano di azione da qui al 2023. Qualcosa di concreto, indicando obiettivi, risorse, tempi, modalità di partecipazione vera e, soprattutto, concordando una visione a lungo termine, al 2050».

Conclusione: «In alto i cuori!»

«La notizia vola veloce e il partito, pochi minuti dopo la pubblicazione del post, piomba nel caos. Ma Grillo non se ne cura» [Capurso, Sta].

«Giuseppe Conte legge il post di Beppe Grillo direttamente dal suo telefonino. Gli arriva per messaggio, ed è come un fendente. “Ha fatto la sua scelta – dice solo – ha deciso di essere il padre padrone della sua creatura”. Per lui, la strada con il Movimento 5 stelle non può che finire qui» [Cuzzocrea, Rep].

«Adesso comincia un’altra partita. In gioco non è più la leadership del Movimento ma la sua stessa sopravvivenza. A partire dalla tenuta dei gruppi parlamentari e dalle ricadute sul Governo e l’alleanza con il Pd. Ora tutto torna in discussione» [Fiammeri, Sole].

Ormai nel Movimento non si capisce più nulla. Casaleggio non era stato tagliato fuori? I parlamentari staranno con Grillo o con Conte? L’ex premier farà un suo partito? E il Pd, che aveva puntato tutto sull’alleanza giallo-rossa, come ne uscirà?

«La domanda è: quanti Movimenti 5Stelle ci saranno alle prossime elezioni? [Pirone, Mess].

«Dei 250 grillini tra Camera e Senato, secondo i calcoli fatti dai deputati e dei senatori, tra i 120 e i 150 parlamentari si staccherebbero dal gruppo del M5S per seguire l’ex capo del governo» [Lombardo, Sta].

«Alessandro Di Battista dalla Bolivia sembra guardare con distacco le vicende M5S e posta un video di minatori. E c’è qualcuno che lo interpreta come un messaggio dell’ex deputato agli ex colleghi, un invito ironico a candidare proprio i minatori alla guida dei Cinque Stelle» [Buzzi, CdS].

Sotto al post di Grillo sul blog, intanto, ci sono oltre 6 mila commenti. Molti i critici, che lo accusano di aver distrutto il Movimento. «E poi c’è il contrappasso, il catartico “vaffanculo” che dopo tanti anni viene restituito al mittente: “Caro Beppe” scrive Rosa Botta “dovevi chiedere agli iscritti. Invece come sempre ti senti una mente eccelsa pensando di decidere tutto anche per me… ma io non ci sto… hai fatto scappare i migliori e adesso ci porterai alla distruzione… fino ad oggi ti ho difeso ma da oggi in poi puoi anche andare AFFANCULO…”.

E il cerchio forse è chiuso» [Rodano, Fatto]

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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