Caserta : Attacco alle radici profonde della nostra storia.
Caserta : Attacco alle radici profonde della nostra storia.
In questi tempi di degrado imperante, esistono luoghi che Barres, scrittore francese fantastico, definirebbe ” ispirati”.
Sono ritornate a Caserta da tempo, e stavolta in grande silenzio, le terribili Colonne Infernali erano un tempo le truppe giacobine che deturpavano le campagne della Vandea , e che adesso vestono in Campania le vesti non meno apocalittiche dell’immondizia e della speculazione.
La nostra sconfitta ha il volto lordo del deterioramento urbano,della munnezza, politicamente il neocolonialismo opprimente ha assunto i connotati della subcultura consumista del terzo mondo.
Non produciamo ma consumiamo nel peggiore dei modi, involgendoci negli involucri dei nostri oggetti feticci. Viviamo in una modernità abulica senza intenderne le opportunità, rincorriamo gli status simbol del momento fregandocene della terra che ci circonda. Una terra in svendita, acquistata ed occupata da tutti. La nostra acqua, la stessa che passava in acquedotti mirabili ed era pubblica duecento anni fa, oggi suscita le mire di società speculative. Anche l’acqua ci siamo venduti, nelle mani dei privati, dopo che la terra è stata acquisita da affaristi senza scrupoli che l’hanno schiacciata sotto palazzoni volgari o l’hanno contaminata con i veleni della chimica. Come gli indiani d’america abbiamo perso la nostra terra e continuiamo a perderla ogni giorno che passa. Le nostre spiagge, i nostri fiumi, le montagne sono terra di nessuno, sbancate dalle cave, inquinate dai residui velenosi di una industria senza futuro.
A Caserta in una vecchia via della borgata storica di Centurano, vi è una fontana su cui campeggia ancora l’iscrizione di centinaia d’anni fa, con la quale un leggendario barbiere del re ringraziava il sovrano per l’acqua avuta in dono, che rinfresca il pellegrino, il viandante. Il re portava l’acqua al popolo, la repubblica democratica, la politica illuminata di questi incapaci uomini del nostro tempo dediti alla politica la vogliono togliere. D’altra parte oramaii tutti beviamo l’acqua imbottigliata, alimentando il grande business delle società multinazionali che controllano le fonti minerali. Qualcuno ( vedi rapporto di Green Peace) ha detto che ce la stanno dando a bere, letteralmente, anche a milioni di campani che bevono l’acqua in involucri di plastica e pieni di benzene. Un consumo che peraltro alimenta le discariche con plastica indistruttibile.
Dobbiamo assolutamente riprendere quel cammino che in questi anni, come cittadini e come associazioni ci hanno visto manifestare per evitare l’ennesimo scempio,. Credo sia il caso almeno in maniera simbolica, di monitorare le nostre fontane superstiti e propagandare l’uso di queste acque contro il consumismo delle bottiglie di minerali. Un risparmio su tutti i fronti, una battaglia contro la privatizzazione che vorrebbe sottrarci una res communis, una rivalutazione dell’acqua del Re, a partire dalla fontana di Via Giulia che ancora disseta la gente casertana.
In questi tempi di degrado imperante, esistono luoghi che Barres, scrittore francese fantastico, definirebbe ” ispirati”. Così nel nostro quotidiano iter ci imbattiamo in luoghi dove è passata la storia, grande o piccola che sia.
L’angolo di via Giulia a Centurano è uno di questi, dove affondano radici antiche. La fontana del re, che il borbone diede alla città regia in favore del suo barbiere. Porta l’acqua ricordando l’acquedotto Giulio. In questo luogo, vicino a questi alberi Matilde Serao scrisse le sue novelle. Ed ora si vogliono abbattere questi secolari fusti… per far posto a qualche pacchiana speculazione. Ogni tanto l’indignazione insorge e sembra che i centuranesi non siano d’accordo all’estirpazione.
Non possiamo lasciarli soli, dobbiamo esserci, noi tutti innamorati delle nostre contrade e della nostra storia, protestare, come facemmo in occasione della salvaguardia di Carditello, esserci, manifestare forte come quando tentarono di fare “buco” davanti Palazzo Reale.
I cattivi vincono quando i buoni rinunciano all’azione.
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