Svizzera. Avvelena con acido citrico il tè della collega: denunciata stagista invidiosa
Il tentativo di avvelenare la collega sarebbe dovuto a una gelosia fuori controllo, ma non per un uomo: per la carriera.
Del conflitto fra due ragazze stagiste in un albergo di Ginevra, in Svizzera, si occuperà ora la giustizia: una delle giovani è sospettata di aver versato del detergente nel tè della collega.
Il tentato avvelenamento risale alla mattinata di mercoledì 8 novembre ma come si evince da un comunicato della polizia ginevrina, la vice direttrice dell’albergo ha informato le forze dell’ordine solo l’indomani.
L’inchiesta ha dimostrato che una stagista aveva versato un prodotto a base di acido citrico nel thermos della collega, anch’essa stagista nell’albergo.
La ragazza che ha aggiunto alla bevanda del detergente impiegato per la pulizia dei gabinetti ammette di «nutrire una certa ostilità nei riguardi della vittima» e spiega di averle voluto fare uno scherzo, per vedere come avrebbe reagito.
La vittima ha bevuto qualche sorso, prima di avvertire lo strano sapore della bevanda e di risputarla immediatamente, dopo di che ha avvertito la sua responsabile.
Secondo la polizia non è stato necessario ricorrere ad un medico, mentre la ragazza che ha versato il prodotto è stata denunciata alla giustizia.
L’invidia tutti la provano, ma nessuno la confessa perché è dolorosa per sé e pericolosa per gli altri.
L’invidia infatti spesso è caratterizzata dall’ostilità nascosta verso l’altro, dal desiderio di danneggiarlo, magari dietro le spalle con commenti denigratori e di privarlo di ciò che lo rende invidiabile.
Dante, nella Divina Commedia, mette gli invidiosi in purgatorio, con le palpebre cucite da fil di ferro: così sono chiusi gli occhi che invidiarono e gioirono dalla vista dei mali altrui.
Chi è invidioso, quindi, lancia tre messaggi: sono inferiore, ti sono ostile per il tuo successo e potrei anche farti del male.
Così come Caino uccise Abele, i cui sacrifici erano più graditi da Dio.
L’invidia è dolorosa, insomma, come ha mostrato uno studio condotto da un team di scienziati giapponesi che hanno analizzato con la risonanza magnetica funzionale cosa accadeva nel cervello dei partecipanti, a cui veniva chiesto di immedesimarsi in situazioni con diversi personaggi.
Di fronte a quelli simili a loro, ma più brillanti su aspetti per loro rilevanti, scattava l’invidia.
E nel loro cervello aumentava l’attivazione della corteccia cingolata anteriore dorsale: tanto maggiore quanto più intensa era l’invidia che il partecipante diceva di provare.
Ma all’invidia, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, è collegato anche un piacere.
Maligno, certo: è chiamato schadenfreude, ovvero la soddisfazione davanti alle disgrazie altrui.
Se la crisi stronca un brillante rivale, se l’affascinante conoscente ha un problema… si può provare schadenfreude.
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