Ricordo di Aldo Masullo
Filosofo, studioso, politico e faro culturale per Napoli e tutta la Campania, Aldo Masullo scompare a 97 anni. Il ricordo di chi lo ha conosciuto
di Sergio Attanasio
Aldo Masullo, filosofo e politico, nato ad Avellino il 12 aprile 1923, laureato in filosofia e in giurisprudenza, è stato dal 1955 libero docente e dal 1967 professore ordinario di filosofia teoretica. Successivamente, ha insegnato filosofia morale all’Università Federico II di Napoli.
Masullo ha trascorso vari periodi di ricerca e di insegnamento in Germania. Dal 1984 al 1990 è stato direttore del Dipartimento di Filosofia dell’Ateneo federiciano, nonchè socio dell’Accademia Pontaniana, della Società Nazionale di Scienze, Lettere ed Arti di Napoli e dell’Accademia Pugliese delle Scienze.
Il professor Masullo è stato insignito della medaglia d’oro del Ministero per la Pubblica Istruzione.
Candidato nelle liste del Partito Comunista Italiano prima e in quelle dei Democratici di Sinistra poi, dal 1972 al 1976 ha inoltre ricoperto la carica di Deputato, mentre dal 1976 al 1979 e dal 1994 al 2001 è stato Senatore della Repubblica.
Di Aldo Masullo ho un ricordo legato ai miei primi tempi da ricercatore presso il Dipartimento di Urbanistica diretto dal professor Corrado Beguinot agli inizi degli anni Novanta, e ai convegni internazionali sulla smart city, la“città cablata”.
A quel tempo ero incaricato del coordinamento per la stampa degli atti del convegno, dopo lo sbobinamento degli interventi dei relatori da parte della segreteria e di revisionare i testi da pubblicare per gli atti del convegno.
Ricordo che con grande piacere mi adoperavo per renderli scorrevoli come testo per il volume da pubblicare, il pensiero e le parole degli oratori sia stranieri che italiani.
Ebbene quando ci accingemmo a trascrivere la relazione del professor Aldo Masullo ci accorgemmo che il suo testo filava liscio come un libro stampato e il nostro lavoro fu di tutto riposo e di questo gli fui eternamente grato e riconoscente, cosa che gli ebbi a dire pubblicamente solo nell’Aprile del 2006, quando nel corso della V edizione, gli fu assegnato a Palazzo Serra di Cassano il Premio Fanzago, presi la parola per conferirgli il riconoscimento.
Di tutta risposta, al folto pubblico presente, il professore disse : «Questo premio non vuol rendere omaggio all’architettura nella sua stretta competenza di professione creativa. Che a me, né architetto né in alcun modo coinvolto in attività di architetto, sia stato conferito l’onore di questo premio, significa contro la crescente indifferenza delle persone e delle istituzioni il richiamo ai fondamentali valori della vita civile: questa infatti è continua creazione di forme per la comune vita sociale, e soprattutto rispetto di esse tutte, non solo le architettoniche e urbanistiche, ma le morali e giuridiche e complessivamente culturali. Giordano Bruno ammonisce: «Convertiamoci alla giustizia, dalla quale essendoci allontanati, ci siamo allontanati da noi stessi». La “giustizia” non è solo quella che si dovrebbe incontrare nei tribunali, ma l’ordine della civiltà, cioè del bene, del vero e del bello, che l’uomo deve ogni volta da capo impegnarsi a far vivere nella storicità del proprio tempo».
Spesso ci trovavamo a discutere della città e dei suoi problemi e una volta che gli chiesi, per un’intervista per il quotidiano Napolipiù, il perché del degrado del Centro Storico di Napoli, rispose: «I motivi sono molteplici come quasi in tutti gli eventi di carattere sociale, perché la nostra città registra la presenza di un centro storico di grandi dimensioni, forse il più grande d’Europa. Uno di questi è la motivazione sociale poiché esso per le condizioni sociali può essere paragonato ad una periferia che però fisicamente sta nel centro e ciò si traduce in un rapporto negativo tra presenza abitativa e vita della città, con in più un degrado che deriva dalla separazione dal resto della città e una forte presenza della criminalità organizzata,»
Ricordo ancora la sua affettuosa partecipazione per la presentazione alla Cappella Sansevero, nel 2011, del mio libro In casa del principe di Sansevero, con Benedetto Gravagnuolo e Mariano Rigillo e la sua originalissima e interessantissima conferenza nel 2015 all’Istituto d’Arte Palizzi sul tema Arte e Pensiero, che destò l’attenzione dei tanti giovanissimi allievi e colleghi presenti, tanto che quando lo riaccompagnai a casa in viale Michelangelo al Vomero, in auto, ebbe a dire: «Non ho mai visto un uditorio più attento come questo di tanti giovani piccoli artisti in erba», Ma il merito era suo che sapeva rendere semplici concetti come complessi come la filosofia e l’arte.
Lo rimpiangeremo sempre!
(La foto di copertina è di Nando Calabrese)
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