Covid-19: com’è cambiata la nostra vita e quali cambiamenti ancora potremmo subire
Il 2020 è stato sicuramente un anno difficile che un po’ tutti in Italia hanno dovuto affrontare perché il Covid 19 ha cambiato troppe cose.
Cerchiamo di fare un riassunto di quello che è successo, provando ad ipotizzare quello che succederà.
Ma ci sarebbero anche altri termini e/o parole che potrebbero essere citati tra cui, con sigle che resteranno a lungo nella memoria delle persone.
Ma lo scambio continuo di informazioni ha portato anche alla migrazione da un luogo all’altro di espressioni pri ma circoscritte solo ad alcune aree. È il caso di wet market: attestata fin dal 1978, era usata solo nel sud est dell’Asia per indicare i mercati di carne e pesce fresco.
Dopo l’individuazione del mercato di Wuhuan come punto di partenza dell’epidemia, il termine wet market si è rapidamente diffusa altrove, assumendo però un significato diverso: quello di mercato in cui si vendono illegalmente animali selvatici. Non è la prima volta, naturalmente, che un’epidemia raggiunge il livello pandemico. È la prima volta, però, che possiamo osservare così da vicino il suo impatto sulla lingua di tutti i giorni.
In passato, non solo i mezzi di comunicazione erano diversi ma era diversa anche la nostra capacità di raccogliere i dati. Oggi, possiamo seguire i flussi di diffusione di miliardi di parole nella rete in modo rapido e preciso.
Si è visto così che in aprile l’uso di coronavirus era arrivato a essere addirittura più frequente di una parola comune come time. Non è solo questione di singole parole, però. Ma anche, forse soprattutto, di rapporti.
Mentre nel 2019 le due parole più frequentemente affiancate a remote erano village e island, nel 2020 sono state learning e working. Sono entrati anche altri termini tra cui smart working e non solo, addirittura si è riscoperta la parola coprifuoco, neanche fosse scoppiata veramente una guerra.
Il governo Italiano ha continuato ad emanare tutta una serie di DPCM (decreti del presidente del consiglio dei ministri), anche se c’è da dire che purtroppo tali misure di chiusure hanno avuto anche effetti per così dire ritardati, la chiusura di un’attività per molto tempo, con riaperture più o meno parziali hanno sicuramente effetti molto molto pesanti su tutta quella che è l’economia.
Spesso si è puntato il dito contro il Governo che ha adottato misure che poi alla lunga non sono state sempre rispettate, le Regioni sono state addirittura colorate, una cosa che ha dell’incredibile, zona ‘rossa’, zona ‘gialla’, zona arancione. Sembrava che questa pandemia intorno alla scorsa estate si fosse allontanata ma poi proprio dopo l’estate stessa è ritornata prepotentemente in auge.
La chiusura degli stadi, con le partite a porte chiuse, di tutte le discoteche, la quasi impossibilità a svolgere una qualsiasi attività anche per svagarsi un po’ non è certamente digerita da tutti anche se non è azzardato dire che magari non tutti si sono sacrificati allo stesso modo. Certamente un vero e proprio stravolgimento delle relazioni c’è stato, a lungo andare gli effetti ci sono e ci saranno ancora per parecchio tempo, la parola o lo slogan ‘andrà tutto bene’ veniva ripetuto incessantemente più e più volte nelle tv, sui vari social, come passaparola ma poi è veramente stato così?
Difficile dirlo anche se si può dire che molte persone sono uscite più incattivite, con quest’ odissea di restrizione, con l’obbligo poi di menzionare persone che hanno perso un parente o comunque un persona cara nel giro di 20 giorni o un mese, ritrovandosela intubata all’interno del letto di un’ Ospedale, e magari non sapendo a quale santo votarsi.
Certamente il ridiffondersi di questa pandemia è dovuto a comportamenti in parte irresponsabili della maggior parte della cittadinanza, ma parlare di quello che è stato forse non ha neanche molto senso. Anche la chiusura delle scuole ha avuto e continua certamente ad avere effetti su quelle che saranno le future generazioni che ora lavorano con la DAD (didattica a distanza) dad, altro termine o sigla nuovo del quale fino a qualche anno fa se ne sarebbe ignorata certamente l’esistenza, certamente quest’azzeramento quasi totale dei rapporti umani non è facile per nessuno, anche se adattarsi a tutti questi cambiamenti talvolta quasi repentini può risultare anche per certi versi innaturale.
l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato l’epidemia di covid 19 una pandemia a livello globale. Da quando abbiamo cominciato a contarli, i casi di coronavirus nel mondo hanno superato quota 25 milioni (di cui quasi 18 milioni di guariti e oltre sei milioni di attualmente positivi) e causato oltre 855mila morti. Nonostante i dati allarmanti in alcuni paesi anche dell’Unione europea, secondo l’Oms però la pandemia di coronavirus starebbe finalmente cominciando a dare segni di rallentamento, in particolare nel continente americano. Nelle ultime tre settimane si sarebbero infatti registrati meno contagi in tutto il mondo, tranne che nel Sudest asiatico e nel Mediterraneo orientale. Soprattutto, secondo l’Oms, stanno significativamente calando i casi confermati negli Stati Uniti, al primo posto nel mondo per numero di contagi (quasi sei milioni) dall’inizio dell’epidemia. Stesso discorso per l’Africa, che ha avuto un calo dell’8,4% di casi e per l’Europa, con un calo minimo dello 0,9%. Ma mentre i paesi che hanno progressivamente allentato le misure restrittive si interrogano su come riprendere una ‘nuova normalità’ in attesa del vaccino (la riapertura delle scuole è al momento uno dei temi più dibattuti, e non solo in Italia), il timore di una recrudescenza dell’epidemia è un pensiero costante, che frena la ripresa economica e accresce gli interrogativi per il domani.
Diversi psicologi ed esperti si sono espressi in merito e hanno paragonato il trauma del Coronavirus a quello che i nostri nonni o bisnonni hanno subito durante la guerra. È una situazione che ti stravolge la vita e non permette a noi esseri umani di mettere un semplice punto e girare pagina, dimenticando tutto ciò che abbiamo passato.
Man mano che abbiamo abbandonato le nostre abitudini e la nostra libertà per garantire la sicurezza di tutti, abbiamo creato dei piccoli tasselli che sono incastonati nostra mente e che difficilmente andranno via.
Quando tutto passerà e sentiremo parlare di Coronavirus, molti di noi faranno un salto indietro nel tempo e rivivranno ciò che sta succedendo in questi giorni.
L’intero globo è stato investito da una piaga che sembra la trama di un film fantascientifico che introduce un’apocalisse di zombie o una conquista della Terra da parte degli alieni.
Ma è tutto reale. Fortunatamente non ci sono orde di zombie pronte ad invadere le strade, ma il virus fa lo stesso paura e il fatto che sia invisibile lo rende ancora più temibile, senza contare che pare ci sarebbero ancora delle mutazioni dello stesso covid o coronavirus, qualcuno lo ha ribattezzato ‘variante inglese’.
Quando tutto questo sarà finito, tutti saremo profondamente cambiati e “tornare alla vita di prima” non sarà possibile.
Questa crisi ci ha spinto a riflettere su tutte le cose che ritenevamo normali o semplici, come uscire per fare la spesa, andare a prendere una pizza con gli amici, e ci ha fatto capire che in determinate condizioni non sono né scontate, né tantomeno facili da realizzarsi.
Un po’ come i reduci di guerra, noi saremo la generazione che verrà cambiata dal virus e che avrà il compito di tenere viva questa memoria per evitare che una situazione del genere possa verificarsi di nuovo in futuro.
Di certo l’arrivo dei vaccini potrebbe accrescere una certa sicurezza, anche se al momento è tutto sperimentale, di certo sarebbe giusto se non opportuno che molte persone si vaccinassero, in particolare le cd ‘fasce deboli’ ossia bambini ed anziani, anche se son sorte delle polemiche anche per quel che riguarda i vaccini. Coloro che non si vogliono vaccinare ( e ci sono….) sono stati ribattezzati i NOVAX, altro termine praticamente nuovo che entrato prepotentemente nel nostro vocabolario italiano che spesso faceva incetta di termini inglesi, ma che di tutto quest’allarme sanitario non se ne sentiva certamente il bisogno.
E’ difficile prevedere anche gli scenari di quello che accadrà, la convivenza con questo virus non è affatto facile, alcune cose sono diventate più difficili come l’accesso negli uffici o anche andare semplicemente al bar, attività di ristorazione che hanno dovuto chiudere e far fronte a delle sanificazioni che sono state fatte, non entriamo nel merito su come siano state effettuate, ma certamente ha provocato degli stravolgimenti o per meglio dire degli ‘appesantimenti ‘ sulle attività (come detto la ristorazione ma non solo) che sono costrette magari a fare una mole di lavoro maggiore per cercare di far fronte alla situazione pandemica.
Per non parlare poi del turismo fare un viaggio è diventata una vera e propria impresa, diamo qualche dato che potrebbe far capire come e cosa sta succedendo, nonchè quello che potrebbe, succedere: ben 173,5 milioni di presenze e oltre 48 milioni di arrivi con una contrazione rispettivamente del 52,5% e del 51,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: li avrebbe già bruciati l’emergenza Coronavirus soltanto nei primi otto mesi del 2020 come emerge da una stima a consuntivo dell’Istituto Demoskopika che l’ANSA pubblica in anteprima.
In picchiata anche gli incassi comunali dell’imposta di soggiorno: oltre 211 milioni di euro. Sforbiciata di ben 16 miliardi di euro di spesa turistica, con quasi la metà, pari a 7,2 miliardi, concentrata in Veneto, Toscana e Lombardia che presentano un tasso di internazionalizzazione dei sistemi turistici ben al di sopra del 50%.
Anche se ci sono stati cali in tutta Italia a livello complessivo sono 5 i sistemi turistici regionali più colpiti: Veneto, Sicilia, Toscana, Lombardia e Lazio. Secondo Demoskopika il Veneto, con un tasso di internazionalizzazione pari al 65,3%, avrebbe ridotto gli arrivi di 9,3 milioni (-63,3% rispetto al 2019) e le presenze di 35,6 milioni (-65,1% rispetto al 2019). A seguire, in valore assoluto, Lombardia con una contrazione pari a 6,6 milioni di arrivi (-55,8%) e 16,4 milioni di presenze (-57,4%), Toscana con una riduzione pari a 6,1 milioni di arrivi (-59,2%) e 21,7 milioni di presenze (-60,7%), Lazio con una riduzione pari a 4,8 milioni di arrivi (-54,7%) e 15,2 milioni di presenze (-55,8%) e l’Emilia Romagna con una riduzione pari a 4,6 milioni di arrivi (-52,4%) e 18,1 milioni di presenze (-55,6%). In chiave percentuale è la Sicilia a presentare tra i “conti più salati”, preceduta solo dal Veneto: -2,2 milioni di arrivi e – 6,8 milioni di presenze con un calo rispettivamente pari al 59,9% e al 61% rispetto ai primi otto mesi del 2019. Il Veneto, purtroppo, è in testa anche per il decremento stimato della spesa turistica: 3.272 milioni di euro. Seguono, con sforbiciate rilevanti dei consumi in “viaggi e vacanze”, Toscana con 2.130 milioni, Lombardia con 1.784 milioni, Emilia-Romagna con 1.609 milioni, Lazio con 1.513 milioni e Trentino Alto Adige con 1.165 milioni.
Il Coronavirus ovviamente si è abbattuto anche sulle finanze comunali. Nei primi 8 mesi del 2020 le casse degli enti locali hanno subito una corposa sforbiciata dell’imposta di soggiorno a più di 211 milioni di euro. In particolare, sul podio delle casse più “prosciugate” per l’imposta di soggiorno si posizionano principalmente i Comuni di quattro realtà regionali: Lazio, Veneto, Lombardia e Toscana. Nel Lazio, infine, con una parte più che rilevante legata a Roma Capitale, i Comuni registrano una flessione degli incassi quantificabile in oltre 53 milioni di euro immediatamente seguiti dagli enti locali del Veneto che hanno registrato mancati incassi per 37,5 milioni euro.