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Attualità

Nordio: “Via la legge Severino e i reati di abuso d’ufficio. Così usciremo dalla crisi”

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Nordio: “Via la legge Severino e i reati di abuso d’ufficio. Così usciremo dalla crisi”

di Simona Musco

Il Dubbio, 10 febbraio 2021

La ricetta per la giustizia secondo Carlo Nordio, ex procuratore aggiunto a Venezia. Prendere spunto dal codice di procedura civile tedesco. Sburocratizzare i concorsi e ridurre il potere dei Tar. E poi eliminare i reati di abuso d’ufficio e legge Severino.

È questa, secondo Carlo Nordio, ex procuratore aggiunto a Venezia, la ricetta per la giustizia. Un compito attualmente in mano al presidente incaricato Mario Draghi, che si trova ora a dover scegliere la sua squadra. Ma per Nordio, come spiega al Dubbio, non è importante il nome: l’importante è che il Parlamento agisca per trovare le soluzioni, un compito non difficile se si punta sui temi fondamentali per risollevare l’economia, tralasciando, per il momento, i temi divisivi.

Procuratore, qual è la ricetta per la giustizia?

Data la situazione di emergenza, oggi dobbiamo affrontare quelle che sono le urgenze che ci affliggono, la salute e soprattutto l’economia. Ho avuto l’onore di partecipare al coordinamento, per alcuni anni, dello studio dell’Ambrosetti House sui danni che provoca in Italia la lentezza della nostra giustizia civile. E la conclusione è che nessuno investe tranquillamente in un Paese dove vige una incertezza assoluta sulla esecuzione dei contratti e sull’adempimento delle obbligazioni e dove, in caso di contestazione, i processi durano mediamente il doppio o il triplo di quanto durino per il resto dei Paesi europei. Monetizzando concretamente questa lentezza, la stessa impatta negativamente all’incirca per due punti di Pil, una cifra enorme.

Da cosa dipende?

Sfatiamo intanto le fake news, come quella che i magistrati sono pochi: in realtà, mettendo insieme togati e onorari, ne mancano molti, ma non abbastanza da giustificare la lentezza della giustizia. E non è vero nemmeno che i magistrati lavorino poco: il nostro studio ha dimostrato che la produttività dei magistrati italiani è la più alta in tutta Europa. È vero, invece, che vi è una assoluta carenza di personale amministrativo: abbiamo ruoli che sono vecchi di 20 anni, coperti circa al 60- 70 per cento. Poiché un’ora di lavoro di un magistrato è come un’ora di volo di un pilota di guerra, che necessita di ore e ore di manutenzione del velivolo, un magistrato deve avere attorno a sé tutta una serie di attività collaterali per produrre che mancano. La seconda ragione è la complessità delle procedure. La modifica del codice di procedura civile ha portato a una normativa estremamente farraginosa, complessa, bizantina e quindi lenta. Hanno provato a rimediare con l’introduzione della telematica, a razionalizzare in modo manageriale la conduzione di alcuni uffici e ciò ha fatto alzare la produttività, ma siamo ancora un fanalino di coda per la complessità delle procedure.

Quale può essere la terapia?

Basterebbe riempire gli organici e magari aumentarli. Ma soprattutto vanno sburocratizzati i concorsi. Se per assumere un magistrato passano cinque anni dal momento del concorso, per assumere un cancelliere ne passano non molti di meno. Quindi servono percorsi molto meno burocratici e soprattutto regionali, per evitare poi la diaspora dei ricongiungimenti familiari. In meno di un anno avremmo grandissimi benefici, dando un segnale all’Italia e all’Europa di aver intrapreso una via virtuosa. E se la intraprendessimo, nell’arco di tre- quattro anni potremmo allinearci ai Paesi più rapidi.

Come si può, invece, semplificare la procedura civile?

Basta copiare il codice tedesco, che è molto più efficace, snello e duttile e i processi durano meno della metà che non da noi. Del codice tedesco mi sono piaciute soprattutto molte possibilità di riti alternativi, che da noi non ci sono, e poi la duttilità che hanno i giudici nel fissare le udienze a breve in modo orale, tralasciando la forma scritta, e grandi possibilità di conciliazione. In questo i tedeschi si sono dimostrati molto più organizzati, pragmatici e fantasiosi di noi.

Una buona fetta della giustizia civile è amministrata dai giudici onorari. Si può intervenire anche qui?

I Got vengono pagati a cottimo, causa per causa, senza garanzie, una situazione indegna, che andrebbe risolta.

Il Cnf, per deflazionare la giustizia civile, ha proposto al governo di aumentare i sistemi alternativi della volontaria giurisdizione. Può essere una strada?

L’idea è buona, ma noi abbiamo la capacità di complicare tutto e basti l’esempio, anche se nel penale, del rito abbreviato. È vero che dobbiamo affidarci a tutti i riti alternativi e alle forme di conciliazione, per esempio, o di giurisdizione volontaria, purché lo facciamo in modo molto pragmatico e quindi in modo molto rapido.

Passando al penale, attualmente sembra fuori agenda…

Il penale, da un punto di vista politico- filosofico, è sicuramente più importante, perché influisce sulla libertà e l’onore dei cittadini. E la situazione, attualmente, è catastrofica, molto peggio che nel civile. Il codice Vassalli è stato sfasciato, nessuno capisce più cosa sia e va rifatto da cima a fondo. C’è tutta una serie di abusi e di violazioni dei diritti individuali. Penso ad esempio al metodo di intercettazione, un vero abominio, alla custodia cautelare, che molto spesso viene abusata, e all’uso strumentale dell’informazione di garanzia o a riforme ancora più grandi, come la separazione delle carriere e la discrezionalità dell’azione penale che presumono, però, una riforma globale del codice e addirittura della Costituzione. Però ci vuole tempo e in questo momento il tempo non c’è.

E quindi cosa fare?

La parte penale che ha, in questo momento, maggiore incidenza sulla stasi della nostra economia e che può essere in pochissimo tempo modificata è quella relativa all’abuso d’ufficio e al traffico di influenze. Soprattutto l’abuso di ufficio, perché non c’è amministratore che non abbia paura di incappare, un domani, in una denuncia. I tempi si triplicano, nel migliore dei casi: si chiama amministrazione difensiva. Ma il risultato è la paralisi delle amministrazioni, che sono l’alter ego delle imprese. Sono anche favorevole, sempre nell’interesse degli amministratori, all’eliminazione immediata della legge Severino, che non serve assolutamente a nulla e confligge con la presunzione di innocenza che è prevista dalla Costituzione. Qualora il governo dovesse durare, potrebbe riformare in senso liberale tutto questo pasticcio che è il nostro codice di procedura penale e magari anche tirando fuori dal cassetto il codice penale della commissione presieduta da me, immeritatamente chiamato codice Nordio. Un buon codice, molto moderno e avveniristico, perché non considera più il carcere come elemento fondante della punizione.

Cambierebbe anche la giustizia amministrativa?

Ha lo stesso impatto negativo nei confronti dell’economia di quella civile: le amministrazioni sono paralizzate perché ogni atto amministrativo può essere impugnato davanti al Tar, il quale molto spesso indugia oppure concede una sospensiva e la sentenza arriva tempo dopo. Il risultato è un’assoluta incertezza. Ed è anche irrazionale e irragionevole che tre i giudici che hanno vinto un concorso interferiscano in scelte di alto valore politico.

Qual è il rimedio?

I Tar non vanno annullati, ma vanno resi tassativi gli atti amministrativi per i quali è ammissibile un ricorso. Quindi il ricorso al Tar, invece di essere la regola, come oggi, diventerebbe l’eccezione e dovrebbe essere riservata agli atti più importanti, ma non certo a quelli che per esempio esprimono una legittima valutazione politica come i Dpcm. Posso dire, personalmente, che li ritengo in gran parte illegittimi, perché solo una legge può limitare i diritti costituzionali. Ma eravamo in piena emergenza.

L’ex ministro Severino, assieme alla giudice Cartabia, è tra i nomi più accreditati per via Arenula. Quale sarebbe per lei la figura migliore?

Molto spesso viene enfatizzata troppo la figura del ministro della Giustizia, come se potesse essere il risolutore dei problemi. In realtà può complicarli molto, come ha fatto Bonafede, ma non può risolverli da solo. Un ministro della Giustizia può fare molti danni in poco tempo, ma in poco tempo non può risolvere da solo molte situazioni. Senza una convinzione politica non c’è ministro che tenga. Se si segue la traccia che mi sono permesso di indicare, le difficoltà non saranno molte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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