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Beatrice, la bimba nata sorda che sente con l’orecchio bionico
Una testolina ricoperta quasi per intero da bellissimi ricci castani, due occhi che brillano e una sorta di fascetta sulla testa che tiene uniti alle estremità due archetti neri. Tecnicamente si chiama “impianto cocleare” e al suo interno nasconde una tecnologia raffinatissima, che permette a Beatrice, la protagonista di questa storia, di sentire canzoncine, parole, consigli, i rimproveri di mamma e papà e qualsiasi altro suono percepibile da un essere umano. A luglio Bea compirà quattro anni ed è nata sorda al Sant’Anna di Torino, il primo ospedale in Italia per numero di parti. Sorda e non sordomuta, una parola, quest’ultima, che è stata abolita dalla legge 95 del 2006 ma che ancora in tanti, purtroppo, utilizzano in modo errato. Sorda e non muta, perché Bea parla eccome. L’udito, invece, non ha mai funzionato, come spiega Chiara, sua mamma, che qualche anno fa ha creato su Instagram la pagina “La mia vita con Bea”, un diario digitale dove pubblica foto, video e didascalie che mostrano tutti i progressi della bambina. Uno spazio dove potersi confrontare e condividere, che punta a informare e allo stesso tempo sfatare i tanti luoghi comuni sulla sordità. “Pochi giorni dopo la nascita – racconta la mamma della piccola all’Agi – l’udito di Bea non rispondeva ai test. La diagnosi è stata “sordità profonda bilaterale”, vale a dire assenza di udito da entrambe le orecchie. Colpa del citomegalovirus, un virus ancora poco noto che durante la gravidanza ha “mangiato” le cellule che raccolgono i suoni, rendendo Bea completamente sorda”. Il calendario torna indietro alla calda estate del 2017. Dopo quindici giorni di ricovero al Sant’Anna, Chiara rientra finalmente a casa con la sua bambina, ma quello che dovrebbe essere un giorno di festa è solo l’inizio del calvario. A quaranta giorni dalla nascita è necessario eseguire una risonanza magnetica: il Cmv è un virus subdolo e non è da escludere che abbia creato altri guai. Purtroppo l’esame conferma una serie di danni, soprattutto localizzati nell’emisfero sinistro del cervello. I medici non si sbilanciano, la bimba è troppo piccola per capire quali saranno le conseguenze future. “È stato come essere travolti da un treno – ricorda Chiara – io e il mio compagno, Marco, non sapevamo più cosa pensare. Eravamo due giovani genitori con una bimba appena nata e già con così tante difficoltà. La notizia della sordità di Bea ci aveva distrutto, sapere che il virus aveva causato altri problemi è stato il colpo di grazia”. I giorni passano e presto i genitori notano che Bea muove a fatica la parte destra del corpo. In effetti la piccola utilizza quasi esclusivamente la mano sinistra, come se si dimenticasse dell’altra. Stavolta in ospedale non hanno dubbi: è una emiparesi del lato destro del corpo. Sono trascorsi pochi mesi e per Bea sembra non esserci pace. Lei però, circondata dal silenzio assoluto, vola più in alto di tutto e di tutti. La sordità, le difficoltà motorie, le cartelle cliniche e le preoccupazioni di mamma e papà è come se non esistessero. Questo è il tempo di giocare, scoprire e sorridere. E Bea non vuole rinunciarvi. Dopo giorni bui e lacrime arriva finalmente una schiarita. La bimba, nel frattempo, viene seguita dal nido del Sant’Anna e, successivamente, dai medici dell’ospedale Martini. È qui che una dottoressa parla per la prima volta a Chiara e Marco dell’impianto cocleare, un sistema capace di ripristinare artificialmente la percezione uditiva. Un congegno complesso, composto da un’unità esterna – una sorta di microfono che raccoglie i suoni e li trasforma in impulsi elettrici – e da una parte interna – un ricevitore e un sistema di elettrodi che consentono al cervello di “leggere” i suoni e quindi renderli percepibili. I genitori di Bea non hanno dubbi e decidono che l’impianto può essere la soluzione giusta. “C’è chi lo chiama orecchio bionico – dice Chiara – a noi è sembrato quasi un miracolo, in effetti ad oggi l’udito è l’unico dei cinque sensi che può essere sostituito. Per sottoporsi all’intervento Bea doveva pesare almeno otto chili e così abbiamo aspettato fino all’età di otto mesi e mezzo per procedere con il primo impianto all’orecchio destro. L’operazione è andata bene e sette mesi dopo è stato operato anche l’orecchio sinistro”. Grazie alle sue orecchie bioniche, oggi Bea sente come gli altri bambini. Certo, i primi mesi senza udito hanno influito sulla qualità del linguaggio, ma grazie alle sedute dal logopedista i progressi sono all’ordine del giorno. E lo stesso sta avvenendo dal punto di vista motorio. “Tutti i traguardi sono arrivati in ritardo – osserva Chiara – Bea si è seduta per la prima volta a un anno, ha gattonato a un anno e mezzo e mosso i primi passi a due anni e quattro mesi. Ogni volta è stata una gioia immensa, con lei non sono mai esistite le vie di mezzo, o è tutto a colori o tutto nero”. C’è però dell’altro. Mentre i due ragazzi e la loro bimba cercavano di capire quale percorso seguire non cedendo allo sconforto, a creare ulteriori difficoltà ci ha pensato la burocrazia nostrana. Occorre fare una premessa: Bea è una bambina disabile e sempre lo sarà. L’impianto cocleare la aiuta ad avere una vita migliore, come avviene con le protesi o i by-pass coronarici, ma resta il fatto che per tutta la vita dovrà sottoporsi a visite mediche, fra cui i consulti periodici che monitorano l’elettricità presente nel suo corpo, così da prevenire qualsiasi forma di epilessia, a cui potrebbe essere soggetta. Il quadro clinico di Bea è chiaro e comprovato da una copiosa documentazione medica. C’è, però, chi sembra non averne tenuto conto. “L’Inps ha convocato me e Marco – spiega Chiara – per stabilire se davvero nostra figlia fosse disabile e quindi potesse accedere alla pensione di invalidità. La commissione medica Asl, inspiegabilmente, ha respinto la richiesta senza fornire alcuna spiegazione. I danni di Bea sono talmente evidenti che la decisione ci è sembrata assurda, era come se stessimo pagando pegno per tutte le dichiarazioni mendaci che ogni anno vengono presentate in Italia. Peccato avessimo dei motivi oggettivi per accedere all’invalidità, ne avremmo fatto volentieri a meno ma ci spettava. Sono stati giorni terribili – aggiunge Chiara – anche perché eravamo già stremati per i problemi di salute di nostra figlia. Abbiamo raccolto le forze e contattato un avvocato, alla fine ce l’abbiamo fatta e la commissione ha ribaltato la decisione”. Nonostante il buon esito, Chiara non ha dimenticato. “La legge italiana sul tema è ferma agli anni Settanta, basti pensare che per l’accertamento della sordità serve aspettare che sia trascorso il primo anno di vita, quando con le tecnologie attuali abbiamo saputo che Bea era sorda prima che compiesse un mese. È un sistema arcaico, che andrebbe svecchiato. Noi siamo riusciti a far valere le nostre ragioni, ma mi chiedo cosa succede a chi non ha possibilità economiche e strumenti per intraprendere una battaglia legale”.
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)