Storia locale-Gli allievi del liceo classico “D.Cirillo” ind. com. ricostruiscono la storia di Aversa
Aversa-Il presente articolo è frutto del lavoro degli allievi della classe III E del liceo classico “D. Cirillo” di Aversa (DS Luigi Izzo). Ciascuno di loro, dopo aver analizzato le principali fonti, le interpretazioni storiografiche (di cui in questa sede non si è potuto dar del tutto conto) e dopo aver intervistato alcuni professori e studiosi di storia medievale, ha redatto un saggio di circa 15 pagine corredato da immagini e resoconto delle interviste. Di seguito la loro sintesi
“L’obiettivo principale di questa ricerca è fornire, in breve e veloce sintesi, un’immagine degli aspetti della storia e della vita della città di Aversa, e, allo stesso tempo, cercare di conciliare vari punti di vista, frutto dei testi e del contributo dei professori universitari che abbiamo intervistato.
Studiando le nozioni fondamentali sulle conquiste dei Normanni, abbiamo tentato di imitare,nei limiti delle nostre possibilità, il complesso e difficile lavoro degli storici. Siamo partiti dalla nostra realtà locale, perché l’amore per la storia inizia sempre dalla conoscenza dei luoghi in cui si vive.
“Preesisteva alla fondazione di Aversa un borgo di sanctu Paulu at Averze, sul confine settentrionale del ducato di Napoli. La regione su cui sorse la città fu donata nell’anno 1030 dal duca di Napoli Sergio IV al cavaliere normanno Rainulfo Drengot, per gli aiuti da lui prestatigli nella lotta contro il principe longobardo di Capua. Questa prima contea normanna del Mezzogiorno ebbe rigogliosa vita feudale e frequente partecipazione negli avvenimenti politici e militari dei secoli XI-XII. Per l’impulso dato dagli ecclesiastici locali alle scuole e alla cultura grammaticale fu chiamata dal poeta Alfano Athenae studiorum. La popolazione cittadina fu prevalentemente costituita da artigiani, mercanti e uomini d’armi, aggruppati nei vari rioni della città (ruga Panecteriorum, ecc.)”. [L. Giustiniani, Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli, II, Napoli 1797, pp. 79-102;]
Questo quanto apprendiamo dal Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli, mentre il professore di storia medievale, dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, Francesco Senatore, durante una sua videolezione, ci ha illustrato la conquista dei Normanni come un evento scioccante perché, nel giro di due generazioni, diventarono i signori di tutto il meridione e nel giro di tre generazioni fondarono il Regno di Sicilia (1130). Altri imperatori, infatti, avevano poi provato a conquistare il mezzogiorno o quantomeno a stringere delle alleanze, ma senza successo e, per questi motivi, la conquista normanna divenne un evento mitico già allora.
Le fonti principali per ricostruire la storia di Aversa sono attribuibili a Guglielmo Apulo o di Puglia, che ci narra le gesta di Roberto il Guiscardo , il quale dopo aver conquistato Salerno diede origine alla dinastia dei re; ad Amato di Montecassino del monastero di Montecassino, che ricostruice la storia dei normanni e scrive in lingua francese e al vescovo Alfano. Sono tutti ecclesiastici (perché, al tempo, coloro che sapevano scrivere erano solo gli uomini appartenenti al clero) che scrivono tra il 1070 e 1080, cioè 30/40 anni dopo la fondazione di Aversa e ne parlano con una certa enfasi mitica. C’è poi una quarta fonte, una donazione di Pandolfo, Principe di Capua, che concede un terreno ad un monastero di Napoli. In questo documento compare per la prima volta la parola “Aversa”, una località denominata San Paolo presso Aversa o ad Aversa (tuttavia, non è detto che una località sia abitata)
La testimonianza di Gugliemo Apulo
«Protetti da tal principe si gettano a devastare i luoghi vicini; opprimono virilmente i nemici. Ma poiché i pensieri di mente terrena son pronti alla avidità e su tutto trionfa il denaro, abbandonando or l’uno or l’altro, stavano con chi più dava loro. […] Così la discordia latina risollevò i disperati Galli alla speranza già innanzi cessata; così crescevano le forze e le ricchezze; se qualche bandito dei dintorni riparava tra loro, lo accoglievano con gioia; informano quanti vedono accorrere dei loro usi e della lingua per fare un’unica gente».
Guglielmo Apulo è un monaco e, come si può notare facilmente da questa fonte, dietro le sue parole è possibile scovare anche una condanna moralistica. Difatti, se da un lato esalta le conquiste dei Normanni, dall’altro li descrive come briganti. Egli non nasconde, in ogni caso, le loro contraddizioni: si vantano, considerando gloriosa la memoria delle conquiste feroci e poco rispettose delle regole; si alleano con chi più conviene loro, dapprima con il principe di Capua, e successivamente con il duca Sergio; prestano servizio come mercenari, inserendosi nei dissidi fra i latini e Franchi che l’autore definisce “galli” e nelle discordie fra Capua e Napoli. Egli poi continua dicendo “così crescevano le forze e le ricchezze, se qualche bandito dei dintorni riparava fra loro (i Normanni), lo accoglievano con gioia, informano quanti vedono accorrere dei loro usi e della lingua per fare un’unica gente”. Guglielmo, quindi, narra di un gruppo di avventurieri stanziatosi nella zona di Aversa, che secondo le sue storie si sarebbe spostato continuamente per futili motivi ,fino ad attrarre altra gente che si uniscono a loro, omogenizzandosi in qualche modo: il successo ,dunque, richiama altre persone.
«Dopo qualche anno, l’esercito dei Galli fondò Aversa, sicuro sotto il console Rainolfo. Questo luogo pieno di ricchezze è utile e ameno. Non mancano i campi coltivati, non i frutti, non i prati e le piante. Nessun luogo al mondo è più felice (Nullus in orbe locus iocundior)».
Guglielmo nel passo fa riferimento a un generico “Dopo qualche anno”, senza però riferire la data rispetto alla quale si ritiene valida la sua affermazione e sottolinea che “l’esercito dei Galli fondò Aversa”. Si tratta dell’esercito “sotto il console Rainulfo”, l’appellativo console, tipico dell’epoca romana, è stato utilizzato per descrivere un conte, con l’accezione, però, di capo militare, di detentore di poteri politici, giudiziari e tassativi e di difensore del territorio. Il monaco, poi, riferendosi ad Aversa, continua dicendo “Questo è il posto migliore del mondo, un luogo pieno di ricchezze, utile (per chi ci vuole abitare), ameno (bello), non mancano i campi coltivati, non mancano i frutti, i prati, le piante, nessun luogo al mondo è più felice”. Indubbia è la fertilità della contea, che si trova in una pianura chiamata già dai romani “Campania Felix”, pianura definita poi nel medioevo “Terra di lavoro”, da una deformazione di un’antica parola “Liburia” nata dall’idea della presenza di una terra che è possibile lavorare facilmente. Tuttavia, questo racconto della nascita della contea di Aversa è molto mitizzato, con lo scopo di celebrare le imprese ,colme di successo, dei Normanni .
La testimonianza di Amato di Montecassino
Un altro monaco, Amato di Montecassino, racconta la stessa storia, fornendo maggiori particolari:
[Il duca di Napoli, Sergio, cacciato dalla sua città nel 1027- 28, vi rientrò nel 1029]
«e perché non gli potesse far danno la malizia di questo Pandolfo, andò da Rainulfo, uomo ornato di tutte le virtù che convengono a cavaliere; gli diede per moglie la propria sorella, che era da poco restata vedova per la morte del conte di Gaeta, e gli chiese di porsi contro la superbia del principe Pandolfo. E per contenere la ferocia di questo nemico, fece cingere Aversa di fossati e d’alte siepi; e ad essa fu data, per renderle tributo, una parte ricchissima della Terra di Lavoro. E là fece abitare il cognato, il conte Rainulfo».
Amato, in breve, spiega che Sergio, duca di Napoli, per opporsi a Pandolfo, suo nemico, si imparenta con Rainulfo Drengot e gli fornisce la contea di Aversa nel 1030. Da questo documento oggi si conosce con precisione la data della nascita della contea di Aversa, nata come città fortificata contrapposta a Capua per decisione del duca di Napoli. Amato narra che per contenere la ferocia del principe di Capua, Rainulfo, chiamato come “uomo ornato di tutte le virtù che convengono ad un cavaliere”, “fece cingere Aversa di fossati e di alte siepi e ad essa (Aversa) fu data dal duca di Napoli, per renderne tributo, una parte ricchissima della Terra di Lavoro”. Aversa, dunque, non ha un castello a causa del poco tempo a disposizione per la costruzione delle difese, ma è accerchiata da fossati, per impedire la carica dei cavalli e di soldati a piedi, e da siepi, intese come esili fortificazioni; essa è quindi un avamposto che viene anche dotato di diritti, poiché Sergio concede a Rainulfo non solo il terreno in sé, ma anche le entrate fiscali, ovvero i prodotti della terra e i servizi fisici da parte dei cittadini che vengono protetti dal capo.
Entrambi i passi descritti, quindi, insistono sulla bellezza della città di Aversa, luogo prediletto per una vita serena, ma la domanda che sorge spontanea è come ha fatto un semplice avamposto, fondato da un avventuriero, privo di solide fortificazioni, a diventare in così poco tempo una città? Questo è un mistero. [M. D’Onofrio, Aversa in Enciclopedia dell’arte medievale, Roma 1991]
Ad ogni modo, la contea restò teoricamente soggetta ora al ducato di Napoli, ora al principato longobardo di Capua, finché nel 1039 venne affidata dall’imperatore Corrado II al principe di Salerno. Ma in realtà godette di vera autonomia quando, estendendo le sue conquiste verso il nord, occupò nel 1058 la città di Capua. A questo primo periodo di benessere e di splendore si devono i numerosi monumenti cittadini, fra cui sono degni di essere ricordati il Duomo e il monastero di S. Lorenzo: importanti anche le opere calligrafiche delle scuole che vissero in quegli edifici. [G. Parente, Origini e vicende ecclesiastiche della città di Aversa, I-II, Napoli 1857-58]
Nel periodo angioino ad Aversa dimorò spesso la corte regia. Giovanna I elargì grandi benefici all’universitas e ai feudi vicini, Ad Aversa, poi, fu assassinato suo marito Andrea d’Ungheria (1345). Successivamente, la città seguì le sorti della vicina Napoli. Salvo il ricordo della lunga permanenza in essa di Carlo di Borbone e della sua corte durante l’occupazione del reame (1734), non v’è altro avvenimento notevole. Gioacchino Murat vi istituì (1807) la Casa Carolina, che fu uno dei primi istituti femminili d’istruzione media del Mezzogiorno e fondò nel 1813 il manicomio.
Aversa fu annessa al regno d’Italia negli ultimi giorni di settembre del 1860, quando cioè vi risiedette Giuseppe Garibaldi, alla vigilia della storica giornata del Volturno. [A. Gallo, Codice diplomatico normanno di Aversa, in Monumenti per la storia dell’Italia meridionale della Società napoletana di storia patria, I, Napoli 1927]
Le istituzioni scolastiche aversane vantano antiche e gloriose tradizioni; infatti il “Liceo Cirillo” è tra i più antichi istituti della Campania e la Scuola Media “Parente” per lunghi decenni è stata come un faro nella vastissima zona dell’agro aversano, infatti, era frequentata da allievi che provenivano da tutti i paesi compresi tra il mare ed Aversa e spesso percorrevano moltissimi chilometri in disagiate condizioni. Il sindaco Gaetano Parente, appassionato cultore degli studi, già 1862 lanciò l’idea di una scuola superiore ad Aversa, lamentando che nella provincia l’istruzione fosse ancora saldamente nelle mani del clero; la sua ferma volontà e la sua opera instancabile fecero sì che il 19 maggio 1862 il consiglio comunale decidesse l’apertura di un ginnasio municipale, la cui inaugurazione avvenne il 7 novembre del 1863. Successivamente fu annesso al ginnasio la scuola tecnica e il liceo che poté essere inaugurato solo nel 1875. Il 20 luglio 1878 il ginnasio e la scuola tecnica ottennero il pareggiamento e tre anni dopo, nel 1881, fu pareggiato anche il liceo. Infine con decreto del 1921, il liceo ginnasio “D. Cirillo” fu regificato, mentre, nel 1941, la scuola tecnica fu abolita. Inoltre, all’inizio, il liceo aveva annesso anche un convitto, con il tempo poi soppresso. Il ginnasio ebbe sede inizialmente nel convento di S. Antonio; successivamente passò in quello dello Spirito Santo, alle spalle del seminario, mentre in S. Antonio si trasferiva l’asilo. Lì il liceo ginnasio rimase per quasi trent’anni trasferendosi poi provvisoriamente nel convento di S. Anna e, dopo un anno circa, nella nuova, e oggi storica, sede di via “E. Corcioni”. Alla sua direzione si sono succeduti uomini illustri, come Giuseppe Sellitto, che lo resse dalle origini fino al 1916; il preside Di Franco, grande educatore e maestro che vi dedicò tutta la vita; il prof Martano, docente di filosofia all’Università di Napoli e molti altri ancora, che si sono dedicati alla formazione di intere generazioni: per questi motivi il “D. Cirillo”, adesso “Liceo classico e musicale”, rappresenta una vera e propria istituzione per la città e i cittadini di Aversa, che, con l’evolversi della società e delle sue esigenze, si sta ammodernando accogliendo vari e particolari indirizzi, come quello delle Comunicazioni, Cambridge o Biomedico, non dimenticando mai le proprie origini. [http://www.liceocirillo.it/index.php/l-istituto; Enzo di Grazia, Aversa aspetti di storia e di vita, Athena Mediterranea Ed., 1971, p. 100 ivi pp. 104-105]
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