S.Nicola La Strada. Sequestro pozzi inquinati: sconcertanti realtà emerse dalla conferenza stampa
Nella mattinata di mercoledì 13 febbraio si è tenuta l’attesa conferenza stampa che intendeva offrire delucidazioni sul sequestro improvviso di ben dodici pozzi nell’area nota come Saint Gobain, al confine tra Caserta e San Nicola la Strada.
Il Procuratore, dottoressa Maria Antonietta Troncone, ha spiegato e ha dato lumi sull’operazione nella predetta area spiegando che ci saranno ulteriori attività e comunicazioni.
É’ stato pertanto eseguito un decreto d’urgenza del PM, convalidato dal G. I.P. del Tribunale Penale di Santa Maria Capua Vetere, per il sequestro, come dicevamo, di 12 pozzi, con valori contaminati oltre soglia 850.
In alcuni punti, oltre il limite previsto dalla vigente normativa, rifiuti solidi, liquidi rossi derivanti da una fabbrica di vetro che in passato operava nell’area interessata.
Le acque analizzate sono uscite di colore rosso, rifiuti solidi e non solo, amianto, l’area è stata dismessa nel 1988 con un insediamento di attività produttive senza depurazioni dei rifiuti ivi esistenti, una situazione alquanto drammatica.
É necessario tuttavia fare un passo indietro: la fabbrica produttrice di vetro (Pisani) iniziava l’attività nel lontano 1954 cessata o scemata tra varie vicissitudini nel 1988, come precisato.
I rilievi hanno evidenziato come tali valori abnormi siano frutto dell’opera dell’uomo, è impensabile un inquinamento naturale del genere, i pozzi sono stati delimitati in un riquadro a forma di trapezio illustrati durante l’incontro esplicativo.
La zona, per intenderci, è quella intorno al bar “Boomerang” per semplificare, con un’acquiescenza delle popolazioni ignare della situazione.
É stato aperto un fascicolo, contro ignoti, per disastro ambientale con l’inserimento di tali fattispecie solo a seguito del 2015 con l’introduzione di tale reato/i e che concerne varie fattispecie, come ha spiegato il Procuratore (può riguardare ad esempio il disastro ferroviario), con un avvelenamento delle acque con un reato ad effetto prolungato.
L’ Arpac aveva effettuato anche lei dei rilievi, riscontrando la problematica, i cui valori però si attestavano intorno ai 3.500.
É possibile ipotizzare più condotte criminose di più persone.
L’attività di ricerca della verità è stata effettuata dai Carabinieri di Caserta, dalla Polizia Ambientale di Caserta e dalla Polizia Giudiziaria (l’ex Forestale), con un lavoro sinergico di questa situazione negletta, con un’attività di carotaggio.
Al momento non ci sarebbero nemmeno le risorse finanziarie: per far fronte e bonificare l’area bisogna sollecitare il Ministero dell’Ambiente e della Salute, per stimolare gli enti competenti con soluzioni tecniche che possano essere individuate.
Di seguito alcune delle domande che la stampa ha rivolto agli esperti durante la conferenza.
Ci sono pericoli per la salute umana? Come pensate di risolvere un problema che si trascina da diverso tempo dal 1960 e oltre?
“Si le sostanze sono cancerogene e pericolose, dobbiamo individuare delle soluzioni per far fronte alla problematica emersa”.
L’acqua veniva utilizzata anche per irrigare i campi circostanti?
“Sì, c’era l’irrigazione dell’acqua con piantagioni di limoni prodotte che poi finivano sul mercato, l’acqua delle case risulta in buono stato, non vi è alcun pericolo, il problema è l’elevata gestione dell’area cancerogena ora con conseguenze dannose per coloro che bevono o vengono a contatto con l’acqua rossa.
Nella zona non ci sono fontane fortunatamente.
É comunque difficile provare poi il sorgere di eventuali patologie tumorali, provando o dimostrando il nesso eziologico di casualità con l’area inquinata anche se nella zona già si è riscontrato qualche morte per tumore”.
Cosa ha fatto scattare il provvedimento?
“É stata una iniziativa della Procura che era a conoscenza della situazione”.
Come è possibile che nessuno si è accorto di nulla, non una denuncia niente?
“Bisogna dire che la popolazione ignorava il disastro che poi è venuto fuori”.
Come è possibile che poi dal 1988 ci si è addirittura costruito sopra, nessuno si è accorto di nulla?
“Bisogna chiederlo ai costruttori dell’epoca che ci hanno edificato. In quel periodo c’è stato un accordo tra gli enti con un procedimento a carico della Crafel (altra ditta che poi è sorta in zona) ma non c’è stata ripetiamo nessuna segnalazione”.
Prende la parola il CTU che, stimolato dai giornalisti presenti, offre qualche dato:
“La profondità di queste acque rosse diciamo così è di metri 17, in altre zone la profondità si assesta intorno ai 9, 10 metri “.
Si può paragonare questa situazione a quella di Calvi Risorta?
“No assolutamente, questa è più grave per quanto concerne la pericolosità, per coloro che eventualmente potrebbero riscontrare delle patologie tumorali bisognerà successivamente accedere al registro dei tumori per verificare se l’insorgenza della malattia è dovuta al contatto con queste sostanze tossiche presenti“.
Molto provata e scossa la procuratrice per la situazione incresciosa e pericolosa venutasi a creare anche se non si è sottratta nell’offrire dei chiarimenti agli organi di informazione presenti stamane.
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