Aversa, “Per ogni donna”: Donne ingiustamente internate
Aversa– Salve a tutti i lettori che anche oggi seguono la rubrica “ Per ogni donna”, nata da un’idea di Speranza Anzia Cardillo, dottoressa in giurisprudenza e criminologa. L’argomento trattato oggi riguarda le “ Donne ingiustamente internate”. È un tema molto toccante e doloroso perché tante donne hanno subito questa grande ingiustizia. Ciò accedeva per lo più nelle epoche passate e il dato veramente allucinante era che molte di loro entravano in manicomio sane per poi ammalarsi all’interno della struttura per le pratiche invasive che erano costrette a subire . Tra gli interventi di oggi sull’argomento non solo quello del sociologo Luca Cacciapuoti ma anche della giornalista e autrice Carla Caputo, che si è spesso occupata della poetessa Alda Merini
Intervento della dottoressa Speranza Anzia Cardillo.
La donna per ottenere alcuni diritti ha dovuto lottare moltissimo nel corso dei secoli . Rispetto ad alcuni diritti, importanti battaglie furono già vinte alla fine dell’ottocento. I diritti da conquistare, infatti ,erano tanti. Alla donna era negato il voto, l’inserimento alla pari dell’uomo nel mondo del lavoro, il diritto ad essere rispettata all’interno della famiglia. Questo per dire che non bastavano determinazione e singole rivolte, ma è stato necessario un lungo lavoro di vere e proprie rivoluzioni da condurre nel corso di tante generazioni. La condizione più penosa che la donna viveva, oltre che nella società, era proprio all’interno della famiglia, nella quale la sua soggezione era davvero marcata. Era considerata come un essere inferiore che non aveva nemmeno il diritto di esprimere una propria volontà ma accettare passivamente quella degli altri componenti della famiglia. Se si rifiutava di farlo rischiava anche l’Internamento. Ciò poteva avvenire anche per motivi banali come quello di trasgredire un ordine imposto o un atteggiamento tutt’altro che remissivo . Questo accadeva sicuramente nell’Ottocento, epoca in cui una tale pratica era rafforzata da una causa concomitante: il recesso del diritto del singolo individuo di fronte all’interesse della collettività. La sanità aveva certamente natura sussidiaria rispetto ad altri settori dell’amministrazione. La stessa psichiatria era istituzionalizzata come misura di sicurezza sociale e a farne le spese furono soprattutto le donne.Il percorso di rivoluzione femminile, volto ad ottenere il riconoscimento dei suoi diritti e una collocazione più dignitosa in ambito sociale, subisce una battuta d’arresto durante le due guerre. Intanto, dopo l’amara parentesi fascista (durante la quale si registrano ancora più casi di donne internate) e con l’introduzione del codice del 1948 ci furono molti cambiamenti, che riguardavano non solo la figura femminile ma anche la sfera manicomiale. Una pietra miliare in questo senso é rappresentata dall’art. 32 della Costituzione repubblicana che ha il merito, rispetto alla prassi precedente, di dare valore alla volontarietà e libertà di cura . Delle vere e proprie riforme si ebbero solo a partire dagli anni ‘50, quando giuristi, medici, amministratori comunali e provinciali iniziarono a modificare alcune norme per adeguare l’ordinamento giuridico alla nuova realtà politica. Tuttavia la riforma procedeva molto a rilento fino al 1978, anno molto significativo in questo senso. Gli anni ‘60 furono caratterizzati, infatti, da tanti episodi di repressione e di internamento di donne anticonformiste che seguirono l’ondata di ribellione di quel periodo. In seguito, invece, tante furono le trasformazioni culturali e normative nel cui contesto va inserito il nuovo approccio alle patologie psichiatriche. Alla luce di questi cambiamenti, la donna e i soggetti di diritto in generale sono valutati innanzitutto sotto il profilo della dignità umana.
Video intervista al sociologo Cacciapuoti
Intervista a Carla Caputo (giornalista) su Alda Merini
Video Caputo 1
Video Caputo 2
Video Caputo 3
Video Caputo 4
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