Antichi mestieri : lo scrivano pubblico
Antichi mestieri : lo scrivano pubblico
Mestieri che sono andati in desuetudine ma che hanno scritto pagine di vita reale.
Lo scrivano pubblico è il sensale delle parole.
Il suo stile era immutabile, semplice, aborrente da metafore e da qualsiasi figura.
Amava la brevità, per convincimento e giovare più sollecitamente a sé stesso.
Egli non cercava mai modi eleganti nel manifestare ciò che pensava il suo cliente. Sapeva bene che l’eleganza e il lusso ingenerano la corruzione della specie umana. Talvolta la sua clientela gli raccomandava però di usare mezzi termini, frasi velate, allusioni.
Egli era sempre chiaro ed originale. Amava le lettere poco che siano amene o belle lettere. Pur che siano lettere e non altro.
L’apice delle sue cognizioni era nota su una tabella che talora pendeva sul davanti del tavolino. Talvolta oltre la tariffa si poteva leggere la disponibilità di scrivere e tradurre in altre lingue, spesso il francese.
Per quelli con migliori risultati, la possibilità di essere abbinati, in sinergia, ricovero in qualche angolo di bottega, addirittura in negozi prestigiosi, era per taluni facile ritrovare la loro insegna in qualche fondaco di ottico, farmacista, droghiere. Così che al mostrarsi in botteghe prestigiose, la stima del cliente nei suoi riguardi era ragguardevole.
In una nota d’epoca quasi come uno spot pubblicitario dei nostri tempi, di questo mestiere di scriveva:
“Lo scrivano ha pure la sua tariffa col prezzo de’ suoi lavori, cominciando dalla supplica in carta semplice fino al volume delle cento pagine in folio scritto alla spagnuola, vero apogèo dell’arte sua.
Tra noi popolani han bisogno di ricorrere altrui, quando son lontani da lor’ compagni e da’ congiunti, epperò stretti si veggono a domandar l’opera del segretario pubblico, a svelargli i più intimi misteri del cuore, ad affidare a prezzolata penna quella prudente indagine paterna che custodisce la pace del focolare domestico.
Però di costa a questi uomini che seggono professando lettere ne’ siti già innanzi descritti, vedete posarsi una o più donne e vecchi e giovani con bamboli. Quella al marito assente, ricorda se stessa, i figliuoli, le miserie in che lasciava, la seduzione che la circonda, ed i fatti gelosi dell’onor suo confida all’ironico segretario che sol di parole fa merce: questa ammonisce giovane figliuolo perché desista da scioperata vita che in sorgente di precipizi lo mena. Altri rimprovera la frode, altri sparge la discordia, altri promette di solvere il debito. E lo scrivano pubblico vede innanzi agli occhi passarsi le immagini di tanti uomini traditori o traditi, spergiuri o fraudolenti, ovvero miseramente virtuosi. Lo scrivano è non pur l’interprete di tante svariate e strane passioni, ma è il depositario degli altrui palpiti, delle amarezze, delle gioie di fanciulle povere e onorate che per difetto d’istruzione debbono talvolta con se medesime e di se stesse arrossire. Il segretario pubblico meglio che alcun altro scrittore del giorno potrebbe riassumere e redarguire i moti dell’animo plebeo, tenendo innanzi le tendenze, tipo del popolare intendimento e del costume.”
C’era quello che, nascosto presso gli uffici pubblici, attendeva richieste da parte di chi avesse avuto bisogno di leggere o redigere documenti ufficiali; a volte, dava anche consulenze e consigli sulle procedure da seguire in campo burocratico. C’era anche quello che, nelle vie del paese, con penna e calamaio scriveva lettere, soprattutto per una clientela maschile che gli richiedeva biglietti amorosi con espressioni ricercate che potessero far breccia nel cuore della donna amata.
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