‘Revenge Porno’: le norme che disciplinano il nuovo reato e soprattutto le conseguenze
Il presente articolo si propone di dare una spiegazione giuridica del fenomeno comportamentale definito ‘Revenge Porn’ (in italiano, ‘vendetta porno’), il quale si realizza con la diffusione, da parte del soggetto attivo, di immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, senza il consenso della persona rappresentata e con lo scopo di arrecarle un danno psico-fisico.
L’autore prende posizione su elementi dibattuti in dottrina, primo fra tutti la collocazione sistematica della norma all’interno del codice penale, con la finalità di fornire utili spunti di riflessione.
Introduzione sul revenge porn
Il termine ‘Revenge Porn’ (anche ‘Revenge Pornography’), traducibile nella nostra lingua con i termini “vendetta porno”, “vendetta pornografica” o “porno vendicativo”, indica la condotta penalmente rilevante consistente nella diffusione di materiale (immagini o video) a contenuto sessualmente esplicito senza il consenso della persona raffigurata e con l’intenzione di creare alla stessa un danno o un disagio psico-fisico.
Come si può facilmente intuire, il termine è stato mutuato dalla legislazione inglese, che per prima lo previde come reato attraverso la ‘Section 33 of the Criminal Justice and Courts Act 2015’, prevendo una pena di reclusione non superiore a 2 anni.
La norma inglese merita di essere trascritta, perché rappresenta, a mio avviso, la formulazione legale sulla quale sono stati modulati i corrispondenti illeciti penali, creati dai vari ordinamenti giuridici stranieri, tra i quelli quello italiano; ed effettivamente, i due presupposti indefettibili per la configurazione dell’illecito, ovvero: la divulgazione di immagini o video a contenuto sessualmente esplicito senza il consenso della persona raffigurata e l’intenzione di creare alla vittima un disaggio, saranno presenti anche nella disposizione penale italiana corrispondente.
Nonostante i numerosi casi di ‘vendetta pornografica’, che molte volte si sono conclusi con il suicidio della vittima a causa del grave disagio psichico che aveva subìto, l’ordinamento giuridico penale italiano non prevedeva (fino ad Agosto del 2019) nessuna norma penale che fosse in grado di punire il reo colpevole di condotte qualificabili come ‘Revenge Porn’.
Questi casi, dunque, erano sanzionati facendo riferimento alle norme penali riguardanti: la diffamazione (articolo 595 Codice Penale), utilizzata per tutelare la reputazione altrui, l’estorsione (articolo 629 Codice Penale), destinata a punire la condotta di chi utilizza il materiale a contenuto sessualmente esplicito al fine di ottenere un profitto ingiusto, la violazione della privacy (articoli 167, 167-bis, 167-ter, Decreto Legislativo 2003/196), destinati a punire il trattamento illecito dei dati, la comunicazione e diffusione illecita e l’acquisizione fraudolenta dei dati personali oggetto di trattamento su larga scala.
Il vuoto legislativo fu colmato con l’introduzione dell’articolo 612-ter Codice Penale (Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti) per effetto dell’articolo 10, L. 19.07.2019 n. 69 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere – c.d. Codice Rosso), a decorrere dal 9 agosto del 2019.
Comma 1°
«Articolo 612-ter – (Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti).
- Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000.
Clausola di riserva
La disposizione si apre con la clausola di riserva «salvo che il fatto costituisca più grave reato», con la quale il Legislatore individua quale norma debba prevalere nel caso in cui lo stesso fatto illecito comporti una lesione di più norme penali (concorso di reati).
Pertanto, in ossequio della clausola di riserva, è ammissibile applicare una norma penale diversa, la quale sia in grado di punire in maniera più grave una fattispecie penale di maggiore gravità, rispetto alla norma ex 612-ter Codice Penale; ad esempio, si pensi alla norma penale (più grave) dell’estorsione (articolo629 Codice Penale), che prevede una pena base non superiore a dieci anni, quando la trasmissione di materiale a contenuto sessualmente esplicito sia strumentale per l’ottenimento di denaro o altre utilità.
Soggetto attivo
In relazione al soggetto attivo, il primo comma indica chiaramente che il fatto di reato può essere commesso da «chiunque», non richiedendo pertanto, ai fini della configurabilità del reato, che il soggetto attivo abbia determinate qualità o sia legato da particolari relazioni con la persona offesa (reato comune).
L’espressione «dopo averli realizzati o sottratti» precisa, a sua volta, che il soggetto attivo del reato possa essere sia chi abbia realizzato in prima persona il materiale audio-visivo a contenuto sessualmente esplicito, il quale a sua volta può aver partecipato direttamente alla scena sessuale o può essersi limitato a riprenderla, sia chi abbia sottratto il materiale privato contro la volontà del legittimo proprietario, rivestendo il carattere di un soggetto esterno rispetto ai soggetti della scena rappresentata.
La condotta
La norma in esame specifica, inoltre, la condotta che il soggetto attivo dovrà tenere concretamente affinché si qualifichi la fattispecie criminosa, distinguendo cinque modalità comportamentali alternative: l’invio, la consegna, la cessione, la pubblicazione o la diffusione delle immagini o video a contenuto sessualmente esplicito.
È facilmente intuibile un diverso grado di pericolosità, a mio avviso, tra le prime tre modalità (invio, consegna e cessione), le quali fanno riferimento ad un contatto diretto tra il soggettivo attivo ed un altro soggetto determinato (o altri determinati), e le ultime due modalità (pubblicazione e diffusione), le quali rievocano, invece, significati vicini al mondo dei social network e della ‘viralità’, e pertanto destinati a riferirsi a rapporti tra categorie di soggetti indeterminatiIl consenso
La norma chiarisce che le condotte fin qui esaminate integrano la fattispecie delittuosa, salvo che la persona rappresentata non abbia prestato il proprio consenso al trattamento dei contenuti che la riguardano.
Il consenso della persona rappresentata nei video o nelle immagini a contenuto sessualmente esplicito è, pertanto, fondamentale ai fini dell’invocazione dell’assenza di responsabilità penale.
È necessario sottolineare che il Legislatore richiede il consenso e non il dissenso da parte della vittima. Questo è un elemento di estrema importanza ai fini della tutela penale della vittima, in quanto laddove il Legislatore avesse richiesto il ‘dissenso’, e cioè una preventiva manifestazione di contraria volontà alla trasmissione del materiale sessualmente esplicito, sarebbe stato sufficiente il silenzio della vittima per legittimare il soggetto attivo a trasmettere il materiale, rimanendo dunque impunito; si pensi, ad esempio, alla circostanza non insolita in cui il contenuto audio-visivo sia prodotto all’insaputa della vittima.
Elemento soggettivo
In relazione all’elemento oggettivo, è chiaro che il Legislatore punisce la condotta illecita ex comma 1° a titolo di ‘dolo generico’, applicando la pena per il sol fatto di aver posto in essere la condotta illecita, senza dare rilevanza a quelle che possono essere ‘ulteriori’ finalità che il reo abbia intenzione di raggiungere. Secondo lo schema del dolo generico, dunque, non rileverà ai fini del rimprovero di colpevolezza, che il soggetto attivo abbia posto in essere la condotta delittuosa con la finalità di creare un danno psichico alla vittima o semplicemente con finalità ludiche o di vanto; basterà aver posto in essere la condotta tipicizzata dalla norma, affinché si integri il reato in questione.
Sicuramente punire questa condotta a titolo di ‘dolo generico’ assicura una protezione e una tutela maggiore nei confronti della vittima, ma tradisce concettualmente lo schema del ‘Revenge Porn’, il quale prevede che la l’agente ponga in essere la condotta delittuosa con la finalità ulteriore di creare nocumento alla vittima.
Credo, infine, che la volontà di raggiungere ulteriori finalità, debba essere tenuta in considerazione dal giudice nel momento della commisurazione della pena, comportandone una diminuzione o aumento a seconda della gravità della finalità che si desidera raggiungere.
Il carattere sessualmente esplicito
Un ulteriore elemento di perplessità è l’espressione «a contenuto sessualemente esplicito», la quale appare molto generica e, dunque, potenzialmente capace di lasciare un ampio potere discrezionale al giudice nella qualificazione del materiale audio-visivo che integri o meno questa qualità, in contrasto, pertanto, con i principi di riserva di legge e di sufficiente determinatezza e tassatività, corollari del più ampio principio di legalità ex articolo 25 Costituzione.
Per ricondurre a legittimità la norma in esame, si potrebbe tentare di risolvere i dubbi contenutistici, facendo riferimento all’articolo 609-bis Codice Penale (violenza sessuale), il cui concetto di ‘atti sessuali’ è il risultato dei concetti di ‘congiunzione carnale’ e ‘atti di libidine’, ed infatti con il termine ‘atto sessuale’ ex articolo 609-bis Codice Penale non si intende solamente la compenetrazione carnale, ma anche qualsiasi atto idoneo a soddisfare il piacere o suscitarne lo stimolo. Secondo questa ricostruzione, il materiale audio-visivo avrebbe un contenuto ‘sessualmente esplicito’ sia quando contiene immagini raffiguranti il momento di congiunzione carnale tra due persone, sia quando contiene immagini riguardanti il toccamento di parti intime o ‘erogene’ anche se coperte dai vestiti
Onestamente, credo che anche questa soluzione sia troppo espansiva dell’area del penalmente rilevante, in quanto tradisce le aspettative contenute nell’aggettivo «esplicito» relativo ai contenuti sessuali del materiale audio-visivo.
Non resta, dunque, altra strada che quella di affidarsi all’opera dell’interprete, facendo attenzione a non cadere in un secondo errore, ovvero ancorare il significato di ‘contenuto sessualmente esplicito’ esclusivamente a concezioni morali ed etiche, finendo così per assegnare più ampio o più ristretto a seconda della ‘moralità’ personale dell’interprete.
Comma 2°
È, tuttavia, in relazione al comma 2° che si concretizza il concetto di ‘Revenge Porn’.
Questo comma, di identico contenuto rispetto al precedente, si differenzia, però, in relazione all’elemento soggettivo e al soggetto attivo del reato.
Articolo 612-ter, co.2 – La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento».
Il soggetto attivo contemplato dal comma 2°, rientra nella categoria dei c.d. ‘secondi fornitori’, ovvero, coloro che non hanno realizzato in prima persona il materiale audio-visivo né lo hanno sottratto al legittimo proprietario, bensì lo hanno acquisito a qualsiasi titolo: dal soggetto che lo ha realizzato o sottratto, da altri ‘condivisori’ o direttamente dalla vittima (c.d. sexting)[9], provvedendo a loro volta a trasmetterlo ad altri soggetti.
Il comma in esame, inoltre, configura la responsabilità penale a titolo di “dolo specifico”, richiedendo che la condotta penalmente rilevante ex articolo 612-ter Codice Penale sia finalizzata a creare un danno o nocumento alla vittima, non rilevando, dunque, ai fini della disposizione in esame, la condotta illecita senza ulteriori finalità o per finalità diverse dalla creazione del nocumento.
A mio avviso, il comma in esame, pur rispettando concettualmente la condotta di ‘Revenge Porn’, appare contraddittorio, in quanto elimina dall’area del penalmente rilevante, in maniera del tutto ingiustificata, quelle condotte di trasmissione di materiale audio-visivo sessualmente esplicito compiute con finalità diverse dal creare nocumento alla vittima, ad esempio per ragioni ludiche o per motivi di vanto e cionondimeno ugualmente lesive della dignità della vittima.
Quale tutela apprestare, dunque, nei casi in cui la condotta illecita venga posta in essere in assenza della finalità lesiva?
Sembrerebbe che la condotta di chi, avendo acquisito a qualsiasi titolo il materiale a contenuto sessualmente esplicito, lo trasmetta ad altri senza il consenso della vittima, perseguendo finalità diverse dal creargli un danno, vada punito facendo riferimento alle stesse fattispecie penali che erano prese in considerazione prima dell’introduzione dell’articolo 612-ter Codice Penale per punire le condotte di ‘porno vendicativo’, ovvero, il reato di diffamazione (articolo 595 Codice Penale) destinato a tutelare la reputazione della vittima e il reato di trattamento illecito dei dati personali (artt. 167, 167-bis, 167-ter, Decreto Legislativo 2003/196 – c.d. Codice Privacy).
(Fonte: BelvedereNews – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)