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Il Racconto, Le cronache di Culonia

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Il nostro autore narra della vita nel paese di Culonia, che scorre lungo il solito binario che porta… Dove porta?

di Giovanni Renella

Erano passati un po’ di anni da quella pazza estate del 2019 in cui, nella lontana Culonia, era successo di tutto.

Il leader politico che di fatto aveva in mano il controllo del paese, distratto dallo sculettamento di due cubiste, cotto dal solleone e in preda ai fumi dell’ennesimo mojito aveva mandato il governo a gambe all’aria, sperando così di ottenere i  “pieni poteri” e, forse, una maggiore copertura che lo proteggesse dai venti gelidi che soffiavano dalla Russia.

Non aveva fatto i conti, però, con l’istinto di autoconservazione di poco meno di un migliaio di privilegiati, abituati ormai a vivere con più o meno quattordicimila euro al mese – chiamali fessi ! – che non volevano tornare anzitempo alla vita grama di chi la mattina si deve alzare presto per andare a lavorare in fabbrica, in ufficio, a scuola o in un ospedale per circa un decimo dell’ammontare dei loro guadagni.

La difesa del sistema democratico di Culonia fu, comunque, una più valida ragione da opporre, in pubblico, al delirio di onnipotenza del tattico che si credeva stratega.

Grazie ad un paio di repentine giravolte e a qualche piroetta dei capi delle varie fazioni, in quattro e quattro otto Culonia ebbe un nuovo governo: e così, come i pifferi di montagna, chi era andato per suonar finì con l’essere suonato!

Qualcuno tirò un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo; qualcun altro si strappò le vesti per la cazzata che aveva fatto; ci fu chi strepitò in piazza denunciando addirittura che a Culonia era in atto un golpe; altri ancora, novelli Fregoli, cominciarono a prodursi in cambi di casacche, più idonee alla stagione politica autunno/inverno che stava per giungere.

Negli anni successivi a quel 2019, a Culonia successe un po’ di tutto.

Il governo nato in quell’estate cadde, se ne fece un altro e poi un altro ancora, sempre sorretto da maggioranze variabili che stavano insieme, ob torto collo, pur di giungere alla fine della legislatura e assicurarsi l’agognata pensione appannaggio dei parlamentari di Culonia.

Va detto, a onor del vero, che fu ridotto il numero dei rappresentanti dei culonesi eletti in parlamento; cambiò, per l’ennesima volta, il sistema elettorale, ma alla fine, misteri della politica di quel paese, si riuscì comunque ad eleggere un altro galantuomo, economista stimato a livello planetario, alla presidenza della repubblica di Culonia che, per accettare l’incarico, pose una condizione.

E fu accettata.

Fino ad allora i vari ministri, sottosegretari e parlamentari avevano avuto la possibilità di esercitare il libero cazzeggio su tutti i temi della vita dei culonesi; e i più abili riuscivano anche a cogliere i momenti topici in cui spararla grossa e a sproposito.

Così capitava che mentre a Culonia il ministro dell’economia provava a far quadrare i non facili conti di un paese ricco, ma afflitto da un’insostenibile “disabitudine” di tanti al pagamento delle tasse (che altrove chiamano evasione fiscale e che a lì a Culonia ammontava a 120 miliardi di euro all’anno), il pirla di turno, pur di  testimoniare la propria esistenza in vita, o arzigogolava proposte tecniche di sgravi fiscali da “supercazzola con scappellamento a destra”,  oppure se ne usciva, ad esempio, con l’ennesima discussione sull’opportunità della presenza del crocifisso in classe, scatenando un putiferio che rischiava di mettere in forse la tenuta della maggioranza di governo.

Oltretutto scomodando un povero cristo già messo in croce e strumentalizzato nelle manifestazioni pubbliche dal leader politico che rivendicava il primato dei culonesi.

Ecco perché fu accettata la condizione del nuovo presidente della repubblica di Culonia, che dal 2022 in avanti pretese la rimozione dei ministri e dei sottosegretari e la decadenza dei parlamentari che avessero parlato a vanvera o sparato cazzate durante la stesura della finanziaria.

Alla fine rimasero in pochi.

La legge di bilancio fu presentata da un governo ridotto al lumicino ed approvata da un esiguo numero di parlamentari: i più non ce l’avevano fatta a tacere!

 

Giovanni Renella, nato a Napoli nel ‘63, vive a Portici. Agli inizi degli anni ’90 ha lavorato come giornalista per i servizi radiofonici esteri della RAI. Ha pubblicato una prima raccolta di short stories, intitolata  “Don Terzino e altri racconti” (Graus ed. 2017), con cui ha vinto il premio internazionale di letteratura “Enrico Bonino” (2017), ha ricevuto una menzione speciale al premio “Scriviamo insieme” (2017) ed è stato fra i finalisti del premio “Giovane Holden” (2017). Nel 2017 con il racconto “Bellezza d’antan” ha vinto il premio “A… Bi… Ci… Zeta” e nel 2018 è stato fra i finalisti della prima edizione del Premio Letterario Cavea con il racconto “Sovrapposizioni”. Altri suoi racconti sono stati inseriti nelle antologie “Sette son le note” (Alcheringa ed. 2018) e “Ti racconto una favola” (Kimerik ed. 2018). Nel 2019 ha pubblicato la raccolta di racconti “Punti di vista”, Giovane Holden Edizioni.

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