| Ecco come l’argento ci difende dai batteriL’argento è un efficace antibatterico a patto che venga consumato dai batteri stessi. Lo ha scoperto un team internazionale di ricercatori, coordinati dall’IIT-Istituto Italiano di Tecnologia a Milano che hanno pubblicato i risultati delle loro ricerche sulla rivista internazionale Chemical Physics Reviews. Per millenni, l’argento è stato utilizzato per le sue proprietà antimicrobiche e antibatteriche. Sebbene il suo utilizzo come disinfettante sia ampiamente noto, gli effetti che l’interazione tra l’argento e i batteri ha sull’argento stesso non sono ben compresi. I ricercatori hanno scoperto che, mentre l’argento esplica la sua efficacia, i batteri modificano la struttura del metallo, quasi consumandolo. Tale scoperta permetterà di prevedere con maggiore precisione la durata dell’efficacia dei materiali antibatterici a base di argento e nello stesso tempo di studiare nuovi sensori per l’individuazione di patogeni. “Prima del nostro lavoro si pensava che l’argento rimanesse invariato nell’interazione con i batteri, ma i risultati dimostrano che non è così. Da questo studio sembra che l’argento sia ‘consumato’ dall’interazione”, racconta Guglielmo Lanzani, uno degli autori dell’articolo e Direttore del Center for Nano Science and Technology dell’IIT a Milano. “L’interazione elettrostatica tra l’argento e i batteri fa sì che alcune delle particelle d’argento si dissolvano, poiché l’argento tende a rilasciare ioni al contatto con le cellule dei batteri”. La perdita di ioni da parte dell’argento determina un’aggregazione delle nanoparticelle e una modifica nella loro forma, restringendole e arrotondandole. Questi effetti sono ancora più pronunciati se le cellule di E.coli vengono pretrattate con una molecola che aumenta la permeabilità delle loro membrane prima che entrino in contatto con l’argento. L’interazione del metallo con i batteri, quindi, tende a produrre un consumo del metallo, il quale però, non influisce sulle proprietà antimicrobiche dell’argento, ma ne modifica quelle ottiche, rendendo l’argento una possibile base per lo sviluppo di sensori. “Le modifiche strutturali influenzano fortemente le proprietà ottiche delle nanostrutture metalliche, le quali quindi possono essere utilizzate come sensori colorimetrici per indicare la presenza di contaminazione batterica”, ha affermato Giuseppe Paternò, ricercatore dell’IIT e primo autore dello studio. “Per esempio, dopo la contaminazione, l’argento assorbe una quantità inferiore di luce visibile, con una preferenza verso il blu”. Le indagini sul processo di interazione tra l’argento e i batteri, sono state realizzate in un contesto di laboratorio che, essendo controllato, non permette di cogliere tutti gli aspetti della complessità di un sistema biologico, come per esempio quello batterico. Il gruppo di ricerca, infatti, sta pianificando ulteriori esperimenti per esplorare i percorsi chimici che portano ai cambiamenti strutturali nell’argento. L’obiettivo finale è di scoprire perché tale metallo funziona meglio di altri materiali come superficie antibatterica e di applicarlo anche come sensore ottico in ambito alimentare. |