Figli di Portici famosi: il pittore Eduardo Dalbono
di Stanislao Scognamiglio
Si sente spesso parlare di personaggi di Portici per nascita o d’elezione dei quali si sta perdendo la memoria … Ritengo perciò doveroso ravvivarne memoria fornendo un breve profilo biografico tratto dal mio inedito Diario; avvenimenti, cose, fenomeni, uomini, vicende. Portici e Vesuvio dalle origini a oggi, con il conforto di Autori di ogni tempo.
Eduardo Dalbono è nato a Napoli, il 10 dicembre 1841, da Carlo Tito Dalbono e da Virginia Carelli.
Discendente di una famiglia di artisti, storici e letterati, difatti, nipote del paesista Consalvo Carelli e del letterato e storico dell’arte Cesare Dalbono, nonchè figlio del critico d’arte Carlo Tito Dalbono, dai familiari è stato precocemente stimolato «… a studiare letteratura di età romantica, ad amare musica e ad approfondire temi di storia dell’antichità e del folclore napoletano».
Durante un suo soggiorno a Roma, nel 1850, ha iniziato a studiare a Roma, dove ha preso «… lezioni di disegno dall’incisore Angelo Marchetti». Ha, poi, continuato gli studi a Napoli, con il «… pittore napoletano B. d’Elia, e più tardi da N. Palizzi, dai quali prese lezione presso i rispettivi studi privati».
Nel 1859, ha esordito nel mondo della pittura, presentando due suoi quadri alla Mostra di belle arti, altrimenti nota come Biennale Borbonica: il S. Luigi re di Francia soffermatosi sotto di una quercia rende giustizia ad una famiglia che riverente a lui ricorre, «… un “paesaggio di composizione”, premiato nel 1861 con una medaglia di argento di II classe» e lo Studio di un mulino.
Dalle due opere trapela l’indizio che gli «… interessi del giovanissimo artista erano altresì orientati verso quella particolare accezione del paesaggismo espressa dalla “scuola di Posillipo”, ed in particolare da G. Gigante».
Intorno alla metà degli anni Sessanta, ha perfezionato la sua formazione artistica aderendo alla Scuola di Resina.
Affascinato dallo studio dal vero, dalla pittura di macchia, ha aderito al gruppo della Repubblica di Portici.
Tra le più note testimonianze di questo periodo è certamente il dipinto Sulla terrazza, conservato a Roma nella Galleria di arte moderna. Nella tela, raffigurante «… la famiglia del pittore su una terrazza affacciata sul centro antico nei pressi della chiesa di San Pietro a Maiella», il paesaggio urbano – rappresentato dai tetti di Napoli – è lo sfondo di una gradevole scena borghese ottocentesca.
Immediatamente dopo, ha prodotto altre «… composizioni ispirate da celebri panorami napoletani»: Una tarantella a Posillipo e Da Frisio a Santa Lucia, quest’ultima acquistata «… da Vittorio Emanuele II ed oggi nel museo di San Martino», Le streghe di Benevento e La piazza del Gesù Nuovo.
Artista figurativo, in breve tempo, è diventato esponente di rilievo del movimento verista pittorico napoletano.
Nell’anno 1866, ha partecipato al concorso per la pittura storica con la tela Scomunica di re Manfredi. Questa tela, successivamente, è stata esposta alla Società promotrice di belle arti di Napoli nel 1868, quindi all’Esposizione nazionale di belle arti di Parma nel 1870, dove è stata premiata con la medaglia d’oro.
Nel 1871, riscuotendo un buon successo, ha presentato alla Società promotrice di belle arti di Napoli la Leggenda della Sirena (o Mito di Partenope), oggi esposta al Museo nazionale di San Martino a Napoli. Il dipinto, è stato «… tradotto in incisione ad opera dell’incisore Francesco di Bartolo, per farne omaggio ai soci della Promotrice». Nel 1872, l’opera è stata esposta a Milano, in occasione della II Esposizione di belle arti e, nel 1873, a Vienna, alla Esposizione universale, dove è stata premiata con medaglia di bronzo.
Dal luglio all’ottobre del 1874, più volte, ha frequentato Villa Arata di Portici, dove viveva e lavorava il pittore José Maria Bernardo Mariano Fortuny y Marsal (Reus, in Spagna, 11 giugno 1838 – Roma, 21 novembre 1874).
Dagli incontri con l’artista catalano, che «… si era stretto d’amicizia con i pittori della “scuola di Resina”, soggiornando presso la reggia di Portici e dividendone le esperienze pittoriche», è rimasto particolarmente influenzato. Seguendolo nei suoi spostamenti nel territorio porticese, ha ammirato «… il maestro mentre dipinge con i suoi acquerelli. Tanto ne è influenzato, che sceglie l’adozione dell’acquarello, tecnica particolarmente amata dopo l’incontro con il pittore spagnolo».
Durante una visita al maestro spagnolo, presentatogli da Giuseppe De Nittis, ha conosciuto il mercante d’arte parigino Adolphe Goupil.
Tra il 1878 e il 1882, soggiornando a Parigi, con il sostegno del mercante francese parigino, ha eseguito quindici dipinti, tra i quali numerosi acquerelli.
Di questo fortunato periodo sono i dipinti: Il voto alla Madonna del Carmine. Di quest’opera il «… Goupil fece trarre una incisione da Varin», la Canzone del mare, Gitanti, Passeggiata a mare, «… tutte basate sull’arricchimento della formula decorativa e commercia le con elementi del folclore napoletano».
Nel 1897, ottenuta la cattedra di pittura , è divenuto professore di pittura al Real Istituto di belle arti di Napoli.
Museologo, nel 1905, è stato nominato curatore della Pinacoteca del Museo nazionale di Napoli, l’attuale Quadreria del Museo nazionale di Capodimonte.
Nel 1906, è stato nominato presidente della commissione per il riordinamento della quadreria di palazzo Famese a Piacenza.
Al cavalletto e alla cattedra, ha abbinato anche l’attività di critico d’arte militante, curando la stesura di testi per una serie di conferenze e di articoli. Questi lavori, a cura di Benedetto Croce (Pescasseroli, 25 febbraio 1866 – Napoli, 20 novembre 1952), sono stati raccolti nel volume La scuola napoletana di pittura nel secolo XIX, pubblicato a Bari nel 1915.
Autore di paesaggi, eseguiti all’aria aperta, di fantasiose scene di genere, ha eseguito: decorazioni «… in ville e palazzi napoletani e tempere su muro per il teatro municipale di Salerno»;
- pale d’altare «… per la chiesa di Santa Maria di Piegrotta, a Napoli e per una chiesa di Gragnano;
- disegni per L’Illustrazione italiana e per la rivista parigina Le Grand monde.
Sue opere, oltre che presso collezionisti privati, sono conservate in diverse gallerie sia nazionali sia estere. Ne citiamo alcune:
- Galleria dell’Accademia di Belle Arti di Napoli – Leggenda della Sirena;
- Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma – Porto di Venezia (1890) e Sulla terrazza (1865-1867);
- Galleria d’Arte Moderna di Verona – Strada di Napoli;
- Galleria d’arte moderna Ricci Oddi di Piacenza – Vela latina;
- Museo civico di Barletta – Autoritratto, Figura femminile nuda-;
- Museo civico di Castel Nuovo di Napoli – Veduta di via San Sebastiano a Napoli (1861);
- Galleria dell’Accademia di Napoli – Paesaggio con pastore, Leggenda della Sirena (1871), Torre del Greco (1896), Lavandaie alle Terme di Baia, Pioggia di cenere (1906) -;
- Museo Giuseppe Caravita Principe di Sirignano di Napoli;
- Museo nazionale di Capodimonte di Napoli, Adelina e Eleonora;
- Museo nazionale di San Martino di Napoli;
- Museo Poldi Pezzoli di Milano – Figura femminile (1860-1861) ;
- Museo d’arte di San Paolo di San Paolo del Brasile – Pescatori a Posillipo al palazzo di Donna Anna.
All’età di settantacinque anni, il pittore Eduardo Dalbono si spegne in Napoli, il 23 agosto 1915.
Roma, Brindisi e Portici hanno intitolato una strada al suo nome.
L’antica via Picenna nel tenimento di Portici, dove nel 1846 è stata edificata la villa Dalbono, nel 1915 ha mutato nome.
Il Comune di Portici, dopo la morte dell’illustre figlio adottivo, ha voluto «… onorarne la memoria dedicandogli questa via ove egli aveva abitato e tratto ispirazione per i suoi capolavori», tra cui Tramonto a Portici, Villa Dalbono a Portici, Veduta del Granatello.
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