20 Ottobre 1999, varata la legge che prevede l’inserimento delle donne nelle Forze Armate
CASERTA – La data del 20 ottobre 1999 ha rappresentato una svolta “epocale”, rivoluzionaria” per il mondo femminile in quello che è sempre stato un mondo tutto al maschile: le Forza Armate, comprendendo anche l’Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, della Polizia Penitenziaria. Nella Polizia di Stato le donne erano già entrate a partire dal 1960.
È, infatti, dal 1960 che le donne hanno fatto il loro ingresso nella Polizia di Stato; e lo hanno fatto (e continuano a farlo) con onore ricoprendo tantissimi ruoli; che vanno da quelli ordinari a quelli dirigenziali. Ve ne sono che dirigono alcune sezioni, altre nelle Squadre Mobili, analiste di laboratorio, medici ed esperte nella stesura di identikit. Da oltre 60 anni la Polizia di Stato si avvale di una professionalità che moltissimi ormai considerano un valore aggiunto.
È, invece, del 20 Ottobre 1999 la legge che ha permesso l’ingresso delle donne nelle Forze Armate. Attualmente sono 16.000 le donne nelle Forza Armate che ricoprono tutti i gradi. Solo pochi anni ancora per vedere il primo Generale donna. L’Italia è stato l’ultimo paese della Nato ad aprire le porte alle donne in un contesto fino ad allora esclusivamente riservato agli uomini. I primi concorsi si sono tenuti nel 2000 e inizialmente erano riservati esclusivamente ad ufficiali e sottufficiali.
Alla fine del 2014 il numero di donne in servizio nelle Forze Armate e nell’arma dei Carabinieri ammontava a 11.189. Per quanto inizialmente fosse stata una scelta molto contestata, l’ingresso dei militari di sesso femminile ha permesso di svolgere operazioni che altrimenti sarebbero state più difficoltose come poter interloquire più agevolmente con donne nei territori islamici e permetterne la perquisizione corporale o la possibilità di avere medici militari che potessero fornire assistenza in territori islamici rispettandone la cultura e il credo religioso. L’entrata in servizio di personale femminile nelle Forze Armate italiane è un argomento di cui sia la pubblica opinione sia le istituzioni militari discutono dal 1963, anno in cui una proposta di legge fece cenno per la prima volta a tale possibilità.
Sin dal 1919 le donne sono state ammesse all’esercizio di tutte le professioni ed impieghi pubblici con l’esclusione della difesa militare dello Stato. Anche successivamente, la legge 9 febbraio 1963 n. 66 “Ammissione della donna ai pubblici uffici ed alle professioni”, pur consentendo l’accesso delle donne a tutte le cariche pubbliche, ha mantenuto una riserva sulla possibilità di arruolamento nelle Forze Armate. Questo ha comportato che, nel nostro Paese, l’opinione pubblica ha sviluppato, nel corso degli anni, una cultura ed una sensibilità di base sulla questione, che progressivamente hanno condotto all’istituzione del servizio militare volontario femminile. Il concetto di “donna soldato” nasce dunque esclusivamente come richiesta della società civile.
A distanza di oltre cinquanta anni dal lontano 1963, i numerosi progetti di legge presentati nelle varie legislature, gli studi, le proposte hanno trovato una risposta positiva. Inoltre, l’evoluzione della società e del quadro internazionale hanno consentito di guardare con nuova apertura al servizio militare femminile. L’approvazione della legge che consente l’ingresso delle donne nelle Forze Armate e nella Guardia di Finanza risponde in modo aderente sia alle aspirazioni femminili sia alle esigenze delle Forze Armate, ormai pronte per accogliere le donne nei propri ranghi. Non a caso, la possibilità di reclutamento delle donne avviene durante la fase attuativa del nuovo modello di Difesa, aderente ai nuovi compiti e scenari operativi previsti per le Forze Armate (incremento delle missioni a carattere internazionale, attività di peace keeping), per assolvere ai quali è essenziale uno strumento interamente professionale e pienamente integrato con quelli dei Paesi europei e NATO che annoverano, da molto più tempo, personale femminile nelle loro fila.
In proposito, la pubblicazione NATO “Women in the NATO Armed Forces”, pubblicata nella primavera 2000, costituisce un utilissimo termine di riferimento. Nel 1992 L’Esercito Italiano ha realizzato il primo esperimento di “donne soldato”, presso la caserma dei “Lancieri di Montebello” in Roma. In quel contesto fu preso in considerazione un campione di 29 ragazze italiane cui fu data la possibilità di vivere 36 ore in caserma, svolgendo normali attività militari di addestramento.
Un ruolo importante nella promozione dell’arruolamento volontario femminile e nell’accesso alle carriere nelle Forze Armate è stato svolto da un gruppo di ragazze che, il 25 maggio 1995, ha costituito a Roma l’ A.N.A.D.O.S. (Associazione Nazionale Aspiranti Donne Soldato) con Presidente Debora Corbi. In un sondaggio del 15 giugno 1999, su 600 intervistate iscritte all’ANADOS, il 43% delle ragazze ha dichiarato di voler entrare in Accademia e fare l’Ufficiale; il 22% si è espresso a favore del Sottufficiale, il 12%, pur di entrare nelle Forze Armate, sarebbe stato disposto ad arruolarsi nella truppa mentre il 23% non ha saputo rispondere.
Il 21% delle preferenze è andato all’Aeronautica Militare, il 19% si è espresso a favore dell’Esercito, il 14% per l’Arma dei Carabinieri, il 10% per la Marina ed il 9% per la Guardia di Finanza. Per celebrare questa importante ricorrenza lo Stato Maggiore della Difesa ha deciso di dedicare alle donne militari il calendario 2020. In questa giornata vogliamo ricordare l’impegno e la professionalità al servizio del Paese di tutte le donne che indossano l’uniforme.
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