App Immuni: è facile tracciare i contatti con il Covid-19. O no?
Cari amici lettori, avete installato l’App immuni o pensate di farlo? Il nostro medico Carlo Alfaro spiega cos’è e come funziona e chiede la vostra opinione
Il dottor Alfaro è Dirigente Medico di Pediatria presso gli Ospedali Riuniti Stabiesi, componente della Consulta Sanità del Comune di Sorrento, Consigliere Nazionale di SIMA e Responsabile del Settore Medicina e Chirurgia dell’Associazione Scientificò-culturale SLAM
Con l’esplosione dell’estate che invita alla vita sociale e il Coronavirus che continua a circolare – l’ultimo report di monitoraggio di Iss e Ministero della Salute rivela che l’indice di trasmissione Rt ha superato 1 in Emilia Romagna, Lazio e Lombardia e si registrano un centinaio di focolai (più o meno grandi) sparsi sul territorio nazionale, il che denota che in alcune parti del Paese la circolazione di SARS-CoV-2 è ancora rilevante, anche se la situazione sanitaria è sotto controllo – il protocollo testing (diagnosticare precocemente i casi positivi) e tracing (identificare i loro contatti cioè le persone esposte all’infetto in un lasso di tempo che va da 48 ore prima dell’insorgenza dei sintomi fino a 14 giorni dopo), oltre che treating (curare efficacemente) è quanto mai importante ai fini di identificare e contenere prontamente i focolai che dovessero insorgere.
Per il tracciamento dei contatti interviene in ausilio la tecnologia, gazie all’utilizzo della App immuni, che, creata e ceduta gratuitamente da Bending Spoons per iOS e Android e disponibile dall’8 giugno in Puglia, Abruzzo, Marche e Liguria e dal 15 giugno su tutto il territorio nazionale, è stata attualmente scaricata da 4 milioni di Italiani. Il download è gratis e su base volontaria.
Uno studio della Oxford University afferma che sarebbe ottimale la utilizzasse almeno il 60% della popolazione, ma anche senza arrivare a tali livelli si auspica lo faccia perlomeno il 10% della popolazione, e comunque più persone la usano più è efficace, tanto è vero che si sta pensando a possibili incentivi, quali la partecipazione a una lotteria.
La App funziona con la tecnologia bluetooth: quando due smartphone che hanno installato Immuni si riconoscono tra di loro, entrano in connessione e si scambiano i codici come una sorta di “biglietto da visita virtuale”. I codici sono casuali e anonimi: non si potrà mai risalire alla persona cui fa riferimento quel codice.
I cellulari conservano in memoria i dati di altri cellulari con cui sono entrati in contatto a meno di 2 metri per almeno 15 minuti negli ultimi 14 giorni. Nel caso uno dei soggetti che ha scaricato l’App risulta positivo al virus, può scaricare sulla piattaforma che gestisce l’App il proprio codice anonimo e l’elenco dei codici dei contatti, e l’App invia loro una notifica sulla possibile esposizione al contagio.
La “notifica di esposizione” consiste nel messaggio: “Il giorno TOT sei stato vicino a un caso COVID-19 positivo”. La trasmissione dei dati avviene nella massima sicurezza e riservatezza. Dopo l’arrivo della notifica, l’utente è invitato, sempre su base volontaria, a contattare il proprio medico di famiglia, che a sua volta provvederà a segnalare il contatto al Dipartimento di prevenzione della Azienda sanitaria locale territorialmente competente. L’App immuni dunque non costringere nessuno ad auto-denunciarsi, tutto dipende dal senso civico degli utenti per proteggere se stessi e gli altri.
Al tracing è collegato il testing, cioè le autorità sanitarie avvisate dispongono isolamento e tampone a chi ha ricevuto la notifica. Il sistema funziona solo in Italia, anche se si sta progettando un sistema di comunicazione dei dati all’interno della UE. Dato che l’utente inserisce la propria provincia, il sistema può consentire anche una analisi epidemiologica dei contagi. L’applicazione invece non è autorizzata ad accedere ad alcun dato di geolocalizzazione degli utenti.
Nonostante le premesse teoriche molto positive e il grande successo avuto in Corea del Sud, molti Italiani mostrano scetticismo nell’adottare la App. Le preoccupazioni sulla privacy sono fugate dall’approvazione del Garante della Privacy che è un sistema di tutela molto accurato. Un problema sono le difficoltà di accesso allo strumento da parte di tutti: in tanti non possono scaricare l’App perché dotati di un cellulare di vecchia generazione o che non riconosce l’App. Inoltre, bisogna tenere il cellulare sempre con sé e carico. Poi c’è il dubbio dei falsi positivi o negativi, sono possibili perché il blootoooth non misura precisamente le distanze e il tipo di contatto intervenuto tra le persone.
Il problema maggiore però sono le difficoltà di interazione tra la tecnologia e gli interventi sanitari che conseguono alla notifica di contatto. Molte polemiche ha suscitato a questo proposito il caso di una 63enne di Bari che ha denunciato di essere rimasta “prigioniera” in quarantena a seguito di una notifica di un rischio di contatto con una persona contagiata, senza che le venisse offerto il tampone. La signora peraltro era un “falso positivo”, in quanto i casi di contagio sono a zero nella Regione Puglia (ma potrebbe essere stato il contatto con una persona da fuori Regione?) e ha dichiarato di aver subito disinstallato l’app. E voi, cari amici lettori, l’avete installata o pensate di farlo? Fateci sapere le vostre opinioni.
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