LA GIUSTIZIA? E’ UNA FARSA! VIENE ASSOLTO “PER NON AVER COMMESSO IL FATTO” FINANCHE CHI HA CONFESSATO
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“Polpetta” per Maresca: Cesaro a rischio manette
L’ossimoro del centrodestra. Il pm anticamorra Catello Maresca, sotto scorta per le minacce di morte del clan dei Casalesi, candidato sindaco di Napoli a capo di una coalizione dove è un punto di riferimento, nell’ombra, la macchina dei consensi del senatore di Forza Italia, Luigi Cesaro, inseguito da inchieste e richieste di arresto per collusioni camorristiche. “Non salirò mai su un palco con lui”, la risposta tranchant di Maresca a una domanda del quotidiano Domani. Un pochino più sfumata la risposta, rilasciata in una successiva intervista al Mattino, a una domanda sull’eventuale imbarazzo a stare nello stesso schieramento di Cesaro: “Non posso nutrire alcun imbarazzo per qualcosa che non esiste e non potrà mai esistere”. Che sembra quasi invitare Cesaro a uscire da Forza Italia, una casa dove il senatore abita da più di venti anni. Mentre il magistrato c’è appena entrato come ospite. Civico.
Non è semplice stare appresso a tutte le inchieste che hanno colpito (i) Cesaro. Dell’ultima c’è stato un recente sviluppo: il Senato ha autorizzato l’utilizzo di 6 intercettazioni contro Luigi ’a purpetta, estrapolate da un’indagine della Dda di Napoli sulle infiltrazioni del clan nel comune di Sant’Antimo. Il nastro va riavvolto al giugno 2020, quando furono arrestati (di nuovo) i fratelli Aniello e Raffaele Cesaro (già sotto processo per altra inchiesta del 2017 che pure toccò Luigi) e fu arrestato per la prima volta l’altro fratello Antimo. Mentre per Luigi Cesaro, anche lui indagato di concorso esterno in associazione camorristica, il gip Maria Luisa Miranda decise di non decidere sulla richiesta di arresto in carcere. Preferì chiedere prima al Senato un chiarimento sull’utilizzabilità di alcune intercettazioni indirette del parlamentare. Di quelle 28 conversazioni, ora gliene tornano indietro sei. In base alle quali provvederà sulla richiesta di arresto.
L’eventuale ordinanza verrebbe poi notificata al Senato per il consueto iter sull’accoglimento o meno che Cesaro conosce bene, non essendo la prima volta che gli capita. Finora, come nel 2014 per il Pip di Lusciano (fu poi prosciolto), o come l’anno scorso per un’accusa di corruzione della Procura di Torre Annunziata, il Riesame l’ha sempre annullata prima che la giunta per le autorizzazioni analizzasse il fascicolo.
Cesaro ha attraversato acquazzoni senza bagnarsi. Salvandosi anche con le guarentigie parlamentari o le modifiche giurisprudenziali sull’utilizzo delle intercettazioni. Come nel caso dell’inchiesta di Torre Annunziata su un progetto di housing sociale di Castellammare di Stabia sponsorizzato da Adolfo Greco, imprenditore del latte che negli anni 70 con altri due soci acquistò il Castello Mediceo a Raffaele Cutolo e nel 1981 accompagnò gli uomini dei servizi segreti nel carcere di Ascoli Piceno a trattare con il boss della Nco, la liberazione dell’assessore regionale Ciro Cirillo rapito dalle Br. Cesaro fu rinviato a giudizio – e assolto – nel maxi-processo ai cutoliani nel quale emerse che si era rivolto a donna Rosetta Cutolo per chiedere protezione. Ora i pm torresi lo accusano di aver ricevuto da Greco una mazzetta da 10 mila euro. Hanno intercettato l’imprenditore mentre dice “prepara diecimila, debbo fare un servizio…”. Intercettazione, come altre, inutilizzabile per il Riesame, perché proveniente da altra indagine su reati di camorra a carico di Greco. Il ricorso in Cassazione dei pm è stato accolto. Ma le motivazioni non sono ancora uscite, a distanza di mesi. Il tintinnio di manette è un rumore di fondo della vita di Cesaro. Ma è rimasto, per l’appunto, solo un rumore di fondo.
Ma l’ex sindaco assolto ha confessato
Quando un caso giudiziario diventa un caso politico, di solito va a finire che a farne le spese sono tanto la giustizia quanto la politica. Il caso Uggetti, per esempio. Si apre il 3 maggio 2016, quando viene arrestato il sindaco Pd di Lodi, Simone Uggetti, successore e fedelissimo del vicesegretario renziano del Partito democratico, Lorenzo Guerini.
Condannato in primo grado a 10 mesi per turbativa d’asta, ora è assolto in appello. Parte la consueta onda dei sedicenti “garantisti” che attaccano la magistratura e il “partito delle manette”, si scagliano contro la “barbarie del giustizialismo” e santificano Uggetti come vittima. A questo però si aggiunge – ecco la novità – la reazione di Luigi Di Maio (il Pd nel 2016 era concorrente dei 5 Stelle, oggi è alleato) che con una lettera al Foglio chiede scusa per la “gogna mediatica” a cui Uggetti fu sottoposto. Giuseppe Conte aggiunge che “riconoscere un errore è una virtù”, Chiara Appendino loda il suo “coraggio”, Stefano Buffagni arriva a proporre di candidare Uggetti nel collegio vacante di Siena, a titolo risarcitorio. Eppure il resto del M5S, rimasto ufficialmente in silenzio, è atterrito dall’ennesima inversione a U e dai toni feroci con cui Di Maio fa autocritica, arrivando a definire i comportamenti di allora come “grotteschi e disdicevoli”.
Ma i fatti, i nudi fatti, come si sono svolti, al di là delle qualificazioni giuridiche e delle altalenanti sentenze? L’arresto del sindaco, chiesto dal pubblico ministero in base a denunce e intercettazioni, fu concesso dal giudice perché Uggetti stava cercando di distruggere le prove e inquinare le indagini. Era accusato di aver truccato un bando d’appalto comunale per favorire un’azienda chiamata addirittura a partecipare alla stesura del bando: una gara self-service. Aveva poi fatto pressioni su una funzionaria del Comune, Caterina Uggè, che gli aveva detto che non se la sentiva di forzare le norme e poi era andata a denunciarlo. Quando poi lo avevano avvertito di essere sotto indagine, Uggetti si era presentato dal comandante locale della Guardia di finanza per chiedere un trattamento di favore. Non avendolo ottenuto, si era dato da fare per cancellare le prove dal suo pc e dal telefono: “Estrai tutti i documenti e formattali!”, ordina (intercettato). Non ci riesce e viene arrestato. Il gip scrive che il sindaco dimostra, nelle intercettazioni e nelle testimonianze, una “personalità negativa e abietta”, “proterva” e “spregiudicata”. Truccava appalti, intimidiva la funzionaria che non lo voleva assecondare, aveva a disposizione talpe che lo informavano sull’indagine, chiedeva un occhio di riguardo al comandante della polizia giudiziaria, provava a distruggere le prove. Dopo il suo arresto, i 5 Stelle chiedono che si dimetta da sindaco. E lui lo fa, anche perché ammette le sue colpe, confessa che sì, ha truccato la gara: ma solo per il bene della città, aggiunge a sua discolpa.
Tutta colpa della piscina di Guerini: Uggetti viola le leggi per cercare di aggiustare una situazione disastrosa creata dal suo predecessore. È il 2007 quando Guerini, allora sindaco di Lodi, lancia il progetto La Faustina, grande centro sportivo comunale con piscina coperta. Costo: 13,6 milioni di euro. È un bagno di sangue. Ci perde il Comune e ci perdono i privati coinvolti nell’operazione di project financing. La ditta costruttrice, la Iter coop di Lugo di Romagna, nel 2014 dichiara fallimento. A gestire La Faustina arriva la società Sporting Lodi, che chiude la stagione 2014-2015 con 500 mila euro di buco, che si aggiungono ai 350 mila della stagione precedente. È a questo punto che Uggetti cerca il modo per aggiustare le cose: lancia una gara (truccata) per la gestione delle due piscine scoperte Belgiardino e Concardi (che a differenza della Faustina rendono bene) e con un bando su misura la fa vincere alla Sporting Lodi, per compensarla delle perdite della Faustina. In primo grado, la sentenza ritiene provata “l’esistenza del fatto antigiuridico e colpevole degli imputati” e sostiene che “non vi è dubbio che Uggetti e Marini (il legale della società favorita, ndr) non solo abbiano interloquito illegittimamente tra loro per tutta la durata della procedura, dalla sua ideazione a oltre l’aggiudicazione, ma abbiano di fatto gestito e diretto l’intero sviluppo della stessa, fino a concordare addirittura il sistema per cancellare eventuali prove compromettenti”. Tutto puntualmente provato in diretta da intercettazioni e documenti e confermato dalla confessione di Uggetti. Il 25 maggio 2021, la Corte d’appello di Milano assolve perché “il fatto non sussiste”. Leggeremo le motivazioni della sentenza, per capire questa svolta. I fatti restano però quelli qui raccontati e ammessi dallo stesso Uggetti, che ora diventa un eroe, ingiustamente sottoposto a “gogna mediatica”. Cui ha partecipato, ammettendo le sue colpe.
FONTE: di Gianni Barbacetto | 29 MAGGIO 2021
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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