Caiazzo. Guerra fra supermercati e Comune: tutto tace ma il fuoco cova sotto la proverbiale cenere
Egregio direttore è da qualche mese che la “vicenda Decò” non è più trattata sulle cronache locali.
In questo “ponte dell’Immacolata” io, caiatino di nascita ma per motivi di lavoro residente fuori zona, rimpatriato per la festa, ho affrontato con tanti vecchi amici la questione chiedendo notizie, novità.
Tra qualche leggenda, qualche previsione e qualche notizia più o meno segreta, è venuta fuori una bella, animata discussione, in cui ognuno ha espresso la propria opinione, il proprio punto di vista.
Anche se nessuno di noi fa il tifo per una struttura o per l’altra, le domande che tutti ci siamo posti sono numerose, ma le conclusioni, purtroppo, sono univoche:
Come mai questo condono, previsto da una legge dello Stato del 1985, che però sembra essere stata tirata fuori dal cilindro di un legale (guarda caso, prima della controparte, dopo del Comune, ma già suo “consigliori”?!) non è stato chiesto all’indomani della chiusura del Decò?
Come mai i titolari del Decò hanno atteso fino a luglio per invocare una legge la cui applicazione poteva essere chiesta già nel gennaio del 2018, cioè quando il Consiglio di Stato ha sancito che la struttura è illegittima?
Stavano forse aspettando la vittoria della lista capeggiata da Giaquinto?
Come mai, per ottenere permessi dagli uffici comunali di Caiazzo, i “normali” cittadini impiegano anche mesi, mentre per il condono del Decò tutto si è svolto a tempo di record, in piena estate?
Ma la domanda più frequente (e, se permettete, cocente) è questa: alla fine, a chi toccherà pagare?
E questa, purtroppo, è l’unica certezza perché quando, finalmente, questa travagliata storia vedrà la fine, comunque vada, chiunque dovesse risultarne vincitore, sconfitto sarà sempre lo stesso Comune di Caiazzo, che sarà chiamato a rispondere dei danni provocati, sia all’uno che all’altro contendente.
Costi che, ovviamente, alla fine andranno a riverberarsi su tutti i contribuenti caiatini, ivi compresi quelli, ignari o incolpevoli che, magari senza averlo considerato, leggeranno le seguenti conclusioni.
Se dovesse avere ragione la struttura concorrente al Decò, infatti, i titolari chiederebbero i danni per tutti gli anni di apertura dello stesso e per le ingenti spese sostenute per difendere i propri diritti, ma anche il Decò dovrà essere risarcito perché gli sono stati rilasciati (sia pure illegittimamente) tutti i permessi.
Se invece risulterà vincitore il Decò, allora sarà questo a chiedere i danni, ma anche il Despar dovrà farlo perché, almeno dal 2011 al 2018, il Decò è stato aperto sulla base di licenze riconosciute tutte illegittime dal Consiglio di Stato, come di fatto ammesso dagli stessi preposti del Decò, i quali hanno chiesto e ottenuto un condono che, se non sbaglio, si chiede quando un immobile è abusivo!
Se così non fosse, perché non hanno aspettato l’esito del ricorso proposto al Consiglio di Stato dal loro legale, di fatto vanificato dalla loro stessa richiesta di condono, cioè loro palese ammissione di colpevolezza?
Repetita juvant: chi sarà alla fine a pagare?
Sulla carta il Comune di Caiazzo, dove vanno ricercati i veri responsabili di tutta questa vicenda; di fatto tutti i suoi cittadini e contribuenti, compresi, quindi, i definitivi vincitori: bell’affare, vero, ma per chi?
Per chiuderla latineggiando: cui prodest ut: a chi può (o, meglio, ha potuto!) giovare tutto questo?
Vorrei sperare che i cittadini di Caiazzo si facessero sentire, come in questi giorni stanno facendo i francesi, perché non è giusto che gli impiegati comunali, i quali hanno rilasciato le varie “licenze”, sono pagati profumatamente con stipendi (recentemente aumentati si dice) di oltre tremila euro al mese, ma poi i cittadini-contribuenti saranno costretti a metter mano ai portafogli.
Insomma, caro direttore, la vicenda è davvero complicata, ritengo anche penalmente, e non vorrei proprio stare nei panni dei “responsabili” che hanno rilasciato permessi e licenze probabilmente con troppa fretta o, peggio, leggerezza.
Soprattutto perché, come si evince dal documento che allego, neanche un condono può cambiare la destinazione di un terreno (e di quanto sullo stesso edificato) che pertanto, nella fattispecie, è e sarà per sempre agricola semplice?
A proposito: come fanno a riposare la notte quanti, a vario titolo, sono pagati profumatamente per agire scientemente e coscientemente? avrà uno specchio la loro coscienza? come possono guardare negli occhi dei propri figli?
Si pensa forse di salvare capra e cavoli mettendo mano pesantemente al prossimo piano regolatore?
Un affezionato lettore.
PS: Scusate se ho utilizzato una vostra foto
Cliccare su una delle foto per scaricare il documento relativo alla destinazione immutata dal condono
(Lettera Aperta – Archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)