Governo Draghi, da autentici ‘tecnici’: tutti ‘neri e composti’, al giuramento come a un CdA
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Mario Draghi presta giuramento tre minuti prima delle dodici e l’anticipo sigilla – per gli ottimisti – il nuovo tempo che incombe.
Nel salone delle feste del Quirinale, prima fila distanziata, ricompare però il trio Brunetta-Gelmini-Carfagna.
Era dai tempi di Silvio unto del Signore che non facevano più gruppo assieme, ma l’esecutivo di salvezza nazionale, o anche dei “migliori”, ha dovuto subire, per via della forza gravitazionale della politica, un cambio di moto.
Quindi il nuovo tempo si è fatto vecchio, e il cambio di guardia ha subìto inaspettati innesti. Questo non vuol dire che delle novità e anche rilevanti non ci siano state.
Le mascherine, per la prima volta purtroppo a infierire sui volti, hanno coperto ogni segno di imbarazzo come di euforia, e il rito, efficientista nel tono e anche nella scenografia che non ha ammesso padri e madri e fratelli e mogli e figli al seguito dei neo ministri, ha attutito di molto il segno della festa e dato ritmo al cambio di passo.
Ci è sembrato di notare che solo Luigi Di Maio, autore di una bella tripletta ministeriale, fosse assai sollevato nell’umore tanto da essere l’unico vispo nella compagine che origina dall’emergenza e dunque risulta virtuosa per principio.
Cosicché, per esempio, sette delle otto ministre si sono presentate in tailleur con pantalone nero, e parevano tutte provenienti da Francoforte, dove ha sede la Bce, a confermare un già risolto clima tecnocratico dell’esecutivo.
“Ho trovato tanta bella gente”, ha detto Patrizio Bianchi, più sciolto dei colleghi, economista e accademico di gran corso alla guida dell’Istruzione. Proprio Bianchi è il segno vivente che il tempo è cambiato.
Ha saputo solo la sera precedente della nomina: “L’ho imparato ieri sera”, ha detto. È certo che il professore abbia voluto intenzionalmente incespicare nell’italiano e infatti nessuno ha obiettato perché questo resta pur sempre il governo dei migliori.
La cerimonia, comprensiva della foto di gruppo, è stata rapida, come succede nei consigli di amministrazione.
I grillini, che tre anni fa avevano raggiunto il Colle in pulmino e facendo una gran caciara, ora ne sono ridiscesi compostamente e silenziosamente nelle auto di servizio.
La delegazione cinquestelle, in blu con lievi approssimazioni verso l’azzurro, aveva appena confermato davanti a Mattarella il timbro neo-efficientista della squadra.
Tanto che Stefano Patuanelli, uno dei quattro salvati dalla selezione draghiana, si è presentato al tavolo del giuramento da neo ministro dell’Agricoltura recitando a memoria l’articolo della Costituzione.
Solo Elena Bonetti, la renziana che un mese dopo aver fatto gli scatoloni si trova a doverli riaprire e ritornare nel luogo esatto dell’abbandono, lo ha imitato. Gli altri hanno letto.
L’unico col trolley Vittorio Colao, anche l’unico a mettersi sull’attenti (per via della naja fatta come ufficiale dei carabinieri) al momento di giurare.
I tre leghisti (Giorgetti, Garavaglia e Stefani) enormemente riflessivi.
L’unica con le scarpe tigrate Fabiana Dadone, la più giovane del gruppo (37 anni contro un’età media di 55) destinata per competenza alle politiche giovanili.
Nota trasgressiva proveniente da sinistra: due cravatte rosse, una delle quali indossata da Andrea Orlando, delegato al Lavoro.
Nessuno ha incespicato, due hanno salutato con la mano sul cuore.
Uno solo, Roberto Cingolani, il fisico chiamato a guidare il neonato ministero della Transizione ecologica, è risultato essere nel cuore di due partiti e dunque, oggettivamente, in una sorta di comproprietà.
Infatti mentre su Facebook i grillini lo chiamavano “il nostro Elon Musk”, Matteo Renzi scriveva dell’antica amicizia che lo lega. Cingolani – colpito da tanto affetto – è rimasto in silenzio e amen.
Quando tutto è finito, nemmeno un’ora dopo, e a Roma si respirava una bella aria di neve, la Volkswagen station wagon di Draghi ha raggiunto palazzo Chigi.
Lo aspettavano Giuseppe Conte e la campanella per lo scambio di rito. Due minuti e nessun segno di emozione. Conte ha girato i tacchi e ha trovato la compagna Olivia Palladino ad attenderlo nel cortile.
Fanfara di saluto, ma anche gli imprevisti applausi dei dipendenti alle finestre. E così – almeno per quel battimani – il tempo vecchio gli sarà parso nuovo.
Poi però ad aspettarlo al cancello non più l’Audi presidenziale ma un’Alfa modestuccia e i lucciconi di Rocco Casalino.
(di Antonello Caporale – Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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