‘Da Napoli con Amore’: Luciano Somma declama lirica da lui scritta e dedicata al grande Totò
Il noto poeta napoletano Luciano Somma legge la sua poesia “A Totò” tratta dal libro “Da Napoli con Amore”, egregiamente commentata da 
Mauro Montacchiesi:
Intuitivo, onesto, idealista, ma soprattutto creativo e sensibile, il Sommo Artista Luciano Somma, in epigrafici, quanto mai pregnanti versi, nella sua melodiosa “lingua” partenopea, compendia, focalizza e magistralmente minia il δαίμων (demone in quanto genio) del Principe Antonio De Curtis.
Somma rammenta come Totò, sul palcoscenico, sia stato un’attrazione, Re del mondo comico per tre generazioni e nel contempo poeta che si esalta ne “’a livella”, traslato della relazione con la morte dell’intero popolo partenopeo.
* Pallida mors aequo pulsat pede pauperum tabernas | Regumque turres.
La pallida morte batte ugualmente al tugurio del povero come al castello dei re. Così recitava Orazio nelle sue Odi.
* E Totò, ne “’a livella”, a mo’ di apologo, pone come defunti protagonisti un marchese e un netturbino, con la morale che tutti, presto o tardi, con la morte ci dobbiamo confrontare, senza distinzione di censo o di classe sociale.
Totò era un uomo sincero, su cui poter contare ed ogni sua parola era una promessa.
Altruista in qualsiasi occasione, Totò era sempre pronto ad aiutare chi si trovava in difficoltà, sentendosi fortemente legato a tutto il genere umano.
Totò era una persona sui generis. Pur avvertendo forte il sentimento di fratellanza universale, Totò non amava la massificazione e per questo amava agire a modo suo, sempre innovativo (eloquenti sono le sue eclettiche improvvisazioni), al punto di trovarsi avanti di almeno mezzo secolo.
Generoso, altruista e privo di pregiudizi, Totò non aveva difficoltà ad intimizzare con il prossimo. Di mentalità aperta e particolarmente tollerante rispettava le convinzioni altrui e credeva che chiunque avesse il diritto di agire a modo suo.
Non era una persona ostile o vendicativa.
Di ciò egli da’ ulteriore prova nelle sue parole di “Malafemmena” dove, nonostante le pene d’amore, tra l’altro, catullianamente recita: Femmena, tu si ‘a cchiù bella femmena, te voglio bene e t’odio nun te pozzo scurdà… Te voglio ancora bene Ma tu nun saie pecchè pecchè l’unico ammore si stata tu pe me…
* Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior. “Odio ed amo. Perché lo faccia, mi chiedi forse. Non lo so, ma sento che succede e ne sono torturato” (Catullo: Carme 85)
* Straordinari gli affettuosi versi conclusivi di Luciano Somma, subliminalmente a voler esorcizzare la morte in senso lato, ma inconfutabilmente ad evidenziare l’immortalità del Principe De Curtis nel cuore dei Napoletani ( e non solo):
Napule è ‘na famìglia Ha unito’nto calore E tu Ca le sì figlie Non può morì Non muori ***
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