Renzi chiarisca i suoi rapporti con il principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammed Bin Salman e tronchi la collaborazione con la fondazione Future Investment Iniziative”. Arriva da Pd, M5S e Sinistra italiana la richiesta di chiarimenti al leader di Italia viva Matteo Renzi. A riaccendere le polemiche la pubblicazione da parte dell’amministrazione americana del rapporto della Cia con le prove del coinvolgimento del principe saudita nell’omicidio del giornalista del Washington Post Jamal  Khashoggi. “Matteo Renzi aveva detto che dopo la crisi avrebbe chiarito i suoi rapporti con l’Arabia Saudita e il ‘grande principe ereditario’. Ci ha pensato Joe Biden. Chiarire ora non è solo questione di opportunità, ma di interesse nazionale”, scrive tra gli altri l’ex ministro del Sud e dirigente del Pd, Peppe Provenzano. Ma la polemica monta per tutto il giorno e alla fine l’ex premier risponde.

Nella sua Enews Matteo Renzi scrive: “Intrattenere rapporti con un Paese come l’Arabia Saudita è giusto e necessario, perché è un baluardo contro l’estremismo islamico ed è uno dei principali alleati dell’Occidente da decenni”. Poi, rispetto all’omicidio del giornalista Khashoggi, aggiunge: “Ho condannato già tre anni fa quel tragico evento. Difendere i giornalisti in pericolo di vita è un dovere per tutti, così come difendere la loro libertà”. Le accuse di Pd e M5S, quindi, per il leader di Italia viva sono un espediente “per coprire le difficoltà interne italiane e per giustificare un’alleanza dove – come spesso accaduto a una certa sinistra – si sta insieme contro l’avversario e non per un’idea”.

Il Pd: “Renzi spieghi i suoi rapporti con l’Arabia Saudita”

Nel Pd sono state molte le voci intervenute contro Renzi. Il vicepresidente dei deputati dem, Michele Bordo, attacca: “Renzi ci dica anche se è ancora convinto che in Arabia Saudita sia in atto un nuovo Rinascimento e che il principe ne sia addirittura l’interprete. Da quello che emerge in queste ore non mi pare proprio. Verificheremo se sia il caso di assumere una iniziativa parlamentare: dobbiamo chiarire questa vicenda. Si tratta di un tema di sicurezza nazionale ed è utile che un senatore della Repubblica, che ha avuto un ruolo importante nella nascita di questo governo, chiarisca realmente i suoi rapporti”. E il dem Gianni Cuperlo aggiunge su Facebook: “Renzi aveva annunciato che, una volta archiviata la crisi di governo, avrebbe offerto le motivazioni di quella sua iniziativa. È opportuno che lo faccia. Se possibile presto”.

L’attacco di M5S e Sinistra italiana

Anche il Movimento Cinque Stelle incalza l’ex presidente del Consiglio. Gianluca Ferrara, capogruppo nella commissione esteri del Senato, rievoca l’omicidio di Khashoggi: “Roba degna del più buio Medioevo, altro che Rinascimento. Mentre Renzi andava in Arabia Saudita a tessere le lodi di un regime assassino, il governo di Giuseppe Conte e la Farnesina guidata da Luigi Di Maio bloccavano ogni vendita di armi verso quello stesso regime. Tra cui le bombe usate in Yemen che Renzi aveva deciso di vendere all’Arabia Saudita nel 2016″.

Ma a suscitare le proteste dei grillini è anche il modo in cui i tg della Rai hanno affrontato la questione. “Sorprende come tutti i telegiornali del servizio pubblico Rai, nel dare notizia del documento Usa che accusa il principe Bin Salman per il barbaro assassinio del giornalista dissidente Khassogi, abbiano accuratamente evitato di parlare delle gravi ricadute politiche interne di questa vicenda, legate ai rapporti tra Renzi e il sovrano saudita”, protesta Sabrina Ricciardi, capogruppo M5s nella commissione di Vigilanza Rai. “Su quei rapporti – prosegue – tutto il mondo politico italiano sta chiedendo chiarimenti. Ci auguriamo che un caso controverso come questo abbia lo spazio che merita sull’emittente pubblica”.

Dure anche le critiche di Nicola Fratoianni, sottosegretario di Sinistra italiana: “Renzi aveva promesso di rispondere sui suoi rapporti con quel regime dopo la fine della crisi di governo, è arrivato quel momento. Ora chiarisca per trasparenza e per dovere di onestà nei confronti dei cittadini italiani”.

Il leader di Iv e il legame con Future Investment Iniziative

Renzi fa parte del board della Future Investment Initiative,  il cuore del potere di Mohammed bin Salman, la vetrina che ha costruito per il mondo. Creata cinque anni fa, la Davos nel deserto (come è chiamata) ha puntato in questo periodo a portare nel regno i più importanti protagonisti della finanza e dell’economia mondiale, da Christine Largarde a Masayoshi Son per convincere il mondo del nuovo corso saudita: solo i fedelissimi hanno una poltrona nel Board o personaggi il cui prestigio internazionale serve ad elevare e legittimare il profilo del principe.

È gestita dal Pif, il fondo di investimento sovrano che è la longa manus del principe nel mondo della finanza e degli affari internazionali e che controlla buona parte dell’economia saudita. Qui Mbs ha fatto alcuni dei suoi annunci internazionali più importanti, dalla lotta all’Islam estremo all’investimento di miliardi di dollari in Neom, la cosidetta città del futuro. Non c’è altra piattaforma che il principe abbia usato nella stessa maniera per lanciare la sua immagine di riformatore devoto alla modernità e a un futuro diverso per il suo Paese: non a caso è qui che è stato evidente il ruolo di pariah che il principe si è guadagnato nella comunità internazionale dopo il delitto Khashoggi. Nel 2018, buona parte degli invitati disertarono l’evento proprio dopo l’omicidio del giornalista.

La protesta di Amnesty International

Intanto, anche i Verdi chiedono a Renzi di chiarire. Diverso, invece, il punto di vista di Amnesty International.  “Certamente è inopportuno essere invitati in forum internazionali che sono emanazione diretta della monarchia saudita e tacere sul sistema di violazioni dei diritti umani”, dice il portavoce Riccardo Noury. Che però aggiunge: va capito se “su una scala di gravità” è ancora più censurabile il comportamento dei “governi italiani che hanno intrattenuto rapporti politici ufficiali con l’Arabia Saudita, inviato armi fino al 2019 a un paese in guerra con lo Yemen, partecipato al G20 virtuale” oppure l’organizzazione di partite di calcio come la Supercoppa italiana. In Italia, conclude il portavoce di Amnesty, “è stato fatto a gara a chi blandiva di più l’Arabia Saudita, dimenticando i blogger frustati in piazza, gli attivisti per i diritti umani in carcere, i difensori per i diritti delle donne ed i giornalisti sotto attacco”.

La critica delle toghe di Md

“Legittimare un despota? E per un piatto di lenticchie?”. È con questo titolo che anche Questione giustizia, la rivista online delle toghe di Magistratura democratica, interviene duramente sul caso Renzi-Bin Salman. È il direttore Nello Rossi a firmare l’editoriale, con considerazioni estremamente critiche sul viaggio di Renzi. Il cui tono si capisce subito dal sommario che precede l’articolo. Scrive Rossi, toga oggi in pensione, ma ex procuratore aggiunto a Roma e avvocato generale in Cassazione: “Se l’Italia vuole conservare un accettabile grado di credibilità nel contesto internazionale, deve stringere un cordone sanitario intorno a sortite come quella “araba” di Matteo Renzi, ricordandogli che essere stato presidente del Consiglio comporta oneri anche quando si è cessati dalla carica e che essere parlamentari di una Repubblica democratica non è compatibile – eticamente e politicamente –  con l’adulazione dei despoti. Ne va della capacità del nostro Paese – ed è per questo che una rivista di magistrati ritiene di dover intervenire – di svolgere il ruolo cui ambisce, e nel quale ha profuso tante energie e risorse, di protagonista nella tutela dei diritti umani fondamentali nel mondo”.

(liana milella)