CORONAVIRUS – Governo aiuti scuole paritarie e private o a settembre rischiano chiusura almeno il 50 per cento
CASERTA – La pandemia da COVID-19 ha sconvolto il Mondo intero. In Italia anche l’istruzione scolastica ha subito una debacle epocale. Le scuole, di ogni ordine e grado, non riapriranno e se ne parlerà, forse, a settembre. Alcune decisioni assolutamente indispensabili sono state assunte dal Ministro Azzolina ma le paritarie e, soprattutto, le scuole private rischiano di non riaprire più a settembre. 12mila scuole, 160.000 tra docenti e personale ATA e 867.000 bambini e ragazzi frequentano le scuole paritarie e private. O arrivano aiuti o il rischio è molto concreto: alla ripresa quei ragazzi non troveranno le scuole aperte.
Questo significa perdita di posti di lavoro, liste che si allungheranno per le scuole dell’infanzia e tanti costi per lo Stato per trovare posto a ragazzi dell’obbligo scolastico nelle statali. Mentre la scuola statale riceve la copertura economica dello Stato, le paritarie e le private dipendono dalle rette: e molte famiglie potrebbero non riuscire a pagarle. Bene ha fatto il governo a firmare il decreto di riparto del contributo per l’anno scolastico 2019/2020 ma con quei soldi, e quando arriveranno, come sempre le scuole pagano arretrati e mitigano qualche fido e scoperto bancario. Le piccole imprese delle scuole private, che hanno consentito a Regioni e Comuni di rispondere al bisogno di posti soprattutto per lo 0-3, ha bisogno di interventi massicci per sopravvivere.
I servizi educativi e scolastici 0-6 privati rappresentano il 70% del fabbisogno nazionale, e svolgono un servizio sociale di pubblica utilità e perseguono le finalità di inclusione sociale in progetto pedagogico di qualità, sostegno genitoriale, contrasto della povertà educativa, conciliazione dei tempi di vita lavoro delle famiglie, etc. Le scuole private denunciano di essere ben lontani dalla posizione presentata dalle rappresentanze cattoliche, possessori di immobili e prevalentemente rappresentanti delle scuole paritarie.
Pertanto, chiedono che il Governo lavori per dare risposte adatte a loro, con misure precise. Viceversa, i servizi su cui le famiglie si sono appoggiate fino a poco tempo fa non resisteranno, creando una nuova emergenza sociale per le famiglie alla ripartenza delle attività lavorative. Cosa chiedono, quindi, le strutture private? In primis la conversione dei bonus nido o voucher baby sitting in contribuiti per i servizi educativi e scolastici privati.
“Molti genitori” – afferma il movimento si è creato spontaneamente a livello regionale – “non utilizzano baby sitter a causa del Covid, né degli asili chiusi, per cui non si comprende il motivo per cui la famiglia è delegata a “salvare” i servizi anticipando contributi per poi ricevere dei rimborsi successivamente. Quindi, il buono dovrebbe destinato direttamente ai servizi che nei periodi di chiusura devono gestire importanti costi fissi, senza dare un servizio ai propri utenti”. Il movimento chiede inoltre un sostegno economico a copertura dei costi non azzerabili, dei mesi di inattività, così da poter restituire alle famiglie quanto versato per i mesi di chiusura forzata oppure la completa detraibilità delle rette sostenute negli stessi”.
“Come per tutte le altre categorie interessate dalla crisi chiediamo al Governo: credito d’imposta, come previsto dall’art.65 DL 18/2020, per il canone di locazione, per tutte categorie catastali dove sono insediate attività produttive chiuse causa Covid 19; taglio delle aliquote Irap o addirittura eliminazione per l’anno fiscale 2020; sospensione degli ammortamenti immateriali e materiali per l’anno 2020; la facoltà di capitalizzare tutti i costi fissi mensili di gestione sostenuti dalle imprese a fronte di ricavi a zero o ridotti dello stesso periodo, in modo tale da spalmare su più esercizi e non solo sul 2020 il sostenimento di tali oneri”.
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