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La Real Tenuta degli Astroni

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I Borbone amavano la loro terra, e valorizzavano luoghi dalla sorprendente natura. Il loro merito è quello di farli giunger fino a noi pressoché intatti, come il Cratere degli Astroni

di Lucio Sandon

Alfonso di Trastámara, detto il Magnanimo nel 1442 divenne re titolare di Sardegna, Sicilia e Corsica, Maiorca, Valencia, di Gerusalemme e d’Ungheria, conte di Barcellona, Rossiglione e Cerdagna, e duca titolare di Atene e Neopatria, come Alfonso V di Aragona. Era costui un grande appassionato dell’attività venatoria, e destinò uno dei numerosi crateri spenti dei Campi Flegrei, quello degli Astroni, come riserva per la caccia reale. Il comprensorio venne poi donato nel 1721 alla Compagnia di Gesù, ritornando tra i beni della corona borbonica nel 1739.
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Delimitata dal ciglio del cratere che impedisce agli animali di uscire, la tenuta degli Astroni ha sempre presentato delle caratteristiche ideali per una riserva di caccia, le stesse che rendono oggi questa zona tra Napoli e Pozzuoli un’area naturalistica assolutamente eccezionale.

La storia di questo luogo incredibile iniziò già ai tempi degli antichi romani, quando il cratere veniva utilizzato come sede dei bagni termali, che andarono completamente distrutti durante l’ultima eruzione, avvenuta nel 1538.

L’attività vulcanica degli Astroni si è manifestata con sette diverse eruzioni, la prima delle quali avvenuta circa 4000 anni fa. Tali eventi, prevalentemente di natura esplosiva, provocarono emissioni di lave che hanno generato quattro rilievi interni: i colli dell’Imperatrice, i Pagliaroni, la Rotondella, e il duomo lavico della Caprara.

Il cratere ha una forma ellittica con un’estensione di circa 250 ettari e un perimetro di circa 6,5 km. L’edificio vulcanico è alto 253 metri sul livello del mare, e il fondo è piatto e con tre piccoli stagni, dei quali il maggiore è denominato Lago Grande.

La maggiore peculiarità di questo luogo è rappresentata dal fenomeno dell’inversione vegetazionale, che consiste in una distribuzione invertita rispetto al naturale, delle specie botaniche presenti. In altre parole, le piante che dovrebbero trovarsi a quota maggiore sono qui presenti a quote minori e viceversa. Nella fascia più bassa, a causa della maggiore umidità e della minore insolazione, crescono castagni, roveri, carpini, olmi, oltre alle querce rosse, mentre nella fascia superiore del cratere predominano i lecci, l’erica arborea, mirti, lentischi e ligustri.

Intorno agli specchi d’acqua, la vegetazione è caratterizzata dalla presenza di specie tipiche di ambienti palustri, come la cannuccia di palude e il giunco. Sulle acque galleggiano le ninfee, accompagnate da altre piante che amano vivere con i piedi nell’acqua, fra cui il miriofillo e il ceratofillo, rispettivamente dalle mille e cento foglie.

Quando il cratere era riserva reale di caccia, nel cratere vivevano cervi, caprioli, cinghiali e capre selvatiche. Di tali animali restano pochi esemplari, mentre tra gli alberi vivono ancora volpi, faine, donnole e tassi. Vera rarità è il mustiolo etrusco, il più piccolo mammifero europeo: si tratta di un topolino lungo meno di due centimetri. Nelle zone umide si trovano bisce d’acqua, rane, ramarri e lucertole, mentre abbondanti sono le specie di uccelli ogni specie tra cui gli aironi, e i rapaci anche notturni.

A guardia dell’ingresso vi era una torre, già visibile nella pianta di Antonio Brambilla del 1586, che venne poi destinata ad uso taverna. Carlo di Borbone fece costruire qui una sua residenza reale: gli edifici del casino di caccia consistono in un’ala residenziale, un’ala adibita a stalla, e più tardi, in una vasta cinta muraria.

Architettonicamente, l’elemento più interessante è certamente la lunga muraglia, eretta nel 1749 e voluta per tener lontani gli altri cacciatori e i cinghiali. Le mura sono impreziosite da alte torri: torre Lupara e torre Nocera, che sono state lasciate per lungo tempo in completo stato di abbandono dopo l’unità d’Italia. Fortunatamente per volere del comune di Napoli, è in atto un piano di conservazione e rivalorizzazione di tali reperti.

All’interno della riserva è oggi presente un Centro di Educazione Ambientale che svolge attività di informazione e aggiornamento sulle problematiche ambientali. L’Oasi, gestita direttamente dal WWF in convenzione con il Ministero dell’Ambiente e la Regione Campania, è stata istituita nel 1987 come Riserva Naturale Statale.

Vi si accede unicamente a piedi, attraverso l’antico sentiero Borbonico, un percorso parzialmente scalinato, lungo 350 metri, che porta a un quadrivio sul fondo del cratere. Da qui è possibile seguire due sentieri ad anello pressoché pianeggianti che si intersecano formando un percorso ad 8 che hanno una lunghezza complessiva di circa 5.300 metri, equivalenti a circa 8.000 passi.

Sentiero Natura: lungo circa 2 km, si snoda alla destra del quadrivio e inoltrandosi all’interno del bosco misto porta alla radura della Farnia secolare Gennarino, alla cava trachitica, unica parete di lava all’interno del cratere e sito di nidificazione del falco pellegrino, al teatro nel bosco e infine nuovamente al quadrivio, da cui è possibile risalire verso il piazzale d’ingresso ripercorrendo il sentiero borbonico oppure proseguire lungo il Sentiero dei Dinosauri.

Sentiero dei Dinosauri: si sviluppa in modo pressoché pianeggiante e tocca il lago Grande e la Grande Radura, ove è ubicata l’area di sosta principale, e riporta al punto di inizio attraverso una strada asfaltata di 1,7 km che raggiunge dolcemente l’ingresso.

Ingresso  all’Oasi del Cratere degli Astroni: via Agnano Astroni 468 -Napoli

Per maggiori informazioni e prenotazioni: 081.5883720 | fax 081.5881255 | oasiastroni@wwf.it

Web:  www.crateredegliastroni.org

Facebook:  oasiwwfcrateredegliastroni

Twitter:   @OasiAstroni
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Lo scrittore Lucio Sandon è nato a Padova nel 1956. Trasferitosi a Napoli da bambino, si è laureato in Medicina Veterinaria alla Federico II, aprendo poi una sua clinica per piccoli animali alle falde del Vesuvio.

Notevole è il suo penultimo romanzo, “La Macchina Anatomica”, Graus Editore, un thriller ambientato a Portici, vincitore di “Viaggio Libero” 2019. Ha già pubblicato il romanzo “Il Trentottesimo Elefante”; due raccolte di racconti con protagonisti cani e gatti: “Animal Garden” e “Vesuvio Felix”, e una raccolta di racconti comici: “Il Libro del Bestiario veterinario”. Il racconto “Cuore di figlio”, tratto dal suo ultimo romanzo “Cuore di ragno”, ha ottenuto il riconoscimento della Giuria intitolato a “Marcello Ilardi” al Premio Nazionale di Narrativa Velletri Libris 2019. Il romanzo “Cuore di ragno” è risultato vincitore ex-aequo al Premio Nazionale Letterario Città di Grosseto Cuori sui generis” 2019.

Sempre nel 2019,  il racconto “Nome e Cognome: Ponzio Pilato” ha meritatola Segnalazione Speciale della Giuria  nella sezione Racconti storici al Premio Letterario Nazionale Città di Ascoli Piceno, mentre il racconto “Cuore di ragno” ha ricevuto la Menzione di Merito nella sezione Racconto breve al Premio Letterario Internazionale Voci – Città di Roma. Inoltre, il racconto “Interrogazione di Storia”  è risultato vincitore per la Sezione Narrativa/Autori al Premio Letizia Isaia 2109.

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