Dimmi come aliti e ti dirò chi sei: il respiro nella comunicazione extraverbale
Non è casuale che il poter respirare è il primo atto di chi affaccia alla vita.
Quasi tutti i genitori hanno vissuto l’esperienza della nascita di un figlio. Sono rimasti in ansia in quei secondi che portano all’espulsione del feto. Sono momenti che si vivono con preoccupazione molto intensa e che per fortuna, nella gran parte dei casi, si concludono con un grido di gioia. Infatti, se l’atto espulsivo si protrae oltre il normale può subentrare una asfissia neonatale con conseguenze che possono essere disastrose.
Molte tecniche di rilassamento conferiscono importanza alle modalità di respirazione .Basta ricordare la pratica Yoga. Infatti, il respiro prende il nome di Prana, che in Sanscrito significa anche vento, vita, forza, energia. L’unione di Prana e di Ayama (=lunghezza, espansione) dà il Pranajama. Questo termine significa lungo respiro, generatore della vita.
Esiste un rapporto stretto tra respiro ed emozioni in grado di fornirci notizie utili sulle nostre caratteristiche psicologiche. Per esempio, uno stato ansioso, di preoccupazione o anche di paura tende ad accorciare il respiro. Uno stato di gioia, di serenità tende ad allungarlo. L’allungamento o accorciamento sono in stretto rapporto con l’atteggiamento psicologico. Così un soggetto introverso vive più intensamente un momento di ansia ed il respiro sarà più corto rispetto ad un tipo estroverso. Un momento di gioia è accompagnato da un respiro più lungo negli estroversi, un po’ meno negli introversi.
Inoltre, esiste una strettissima relazione tra come si respira ed il tono della voce o il volume della voce. Una comunicazione ottimale presuppone che il respiro sia sempre lo stesso accompagnato dallo stesso tono di voce.
Con questi presupposti le parole pronunciate raggiungono più facilmente il loro obbiettivo sull’interlocutore. Ciò spiega un fenomeno ricorrente.
Se un soggetto normalmente ha un tono di voce moderato con tono non troppo alto o troppo basso, avverte un disagio a colloquiare con chi, viceversa, ha un tono di voce alta ed un respiro veloce. Gli attori conoscono molto bene questa tecnica di comunicazione adattando bene il respiro ed il tono della voce ai diversi momenti della recitazione. Solo così riusciranno a suscitare delle emozioni giuste ed efficaci nell’ascoltatore. In ultima analisi possiamo affermare che anche questo linguaggio extraverbale, il respiro, è in grado di parlarci del nostro vissuto aiutando l’interlocutore ad inquadrare meglio la personalità.
(di Antonio Valentino * Già Professore di Anatomia II Università di Napoli – Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)