Giacomo Leopardi e Portici
Nell’800 la Real Villa di Portici ferveva di cultura, passioni e mondanità: Giacomo Leopardi soggiornò a Villa Zelo ospite del suo amico Ranieri
di Teodoro Reale
I probabili racconti di Antonio Ranieri a Firenze, dove si erano conosciuti, che non dovettero mancare di far scoprire Portici a Giacomo Leopardi. Certo fu complice anche la veduta panoramica dalla casa in via Santa Maria Ogni Bene, dove il poeta e l’amico napoletano andarono ad abitare dal 4 dicembre 1833.
Infatti in un passo della lettera al padre Monaldo del 5 aprile 1834 Giacomo Leopardi scriveva: «Il giovamento che mi ha prodotto questo clima è appena sensibile: anche dopo che io sono passato a godere la migliore aria di Napoli abitando in un’altura a vista di tutto il golfo di Portici e del Vesuvio, del quale contemplo ogni giorno il fumo ed ogni notte la lava ardente.»
Portici ritorna nella satira leopardiana contro alcuni intellettuali del tempo descritti con spunti velenosi, I nuovi credenti, composta tra il 1835 il 1837, dove la città è descritta immersa in quel clima di generale ripresa di fiducia e di lietezza, per dirla con Benedetto Croce nel saggio, ad essa dedicato, dei primi anni del regno di Ferdinando II, Portici appare indicata tra i ritrovi alla moda di Napoli: «Portici, San Carlin, Villa reale, Toledo, e l’arte onde barone è Vito.»
Portici, infatti oltre ad ospitare la reggia, dove i sovrani trascorrevano vari periodi dell’anno, era forse nel suo periodo di massimo splendore, con la campagna costellata da ville e casini immersi in piacevoli giardini, dove si ritiravano e si davano convegno la nobiltà e l’alta borghesia della capitale, facendone appunto uno dei principali ritrovi.
Portici fu anche luogo d’incontri tra il poeta Alessandro Poerio con Ranieri e Leopardi, come sappiamo da una lettera del poeta a quest’ultimo, conservata tra le carte di Ranieri nella Biblioteca Nazionale di Napoli, datata 1 agosto 1836: «La nostra gita a Portici verrà anticipata di un giorno. Oggi, dopo le ventuno e mezzo ti aspetto a casa mia. Abbraccio caramente Giacomo.»
Il Poerio soggiornò in più occasioni a Portici dal 1836, anno del ritorno dall’esilio, ed in particolar modo tra il 1843 ed il 1845, come attestano alcune date segnate su alcuni fogli manoscritti delle sue poesie. Tra l’altro, visitò spesso i due amici a Villa Ferrigni alle falde del Vesuvio.
Un’altra lettera, anch’essa conservata presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, ci permette di ipotizzare che prima di scegliere la villa a Torre del Greco del cognato Giuseppe Ferrigni, il Ranieri avrebbe cercato a Portici un’abitazione per condurvi il poeta, datata sabato 6 agosto 1836, del medesimo Alessandro Poerio, il quale scrive a Ranieri: «Caro Ranieri,
Non mi hai fatto saper altro del dover parlare a Petrunti circa il casino. Ieri m’immagino che tu abbi veduto altre villette, e forse definitivamente risoluto quale più convenga a te ed alle tue sorelle. Ad ogni modo, tostoché me ne farai cenno, sono pronto ad andar da Petrunti.
Ti mando due righe di condoglianza per la Marchesa Bartolommei: credo che oggi scriverai essendo giorno di Corriere per l’Estero; ti piaccia accludere il mio mezzo foglio nella tua lettera. Mille cordialità a Giacomo.»
Il Petrunti, al quale fa riferimento il Poerio era il medico Francesco (1785-1839), originario di Campobasso, primario di chirurgia dell’Ospedale degli Incurabili, e direttore sin dall’istituzione, nel 1834, dell’ospedale di Santa Maria di Loreto. Il casino citato nella lettera, di recente restaurato dopo un lungo periodo di abbandono, sorge in Via San Cristoforo al numero 18, all’angolo con Via Moretti, e risulta appartenente ai suoi discendenti almeno fino all’inizio degli anni Venti del Novecento.
Le cose, come è noto, andarono diversamente e Ranieri condusse il poeta a Villa Ferrigni a Torre del Greco.
Le vicende leopardiane a Portici non finiscono però qui. Infatti Antonio Ranieri nell’ultimo decennio della sua vita ritornò in Villa Zelo con la sorella Paolina: qui scrisse il libero di memorie Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi, edito nel 1880.
Alla scomparsa di Antonio Ranieri, avvenuta il 4 gennaio 1888 in Portici, come registrato nel Libro dei Defunti della Parrocchia di San Ciro al foglio 219: «L’anno del Signore 1888 il giorno 4 del mese di Gennaio il Signor Antonio Ranieri, figlio di A.no Francesco e Luisa Conzo nativo di Napoli di anni ottantadue domiciliato strada Addolorata di stato celibe è morto di morte improvvisa ed è stato sepolto nel Camposanto di Portici.», iniziò la travagliata vicenda dei manoscritti del grande recanatese.
Come Ranieri aveva disposto, il testamento venne aperto il giorno successivo dal notaio Giuseppe Pace di Portici, alla presenza delle due domestiche destinatarie del lascito e dei parenti accorsi da Napoli.
Nel testamento vi era la seguente disposizione riguardo alle sue carte, tra le quali erano conservate quelle del Leopardi: «Lego come mio ricordo alla Biblioteca Nazionale di Napoli i manoscritti di altri o miei di cose letterarie sia stampate che non stampate, nonché la maschera in gesso eseguita sul cadavere del Leopardi e la corrispondente forma a tasselli anche in gesso, da eseguirsene la consegna all’epoca della morte dell’ultima delle predette Francesca Gnarro e Maria Carmela Castaldo.»
Questa e altre disposizioni causarono da più parti azioni per impugnare il testamento del Ranieri, ma noi ci limiteremo ovviamente al destino delle carte, che vennero preservate grazie all’intervento provvidenziale dello Stato. Prima che fossero superati i fattori legali e burocratici dovettero però passare alcuni anni.
Inoltre nel frattempo era intervenuta nella vicenda la famiglia Leopardi chiedendo che dal lascito del Ranieri fossero escluse le carte di Giacomo. Una prima parziale conclusione della vicenda si ebbe con la sentenza del Tribunale di Napoli che riconosceva erede universale del Ranieri il Pio Monte della Misericordia, divenuto così esecutore delle disposizioni verso i vari legatari, e non i numerosi parenti del defunto. In seguito a tale sentenza le carte passarono nella sede dell’Ente benefico di via Tribunali.
A tale atto fece seguito, il 12 ottobre del 1897, un decreto del prefetto di Napoli Giannetto Cavasola che disponeva l’esproprio, con un indennizzo di cinquecento lire alle due domestiche, delle carte del Ranieri a favore del Ministero della Pubblica Istruzione.
Bisognerà attendere ancora la sentenza del Tribunale, del 24 aprile 1898, per effetto della quale si ordinava alle due domestiche di consegnare al direttore della Biblioteca Nazionale Vito Fornari le carte in questione, il che avvenne il 13 maggio successivo.
Ancora, il professor Bonaventura Zumbini, che viveva a Portici nella via che poi verrà intitolata a suo nome e spesso visitatò Ranieri negli ultimi anni, nel 1907 venne chiamato a far parte della commissione incaricata di studiare i manoscritti leopardiani donati alla Biblioteca Nazionale di Napoli. Lo Zumbini donò alla Biblioteca Nazionale di Napoli la sua collezione di volumi leopardiani, come sappiamo dal relativo verbale del 19 maggio: «…si è pure inaugurata la Collezione di opere ed opuscoli a stampa relativi al Leopardi, donata insieme con lo scaffale che la contiene, dal com. sen. Bonaventura Zumbini.»
Vista l’importanza della donazione, l’allora direttore della Biblioteca Emidio Martini, diede eco all’evento sulla stampa con un comunicato dell’Agenzia Stefani: «In questa occasione il senatore prof. Bonaventura Zumbini, per rendere la nostra biblioteca anche più degna di custodire il prezioso deposito, ha voluto farle dono di tutta la sua collezione leopardiana, ricca di 160 volumi e di circa 500 fra opuscoli e giornali. L’illustre critico, così autorevole ed amoroso interprete del pensiero leopardiano aveva raccolto in essa, oltre alle opere del Poeta in quasi tutte le edizioni, anche rare, le migliori traduzioni in lingue straniere, le più importanti pubblicazioni di critica leopardiana e un gran numero di articoli sparsi in riviste e giornali; e si riserva di accrescere la collezione con quelle opere, che ancora le mancano, e con le nuove pubblicazioni. Al dono … il senatore Zumbini ha voluto aggiungere quello di un elegante scaffale costruito apposta.»
Gli eventi qui rievocati furono suggellati in questa lapide posta nell’atrio della Villa Zelo:
IN QUESTA AMENA DIMORA/ DOVE TRASCORSE GRAN PARTE DELLA VITA/ IL 4 GENNAIO 1888 SI SPEGNEVA/ ANTONIO RANIERI/ PATRIOTA GIURISTA STORIOGRAFO SENATORE DEL REGNO
GIACOMO LEOPARDI DILETTO AMICO IN QUESTO DOLCE SILENZIOSO RIFUGIO SOVENTE VENIVA A DIVIDERNE LA SOLITUDINE
I BARONI ZELO POSERO NEL GENNAIO 1968
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(Tonia Ferraro – http://www.lospeakerscorner.eu – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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