Avventura nel bosco
Gilberto Frigo, l’uomo del Nord, ci racconta una delle sue tante avventure, quando nel bosco la natura gli fece un gran regalo
È sera, mi trovo in alta montagna per cercare funghi. Sono solo, mia moglie è con mia sorella, mio figlio al lavoro le altre tre mie donne pure impegnate.
È da tempo che volevo fare una bella passeggiata in questo bosco, luogo dove mi sento a casa, dove conosco ogni albero, ogni sentiero, dove mi tornano in mente ricordi , esperienze vissute lavorando il legname, cercando funghi.
Con grande soddisfazione ho trovato alcuni ovuli, comunemente chiamati “cocchi”, in una zona che abitualmente tralasciavo di perlustrare, addirittura due di questi erano già divelti da qualche inesperto, probabilmente avendoli scambiati per il comune fungo giallo, di questo tempo sono pieni i boschi, li aveva delicatamente deposti sul posto di ritrovamento.
Camminavo silenzioso, senza far rumore, raccogliendo qua e là, porcini, gialletti; le manine gialle erano disseminate ovunque ma non facevo loro caso, in quanto il mese scorso ne avevo raccolte molte e il “misto di funghi “ non era riuscito dei migliori.
La sera si avvicinava velocemente così mi spostai nella zona che normalmente frequentavo trovando subito un bel porcino.
Lo stavo pulendo quando percepii con gli occhi un movimento in mezzo all’erba alta, poco distante da me.
Aguzzai la vista per capire di che specie di animale si trattasse.
Un imperioso gallo cedrone stava razzolando nel terreno in cerca d’insetti, di vermicelli di cui cibarsi prima che scendessero le tenebre. Mi sembrò un miraggio. Possibile? Il re della foresta a due passi da me? Troppo bello, troppa fortuna.
Non volevo spaventarlo, rimasi immobile e piano piano sfilai dalla tasca il telefonino per immortalare quel momento inusuale, un incontro furtivo con il re del bosco.
Inesperto come mi trovo,telefonino in mano, con un occhio cercavo sullo schermo la camera, con l’altro tenevo sotto controllo i movimenti dell’animale che zigzagando si stava avvicinando.
Guarda e riguarda, scorro di continuo i simboli e non trovando la fotocamera mi arrendo, arrischio una telefonata a Stella, mia moglie. Mi risponde fortunatamente e sottovoce le dico: «Ho un cedrone che mi sta un metro di fronte da circa venti minuti, si è posto sopra una ceppaia e continua a grufolare, battere il becco come a volermi parlare.» Purtroppo lei non mi può aiutare.
Il magnifico esemplare, ad occhio aveva oltre tre anni, intanto mi era arrivato di fronte: sempre tenendo la coda aperta a ventaglio, gli mancavano due penne centrali nella coda, mi squadrava con gli occhi, mi parlava con gesti della testa, batteva ritmicamente il becco, si avvicinava per beccarmi gli scarponi, il petto in fuori, la testa alta, mi girava attorno…
Forse voleva dirmi che quel posto è il suo regno, forse voleva farmi sentire in colpa per aver cacciato per tanti anni gli esemplari della sua specie, sopratutto in Finlandia dove ogni anno ne abbattevo diversi capi, meno maschi, più femmine.
Chi lo sa cosa voleva dimostrarmi beccandomi gli scarponi.
Fatto sta che non riuscendo a trovare la fotocamera pensai di chiedere aiuto a mio figlio. Mi rispose subito indicandomi la modalità per trovare quanto cercavo.
L’ uccello non se ne andava nemmeno al sentir parlare. Ho scattato alcune foto, poi ho azionato il video, ma da inesperto l’ho staccato più volte ottenendo solo pochi fotogrammi, anche se significativi. Troppa emozione.
Incipiando la sera, dopo quasi mezz’ora di chiacchierata, visto che il vecchio cedrone paura non aveva, anzi continuava a suo modo a parlarmi, gli ho detto: «Adesso me ne vado, se vuoi seguirmi ti porto con me.»
Mi sono incamminato giù per il pendio. Fatto una ventina di passi ho trovato un’altro bel porcino e presi a pulirlo col coltello. Nel frattempo il vecchio maschio mi aveva nuovamente raggiunto, che volesse compagnia?
Dallo zaino pendeva un cordino nero e gli si è avventato contro. Forse credeva fosse una vipera di cui sicuramente è ghiotto. Rimasto deluso della qualità del probabile bocconcino, rivolse ancora la sua attenzione agli scarponi. A quel punto telefonai anche a mia figlia Serena e mio nipote Christopher volendo renderli partecipi dell’avventura straordinaria che stavo vivendo.
Naturalmente coinvolti nel fatto, rimasero meravigliati, entusiasti, vollero sentire il rumore che faceva sbattendo il becco. Non potevo mostrarglielo in diretta, purtroppo non avevo internet.
La luce della sera stava affievolendosi ed anche un po’ la stanchezza cominciava a farsi sentire. Sono stato costretto ad allontanarmi dal mio nuovo amico. Quest’anno ho camminato poco per i boschi.
Dopo alcuni passi giratomi, lo scorsi ancora una volta che razzolava tranquillo il terreno alla ricerca di qualche prelibatezza.
Di funghi ne avevo a sufficienza. Sceso alla strada, piano, piano tornai all’auto.
Il mio cuore di cacciatore era pieno di felicità. Ero emozionatissimo e pure commosso.
Ancora una volta la natura mi aveva dato una lezione di vita, un’altra gioia, un’altra avventura da ricordare, come le tante che porto nel cuore.
Gilberto Frigo, l’uomo del Nord
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