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Attualità

Il Paradiso di Dante

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A Castello Arechi la società di produzione e organizzazione Tappeto Volante ha presentato la cantica del Paradiso della Divina Commedia di Dante Alighieri

di Elvira Picciola

SALERNO – Solo due appuntamenti a luglio e due ad agosto per uno spettacolo che, per la suggestiva location ed il fascino della materia narrata, avrebbe meritato una ben più ampia fruizione. Le limitazioni seguite al lockdown – spiega la guida – non solo hanno bruscamente interrotto le visite didattiche programmate che consentono a tanti studenti di avvicinarsi in modo diretto alla Cantica più complessa della Commedia dantesca, permettendo di coglierne una potente sintesi visiva, ma hanno ridotto anche considerevolmente il numero degli spettacoli estivi, dovendo contenere le presenze dei visitatori.

Il pubblico viene diviso in  piccoli gruppi e, seguendo tutte le procedure anticovid adottate, procede alla scalata del colle Bonadies, simulando, attraverso il percorso dalle forti pendenze della fortezza  medievale,  l’ascesa dantesca fino alla sua sommità.

Lo spettacolo è ideato e diretto da Domenico Maria Corrado per la “Tappeto Volante, in collaborazione con il castello Arechi.

Il nostro Dante-guida ci affianca, insieme a Beatrice, ed avvia la performance:

«La gloria di colui che tutto move per l’universo penetra e risplende/in una parte più e meno altrove/Nel ciel che più de la sua luce prende/fu’io,e vidi cose che ridire/né sa né può chi di là su discende.(..) O buono Apollo, a l’ultimo lavoro/fammi del tuo valor sì fatto vaso /come dimandi a dar l’amato alloro… »

Dante enuncia la sua difficoltà a narrare un argomento così complesso, invocando l’aiuto dello stesso Apollo, non essendo più sufficiente quello delle Muse che lo avevano supportato fino all’ascesa in Paradiso.È il concetto della “ineffabilità”, più volte ribadito nei versi della Commedia, cioè della umana limitatezza delle sue capacità espressive, che impedisce di trasferire una straordinaria esperienza mistica in termini di concretezza intellettuale e sensibile. Perciò egli chiede ad  Apollo di ispirarlo, come ha fatto quando il satiro Marsia lo ha sfidato in una gara di musica e, dopo averlo vinto e legato ad un albero, lo ha scuoiato vivo.

Giungiamo al Cielo della Luna, dove Beatrice spiega la ragione delle macchie lunari e la diversa luminosità che dipende dal diverso grado in cui si manifesta la virtù dell’intelligenza motrice. Qui appaiono spiriti evanescenti: sono le anime di coloro che mancarono ai voti, non per propria colpa, ma perché costrette da eventi esterni. Tra di esse, Piccarda Donati racconta la sua vicenda, il rapimento dal chiostro da parte dei fratelli per costringerla, contro la sua volontà, a sposare il  nobile e ricco fiorentino Rossellino della Tosa.

Al suo fianco, in silenzio, l’imperatrice Costanza, ultima figlia di Ruggero II d’Altavilla, madre di Federico II, anch’ ella costretta al matrimonio forzato con Enrico VI di Svevia per motivi dinastici: unire la casata sveva alla stirpe normanna.

Saliamo al Cielo di Mercurio, dove incontriamo gli spiriti attivi.

Il nostro Dante-guida ci  spiega che si tratta di spiriti che sulla terra operarono virtuosamente stimolati dall’ambizione della gloria e della fama. Tale ambizione sostituendosi, almeno in parte, al culto del Bene Supremo, ha reso meno eccelsa e meritoria la loro virtù, ma essi sono comunque soddisfatti della loro condizione perché rispondente alla volontà divina.

Parla per tutti Giustiniano che tenne l’impero di Bisanzio nella prima metà del VI secolo e lasciò ai posteri la definitiva sistemazione, da lui ordinata e promossa, della raccolta del codice di Diritto di Roma: il Corpus iuris civilis.

Il personaggio di Giustiniano costituisce per Dante l’occasione di tracciare, in un rapido excursus, il volo dell’Aquila imperiale, la storia mirabile di Roma dalle origini leggendarie fino al genio di Cesare, alla missione di pace di Augusto, all’epopea di Carlo Magno. La grandezza e la potenza dell’Urbe sono state preordinate da Dio ad accogliere l’evento soprannaturale della Redenzione. Dall’alleanza della Chiesa con l’Impero concordemente operanti nell’ambito dei poteri e di finalità ben distinte attribuite a ciascuno, sta l’ideale possibilità di un assetto armonico giusto e pacifico della società umana.

Giunti al Cielo di Venere, che coincide con la postazione multi difensiva della fortezza Arechi, incontriamo gli spiriti amanti che celebrano il tema della carità. Qui parla Carlo Martello, primogenito di Carlo II d’Angiò e di Maria, figlia di Stefano di Ungheria :

«Il mondo m’ebbe giù poco tempo ;e se più fosse stato/molto sarà di mal, che non sarebbe./La mia letizia mi tien celato/che mi raggia dintorno e mi nasconde/quasi animal di sua seta fasciato(..)» Carlo Martello morì, infatti ,giovanissimo, facendo appena in tempo a ad essere incoronato re di Ungheria, ma non riuscì ad ereditare il governo degli altri domini angioini né ad impedire i mali provocati dal malgoverno del padre, e soprattutto del fratello Roberto. Carlo scaglia, con veemente energia e sdegno, tre profezie sui principali nemici della politica imperiale: gli Angioini, rappresentanti della sua stirpe, le città venete ribelli a Cangrande della Scala, la curia pontificia, corrotta e obliosa della sua missione spirituale.

Saliamo ancora verso  il cielo del Sole, per assistere alla quarta performance. Qui si mostrano le anime dei sapienti, celebri già nel mondo per la loro dottrina, le loro speculazioni filosofiche  , teologiche o mistiche. Spontaneamente un’anima si offre a soddisfare il desiderio dei visitatori di conoscere la sua identità . Si tratta di  Tommaso d’Aquino, autore della Summa Theologiae, compendio  della teologia medievale, che tesse le lodi di San Francesco.

Il Cielo di Marte ospita Cacciaguida, trisavolo del poeta: da Alighiero, che dimora con i superbi nella prima cornice del Purgatorio, attraverso Bellincione e poi Alighieri II, è disceso Dante.

Al tempo di Cacciaguida, Firenze era ancora racchiusa nella prima cerchia di mura, onesta e pura nei costumi e non travagliata da lotte intestine. Cacciaguida è cresciuto nella tradizione di una naturale aristocrazia di modi e sentimenti. Più tardi, fatto cavaliere dell’imperatore Corrado III, lo seguì in Terrasanta e morì combattendo contro i musulmani, morte santa che doveva aprirgli immediatamente le porte del cielo. Il discorso di Cacciaguida pone le premesse di ciò che Dante ribadirà nei canti successivi: la condanna della corruzione di Firenze, la giustificazione dell’esilio del Poeta, l’idealizzazione di temi autobiografici elevati a simboli di valori universali.

Ci si sposta nella zona dei forni cinquecenteschi ,dove trova ambientazione il Cielo di Giove. Qui appaiono le anime dei giusti, la cui peculiare caratteristica è la virtù.Tra i protagonisti campeggia la figura di Costantino, che trasferì a Bisanzio la sede imperiale, trasportando in Oriente l’insegna e le leggi dell’Impero, per cedere il dominio di Roma al pontefice, mosso da sincera intenzione religiosa, che tuttavia si risolse in gravissimo danno per la cristianità, iniziando la confusione dei due poteri, spirituale e temporale.

Giunti al Cielo di Saturno, caratterizzato dalle anime che si dedicarono alla vita contemplativa, si rivolge agli astanti l’anima di  Pier Damiani, il grande monaco dell’XI secolo, che con toni violenti ,muove acerbe invettive contro la corruzione del mondo e la decadenza degli istituti ecclesiastici.

Si arriva all’Ottavo Cielo ,delle Stelle Fisse, dove ci appaiono le  anime trionfanti e qui Beatrice rivolge una toccante preghiera  agli Apostoli affinchè concedano  a Dante un po’ della loro sapienza.  Poi ella prega San Pietro di esaminare Dante su vari punti della fede. Terminato l’esa­me, san Pietro manifesta la sua approvazione e benedi­ce il poeta.

Il nostro viaggio, come quello dantesco, sta per terminare: arriviamo ansanti ,per la ripidità della salita ma anche per la forte emozione, al terrazzo bizantino del Castello Arechi per accedere al Primo mobile, il cielo dei Serafini, dove San Bernardo rivolge una preghiera alla Madonna, affinché Dante possa alzare lo sguardo fino a Dio.

Il Poeta riesce a gradi a penetrarne l’Essenza. Solo un’improvvisa folgorazione gli consente di intuire la verità e di com­prendere il mistero dell’Incarnazione. Il poeta sen­te ora il suo animo totalmente in accordo con Dio:

«A l’alta fantasia qui mancò possa;/ma già volgeva il mio disio w ‘lvelle,/ sì come rota ch’igualmente è mossa,/l’amor che move il sole e l’altre stelle.»

Un coro di fanciulle muove una leggiadra danza accompagnata da una musica celestiale.

Si conclude qui il percorso di Dante e dei suoi personaggi, mirabilmente interpretati dagli attori impegnati nella perfomance serale, attraverso i cieli del Paradiso  e si conclude anche quello degli spettatori, che si sono cimentati  nell’ardua scalata della Fortezza Arechi.

C’è ancora qualche attimo, però, per soffermarsi a contemplare la veduta spettacolare della città e del golfo di Salerno dai bastioni del Castello in questa stellata notte di agosto.

Fai clic qui per vedere lo slideshow.

 

 

 

L’articolo Il Paradiso di Dante proviene da Lo Speakers Corner.


(Fonte: Speakers Corner – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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